Fontesecca vini di Città della Pieve, canaiolo e sangiovese in purezza (naturale) dall’Umbria

Fontesecca a Città della Pieve Succede di frequente che i produttori di vino in Toscana, Umbria e non solo, siano “forestieri”. Un po’ a causa della mezzadria, che ha parcellizzato i terreni, e della successiva miseria che ha fatto vendere i terreni a scarso prezzo, un po’ perché c’è stato un periodo due o tre decenni fa, che il vino è diventato il sogno di molti cittadini, che hanno deciso di lasciare le città e tentare l’avventura. Non stupisce quindi che a Città della Pieve, spettacolare cittadina umbra, ma a soli sei chilometri dalla Toscana, gli unici produttori di vino siano due veronesi, Paolo e Stefania Bolla, che hanno creato qui la loro azienda, Fontesecca, nel 2004.

Una bellissima campagna, con le caprette, tre asini una vigna del 1973 e una del 2006, in totale  sei ettari e mezzo (di proprietà e in affitto) coltivata a ciliegiolo, sangiovese, canaiolo, trebbiano toscano, grechetto, malvasia e persino un po’ di gaglioppo (ereditato dal precedente proprietario e finito qui chissà perché). Ci sono anche 500 piante di ulivo. Un’azienda certificata biologica, inserita nell’associazione dei Vignaioli Artigiani Naturali, tutta a conduzione familiare (ha cominciato da poco anche la figlia Beatrice, 25 anni).  Ecco un estratto della chiacchierata/degustazione fatta con Paolo Bolla (e la moglie), in una sera di mezza estate 2018. Per conoscere un’azienda, chiacchierare di vini, naturali e non, con pacatezza e intelligenza. 

Biologico
“Siamo certificati biologici dal 2006. In questo settore c’è una burocrazia assurda e ogni anno ci chiediamo: ne vale davvero la pena? Se dovessi fare oggi la scelta della certificazione, non so se la rifarei”

Naturale
“E’ un bel mondo, quello del vino naturale, che sta crescendo molto. Un mondo vero e autentico. Noi siamo presenti sempre a Fornovo e ci saremo alla nuova edizione romana di Vignaioli Artigiani Naturali. E’ sempre interessante andare alle fiere e parlare con altri produttori, anche se per certi versi resta un ambiente troppo talebano”.

La mia storia
“Io ho una laurea in sociologia. Ho lavorato con l’azienda di famiglia, i Vini Bolla, una cantina nel quale ho fatto marketing commerciale fino al ‘99. Poi ho lasciato tutto per una scelta di vita, sono venuto qui  in Umbria e solo dopo ho avuto voglia di ricominciare, in tutt’altra logica, tornando ai fondamenti, alla terra. Ho dovuto imparare tutto da capo e non è stato facile anche se molto affascinante. Siamo noi due a lavorare, con un consulente enologo, Simone Zucchetti, che lavora con altri produttori biologici”.

Solfiti

Quest’anno ho fatto una piccola partita di sangiovese, senza solfiti. Devo dire che è venuta molto bene. Ogni tanto bisogna provare a cambiare, a fare cose nuove. Noi in genere usiamo pochi solfiti. Per dire, l’associazione dei Vignaioli Artigiani Naturali prevede un massimo di 40 milligrammi per litro di solforosa totale all’imbottigliamento, il nostro ciliegiolo rosso ne ha 10. Che è la soglia al di sotto della quale si può scrivere in etichetta “senza solfiti aggiunti”. Anche se poi molti ce li aggiungono, pur restando sotto il limite. Devo dire che se stai basso con i solfiti, non sono un problema. Lo si è un po’ enfatizzato”. 

Il legno usato
“Noi non usiamo barrique ma botti di legno grande da 500 litri, già usate molte volte. Il che consente da un lato di risparmiare (130 euro contro circa 800) e dall’altro di essere meno invasiva sugli aromi primari. Naturalmente, dopo un po’ bisogna sostituirle, altrimenti si fanno sentire i tannini amari”.

Cemento e temperatura controllata
“Abbiamo anche il cemento, che è molto di moda in questo periodo e ha degli indubbi vantaggi. A cominciare dal mantenimento di temperatura più stabili, sia in fermentazione sia in affinamento. So che c’è dibattito e che c’è chi è contrario al controllo della temperatura, ma mi sembra una posizione troppo estrema. Se  controlli la temperatura di fermentazione in maniera molto poco invasiva, che tu lo faccia inserendo nella massa bottiglie congelate oppure facendo scorrere all’esterno delle vasche acqua fredda o ancora usando il gruppo frigo solo quando effettivamente necessario e in modo molto parziale non vedo differenza tra le diverse tecniche; la cosa fondamentale è rispettare la materia prima e la sua espressione”.

Raspo
“Nel canaiolo in alcune annate abbiamo usato anche il raspo, come usano molti vignaioli della Borgogna. A differenza di quel che si potrebbe pensare, nel canaiolo non ha un importante impatto vegetale”.

Tappi
“Usiamo il sughero, tranne che per il ciliegiolo rosato e per il rosso della Grancia, per i quali usiamo tappi ricavati dalla canna di zucchero. Che sono totalmente riciclabili e senza colle”.  

Filtrazione
Non chiarifichiamo nessun vino, entriamo in bottiglia dopo che la malolattica ha fatto il suo corso naturalmente e usiamo una cartuccia filtrante  da 10 micron. Il filtraggio dei vini industriali è molto più invasivo. Ci sono cartucce sterili che tolgono lieviti, proteine e molto altro, tolgono al vino l’anima”.

Trebbiano Elso
“E’ trebbiano toscano, grechetto e malvasia. Facciamo una parziale fermentazione sulle bucce solo del trebbiano toscano. Il 40 per cento rimane per 12 giorni sulle bucce, il 60 viene vinificato in bianco. Poi dopo la malolattica si uniscono le due masse. Affina in acciaio sulle fecci fini”.

Ciliegiolo rosato
“Fa solo qualche ora sulle bucce, in pressa. Questo, a causa della siccità che ha caratterizzato il 2017, lo abbiamo vendemmiato il 24 agosto, ed era già tardi”.

Ciliegiolo rosso
“Fa 15 gg sulle bucce, fermenta in acciaio e fa affinamento in cemento”.

Rosso della Grancia
“E’ per l’80 per cento sangiovese e 20 gaglioppo. Fa solo acciaio, sia fermentazione che affinamento”.

Canaiolo
“E’ canaiolo in purezza, del  2016. Fermentazione in cemento e un anno di affinamento in botti di legno da 500 litri. Ne abbiamo solo 850 bottiglie: il canaiolo è un bastardone, quest’anno non verrà prodotto, a causa della grandinata”.

Pino, sangiovese
“Sangiovese in purezza del 2015. Fa 16 mesi in tonneau, 6 mesi in cemento, 4 in acciaio ed è in bottiglia da novembre dell’anno scorso. Fatica un po’ perché c’è ancora una resistenza culturale a bere un sangiovese umbro, anche se è il nostro è un Sangiovese al quale dedichiamo molta cura, insieme al  Canaiolo”.

Podere Fontesecca, Città della Pieve, Umbria. Sito  profilo Facebook

 

Intervista a Paolo Bolla – Fontesecca

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