Stefano Amerighi, l’autodistribuzione e la biodinamica: “Il vino naturale è superato, andiamo avanti”

Stefano Amerighi, l’autodistribuzione e la biodinamica: “Il vino naturale è superato, andiamo avanti”

Stefano Amerighi è uno dei protagonisti della rivoluzione del vino naturale. Produce in biodinamica un ottimo Syrah, a Cortona, dove siamo andati a trovarlo. A farne uno dei protagonisti, però, non è solo la qualità del suo vino, ma anche la capacità di ragionare sulle strutture produttive e agricole del vino e di connettersi con nuove forme di aggregazione. Con altri produttori e vignaioli sta lavorando per autodistribuirsi, ma anche per capire come evolvere, dopo la straordinaria stagione del vino naturale. Che dichiara conclusa. Non per rinnegarla, ma per andare avanti, senza autocompiacimenti. Di seguito, il risultato della lunga chiacchierata, che abbiamo voluto lasciare in forma “artigianale“, per far risaltare di più questa piccola miniera di suggestioni, impulsi e riflessioni sul mondo del vino.

La rivoluzione
“Da qualche mese sono presidente del consorzio della Syrah. Quando iniziai, nel 2002,  ero un po’ il bischero del paese. La mia generazione è cresciuta grazie alla rivoluzione dei vini veri, che hanno consentito ai piccoli produttori di crescere. L’organico e il bio non sono state una moda. E’ successo quello che accade nelle avanguardie: prendi una tela e la tagli. E’ servito per rompere gli schemi, per smuovere le coscienze”.

Superare il naturale
“Ormai sono passati ormai 15 anni. Il rischio è quello di replicare noi stessi e di autocompiacerci, Dobbiamo trovare un senso nuovo. Anche perché i vini naturali di adesso sono diversi, abbiamo 15 vendemmie sulle spalle. Abbiamo aperto una quinta e visto un panorama che non sembrava esistere. Ora andiamo avanti, usiamo questa nuova sensibilità e la rete che abbiamo creato“.

Una visione politica
“Qual è l’evoluzione? Fare il vino più buono del mondo? No, sarebbe uno spreco di energia. L’evoluzione è quella di trovare forme di aggregazioni sociali differenti. Le campagne, più delle città, sono diventate sede di nuovi  laboratori sociali. L’idea è quella di un approccio differente nelle comunità, tra le persone. La nostra visione non deve più essere solo come faccio il vino, ma come mi rapporto con i dipendenti, con il gruppo che mi sta intorno e fa il mio stesso lavoro. Come lo commercializzo il vino. E’ una visione politica

In Sicilia
“L’anno scorso un amico siciliano ci telefonò dicendo ci sono vigneti vecchi a Marsala di catarratto che vogliono vendere per piantare glera. Io ho detto, cazzarola no, non è possibile estirpare viti vecchie ad alberello. E allora ho detto: mettiamoci insieme. Con sei microaziende, sei amici con i quali abbiamo cominciato un progetto di autodistribuzione e altri come Nino Barraco (Marsala) e Giovanni Scarfone (Bonavita, di Messina), siamo intervenuti per salvarlo”.

Autodistribuzione
“Non dobbiamo pensare solo alla produzione Per questo abbiamo messo in piedi un progetto un po’ avanguardistico di autodistribuzione, che è anche piattoforma logistica e di idee e condivisione di energie. Dobbiamo prendere coscienza di quello che siamo. Perché la produzione deve essere slegata dalla distribuzione?  Non  c’è stato neanche bisogno di stabilire dei paletti, perché siamo una famiglia. Sono alcuni vini differenti: oltre a me c’è  Francesco Ferreri (Tanca Nica, a Pantelleria) Francesco De Franco (A Vita, Cirò), Corrado Dottori (La Distesa, a Cupramontana).

“Con calma”
Eravamo a Tinos, da un amico produttore francese. Siamo arrivati un po’ affannati e lui ci ha detto in greco “aλapά” (halarà), che vuol dire “calma“, “prendetela con calma”. Ecco, abbiamo deciso che si chiamerà così. Del resto è un progetto che nasce da un senso di profondo attaccamento al Mediterraneo. Anche cinematograficamente: il nostro film preferito – siamo una generazione di 40-50 enni – è Mediterraneo di Salvatores. Abbiamo già cominciato a distribuire, iniziando da Toscana e Umbria”.

Il manifesto del vignaiolo naturale, per Vi.Te
“L’anno scorso al Giglio, da Francesco Carfagna di Altura, riprendendo un lavoro di Alessandro Dettori, abbiamo cominciato a lavorare con Vi.Te, Vignaioli e Territorio, per un manifesto non del vino naturale ma del vignaiolo naturale. Non per costruire regole ma per trovare dei principi. A me colpì quando l’azienda Pasqua, che fa milioni di bottiglie, lanciò 2500 bottiglie di vino naturale. Quello è un vino naturale? Sì, probabilmente sì. Ma il produttore? Così diventa un giochino: sono un industriale e faccio un po’ di bottiglie per accontentare il mercato. Con il manifesto diamo dei principi. Il movimento è cresciuto tanto e ci ha cannibalizzato. Facciamo un po’ di autoanalisi, ho anche la moglie psicologa. Magari poi scopriremo, come diceva Corrado Guzzanti, che la risposta  è dentro di voi, ma è sbagliata. Insomma, il principio base del manifesto è che l’essere a titolo principale vignaiolo e viticoltore è essenziale. Bisogna vivere di questo lavoro”.

Contadino
“La parola contadino negli anni ’80 era impronunciabile. Ora paradossalmente essere contadino è diventato un valore aggiunto. Anche troppo. Sembra che si debba andare sempre vestiti da contadini, con il cappello di paglia e il filo d’erba. Ma mio nonno la domenica indossava giacca,  cravatta e cappello”.

Nutrimento
“Il vino non può essere solo calorie ed alcol. Deve essere anche nutrimento, per questo deve venire da una buona agricoltura”.

 

Solfiti 
“I nostri vini vanno in bottiglia con 35 mg in totale, praticamente nulla. Dobbiamo prendere coscienza della sostenibilità: se si bevessero in questa vallata, non ci metterei nulla, ma i nostri vini viaggiano, quindi un po’ di solfiti servono.

Ecologia e ambiente
“Per noi il problema ecologico  si pone soprattutto dopo aver fatto il vino. A cominciare dalle bottiglie, che arrivano quasi tutte dalla Francia, dalla Saint-Gobin e altre fabbriche. Trasporto e spedizioni sono il nostro principale problema ambientale. Essere vignaioli naturali vuol dire anche questo. Il concetto di vino naturale è ormai acquisito. Andiamo avanti, affrontiamo passaggi nuovi, come la distribuzione, il prezzo, il trasporto“.

La Syrah, tra Cortona e Rodano
“La Syrah è un vitigno che accoglie, che asseconda la vita. Altri, come il Cabernet, danno risultati simili  in tante parte del mondo. La syrah viene invece valorizzata  dal territorio. I suoli del Rodano sono diversi, di granito. Qui a Cortona ci sono argille, argille calcaree, sabbie e galestro. La presenza di argille ha fatto la fortuna a Cortona. L’argilla è una terra fresca, rispetto alle sabbie: trattiene l’acqua.  La syrah ha un problema con la siccità, per questo in altre parte del mondo rischia di produrre un vino troppo concentrato, scuro, cupo. A Cortona invece risulta più femminile, dinamico, aggraziato, speziato, floreale.  Quindi, abbiamo la struttura, grazie all’argilla e alla qualità della luce, ma anche una buona freschezza e aromaticità, legata alle escursioni termiche”.

Cortona Doc
“Il Cortona Doc è nata a fine anni ’80. Il disciplinare è un po’ generico e gli approcci dei 35 produttori sono molto differenti, per uso di legno e lunghezza delle fermentazioni. Ma è normale, ci vuole una generazione o due per ottenere un po’ di omogeneità”.

La biodinamica e le ironie 
“Lo so che si fa ironia sulla biodinamica. Può far sorridere. Forse noi siamo anche stati un po’ clown di noi stessi, abbiamo cercato l’aspetto più buffonesco. Parlando di biodinamica si guardano gli aspetti più pittoreschi, dei preparati, ma nessuno ti parla mai dell’organismo agricolo individuale. C’è una visione antropofosica, filosofica, e una legata all’essere agricoltore, che è concreta. Da una parte, c’è stata troppa enfasi sul personaggio alchemico alla mago Merlino, dall’altra c’è stato un accanimento violento della comunità scientifica“.

Gli “impulsi” di Steiner
“Steiner arriva alla biodinamica sei mesi prima di morire. Era il periodo di uso massiccio di concimi chimici, usati dalle industrie belliche riconvertite. Gli agricoltori dell’epoca si trovano con sapori diversi e si chiedono come reagire e come ritrovare la fertilità nei suoli. La risposta di Steiner sono i suoi “Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura”. Sono chiamati “impulsi” non a caso. Non sono certezze”

L’approccio riduzionistico
La visione riduzionistica di causa e effetto ha impoverito l’agricoltura. Manca azoto, aggiungo azoto. Manca fertilità, aggiungo fertilizzanti. La biodinamica non è solo preparati, è l’organismo agricolo individuale. E’ l’approccio olistico.  Abbiamo la vigna, ma anche l’azienda agricola, gli animali per il letame, il compost e i preparati”.

Funzionano i preparati 500 e 501?
Funzionano. Le vacche hanno una grande capacità di digestione. Avendo più stomaci e masticando tante volte, è l’animale che riesce di più in natura a trasformare la materia”

La scienza non riconosce la biodinamica: è magia?
“La biodinamica è per forza legata a un approccio ascientifico. E’ un approccio alchemico. Sono impulsi. Però non è possibile che ogni cosa che non sia spiegabile venga etichettata come magia. Ogni cosa che non è spiegabile, non è ancora stata spiegata. Io dico: cominciamo dalla misurazione. Ogni anno riceviamo esperti di università che effettuano misurazioni. Misuriamo le variazioni nel tempo. Il passo successivo sarà trovare le spiegazioni.

Gli appunti di Incisa della Rocchetta
“Ho trovato un vecchio libro intitolato “La terra è viva. Appunti di scienza contadina”. Lo ha scritto Mario Incisa della Rocchetta, un marchese, proprietario di terre a Bolgheri. Faceva notare come l’aratro versoio avesse cambiato la fertilità dei suoli, la concimazione e i sali avessero aumentato il bisogno di acqua sterilizzando i suoli. Sorprende che un uomo di quel tempo avesse già questa sensibilità”

La campagna e l’agricoltura
“Tutti vogliamo stare in campagna, ma poi vogliamo la macchina, il wifi, la piscina, le comodità. Finisce che la antropizziamo e pensiamo che la campagna sia questa. Lo stesso sta avvenendo con l’agricoltura”.

Generazioni
“Per una vita ho litigato con il mio babbo, e ho perso un po’ il rapporto, perché quella generazione era nata dopo la guerra. Dovevi sopravvivere, lavoravi a mano, ti spezzavi la schiena, senza frigoriferi. Poi arriva la Simmenthal e cambia tutto. A mia mamma  piace il pane raffinato, perché per una vita ha mangiato il pane che durava sette giorni, duro, con le farine grezze. Ora la capisco quella generazione. Quella che non scuso è la mia generazione, Ora è cambiato tutto. Non dobbiamo tornare indietro, anche perché quella era una società orribile, maschilista e patriarcale. Ma dobbiamo andare avanti”.

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