La Chitarrina cacio, ova e pecora di Paolo D’Ercole / 100 cose da mangiare a Roma

Chitarrina Cacio, Ova e Pecora di Paolo D’Ercole. Agosto 2020, Tor Pignattara, Roma. La temperatura sul contatore dell’auto è 26 gradi, quella percepita è 100 mila. Questo non impedisce alle persone sedute ai tavoli di Eufrosino di ordinare un piatto di pasta faraonico. Sul menu è l’unico primo di carne, fra una lista di proposte con il pesce in onore alla stagione: si chiama Chitarrina Cacio, Ova e Pecora. I commensali accomodati nello spiazzetto esterno, nella sala davanti all’ingresso o nei tavoli interni girano più volte la forchetta nella chitarrina senza battere ciglio, senza perdere una goccia di sudore. È un piccolo miracolo a Tor Pignattara.

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I piatti e le ricette che abbiamo scelto di inserire nella lista delle 100 cose da mangiare a Roma dovevano avere le caratteristiche di questa chitarrina: spingere le persone ad andare in un posto per assaggiare proprio quella cosa lì, e non un’altra, a costo di percorrere molti kilometri o di sudare sette camicie. Piatti che non invecchiano, non conoscono il tempo ma lo dettano. In questo caso Paolo D’Ercole, cuoco e proprietario di Eufrosino, sembra esserci riuscito a poco tempo dalla sua apertura. “L’abbiamo scelto ancora prima del nostro primo menu, sapevamo già che non l’avremmo mai tolto” racconta. E infatti, a parte 5 giorni d’estate, in cui i clienti si infuriano per la mancanza (sono venuti lì apposta! cit.) la chitarrina non schioda dal menu. “È il più venduto. Alle donne soprattutto: su 50 che escono, 40 le hanno scelte delle ragazze. Ma non mi chiedere perché”.

La ricetta è abruzzese come le origini di Paolo, ma non viene dal mare, come il nonno di Paolo invece. Bensì dalla provincia di Teramo. Qualcuno potrebbe pensare alle famose pallotte cacio e ova, sbagliando. Se proprio dobbiamo fare degli accostamenti, è all’agnello cacio e ova che dobbiamo rivolgere la mente. “Tantissimi anni fa ho assaggiato questa ricetta per caso, a casa di un’amica durante una vacanza. Esteticamente ricorda la carbonara: è una cosa che non mi piace, perché non voglio che nessuno venga qui per ordinare un primo romano. Ma questo vedo che i clienti lo capiscono bene. Noi facciamo cucina regionale italiana, non siamo una trattoria romana”.

Si prepara cuocendo per 4 ore la pecora nei suoi tagli più poveri nel tegame, con un trito di verdure: sedano, carote, cipolle, aglio, rosmarino, alloro. Niente grassi oltre a quelli dell’animale. Si sfuma con il vino bianco e si lascia andare “fino a quando la pecora ti se scioglie in bocca”. Dopo si manteca con 120 grammi di pasta fuori dal fuoco. Si aggiunge un uovo a pasta gialla e pecorino sbattuto, la scorza di limone e una bella manciata di pepe fresco. A proposito del limone: “La ragazza da cui assaggiai la prima ricetta usò il succo del limone. Ma l’uovo si rapprendeva e faceva troppi grumi. Preferisco la scorza per i suoi profumi”. Il risultato è un piatto opulento, ammiccante, come dice Paolo “piacione”. “Mi sbilancio: credo che Eufrosino potrebbe essere ricordato per questo piatto”. E in aggiunta: “Ci piacerebbe tanto entrare con questa ricetta nell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo. Chi è che a casa non ha un piatto dipinto di questo tipo? Solo che mica è semplice, è come il Fight Club dei ristoranti”.

[foto di Andrea Di Lorenzo]

Nome: Chitarrina Cacio, Ova e Pecora
Di: Paolo D’Ercole
Dove mangiarlo: Eufrosino Osteria, Via di Tor Pignattara, 188, Roma
Per chi ama: Torpigna, boiserie, giro d’Italia, vestaglie da camera e centrini
Prezzo: 12 euro

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