Trattoria Pane e Panelle Bologna, un bel giardino e l’estro in cucina dello chef Luca Pappalardo

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Trattoria Pane e Panelle Bologna. Dopo l’evento di presentazione della birra Isabel da abbinare al pesce, siamo tornati alla Trattoria Pane e Panelle ma, questa volta, per cenare: all’aperto, nel bel dehors circondato di edera, e aiutati dalla presenza e dalle parole dello chef Luca Giovanni Pappalardo nel provare a scoprire sapori e idee di una tavola dall’apparecchiatura semplice e senza fronzoli ma pronta a sostenere il peso specifico di un estro culinario che, a Bologna, si sta rivelando sempre più riconoscibile (e imitato).
Una tavola che è un po’ Sicilia, terra di origine dello chef, un po’ lembo di terra del medioriente con le spezie che ti catapultano geograficamente nelle alture del palato; un po’ qualcosa di inaspettato.


In via San Vitale 71 ti ritrovi per scelta e volontà, non ci passi per caso, sebbene sia in pieno centro storico e dentro le mura. Quasi una via di un quartiere che sta smettendo di splendere per bellezza e riconoscibilità; una via in cui però lo chef Luca crede. Crede nella forza di poter lavorare insieme, con tutto il vicinato: collabora con il birrificio artigianale Cerqua, con il suo “dirimpettaio” della gelateria Gelatauro e aiuta i ragazzi di Labàs nel progetto di diffusione del pane comune (prodotto con il beato lievito madre).
Collaborazioni esterne che rientrano in toto nel carattere di chi sta in cucina, perché se da Pane e Panelle Luca crea, mani femminili danno maggior forza ai piatti. Giusy e Lisa hanno una bella energia, che si manifesta tutta nel loro essere libere di esprimersi e di intendere i piatti dello chef, ciascuna con le proprie peculiarità, anche perché vengono da lui ascoltate.
Nella proposta di antipasto che abbiamo davanti si vede tanta tecnica e “un’ossessione buona” di sperimentazione continua del proprio gusto personale e della storia nel rispetto della materia prima. “Chi ha da criticare lo dica subito”, dice Luca, altrimenti le cose postume servono a poco.
Pesci diversi serviti “a fantasia quotidiana”, abbinati ad alimenti ed elementi de-strutturati: peperoni cruschi in polvere, gelatine al bergamotto, aceto di ciliegie, il fegato della rana pescatrice, parti vegetali e parti inverse dai sapori decisi ricomposti in sfumature di giallo e verde. Nella testa dello chef ora ci sono questi colori; poi lo sentiamo parlare (anche) del pittore Goya e forse i colori domani saranno altri.

La ventresca di tonno con fagiolini al lime e tabasco e menta glaciale rossa (12 euro) pare parli beatamente; il moscardino in gazpacho di anguria, piccadilli, mandorle tostate e cipollotto (15 euro) è una vera esplosione di sapori che ti trascini per molto tempo; e infatti è una cartolina di ricordi dell’esperienza e della tecnica appresa a Mosca dallo chef.
Rifiuti i ricordi e poi tornano.

Tornano anche il sapore del mercato di Instabul e la consapevolezza che, anche dal pesce, “non si butta via niente”: la testa del pesce spada mantenuta e cucinata con dovizia, è qui trasformata in Kebab in un arcobaleno di marmellata di peperoni gialli, mousse di yogurt al lime e verdure fresche (15 euro).
Ogni quanto cambia il menu? Ogni volta che i pensieri dello chef cambiano probabilmente, per un nuovo giro intorno al mondo e per mare aperto (qui non si utilizza pesce da allevamento ma solo pescato in mare).

Uno dei “primi da poster” è un piatto della tradizione siciliana: la pasta con le sarde (13 euro). Le sarde, e un formato di pasta che in città trovi solo da Pane e Panelle, i maccheroni cinque buchi – formato tipico della cultura gastronomica catanese. Tradizione tramandata e trasformata come ogni passaggio raccontato: perché in questa pasta con le sarde ritroviamo la salsiccia di maialino nero dei Nebrodi. Proposta riuscita che rimane in carta, nell’uvetta, i pinoli e il finocchietto.
Arriva anche il poster, un poster da collezione del pastificio Poiatti di quando ancora non c’era photoshop, dove la modella mostra fieramente il suo dente rifatto male da un dentista che probabilmente mangiava poca pasta. Un ricordo divertente che a Luca andava di condividere con gli avventori.
Risi e sorrisi: il risotto con le teste di astice e lime (15 euro) si fa ricordare, anche per il peperoncino.
Luca, Iddu, lui, il vulcano nel piatto: spaghetti al nero di seppia e lava di pomodoro alle erbette aromatiche (12 euro).

Potevamo fermarci, e invece no, la curiosità vince: l’insalata di astice con gelèe di pesca, frutto della passione ed erbette officinali (22 euro) è l’estate nel piatto e prima tra i secondi (dai 14 ai 22 euro). Sincerità e generosità in ogni portata.
In giardino e in vino veritas: nel bel cortile interno, la carta dei vini è buona e rampicante come l’edera attaccata ai muri dei palazzi circostanti. Elaborata dalla titolare Isabel Muratori, col favore dell’esperienza di Medulla vini; bollicine, vini siciliani e dal continente. Bianchi, rossi e rosati, naturali (dai 16 ai 35 euro).
Un posto per tutti, dove l’unica pretesa dello staff di sala e della cucina è accogliere bene, anche per fare un aperitivo il martedì e il giovedì dalle 19 con i Nicareddi (piccoli piatti presenti in menu) e classici della tradizione siciliana: arancini, caponata e panelle accompagnati da un calice di vino o la loro esclusiva birra Isabel (10-12 euro).
Se vi fermerete a pranzo avrete primo, acqua pane e coperto (10 euro) o troverete qualche strana e rara creatura marina che vi verrà presentato come Centofolo viola (esiste davvero).
Da Pane e Panelle ci si esercita al bello e alla statuaria certezza che ci vuole lealtà nell’arte, anche in quella gastronomica.
“Mi fermo un momento a guardare”, come diceva il poeta Roberto Roversi. E noi ci fermiamo un momento anche a mangiare.

Trattoria Pane e Panelle, via San Vitale 71, Bologna, aperto a pranzo dal lunedì al venerdì e la domenica dalle 12 alle 14.30 sabato dalle 12.30 alle 15; a cena dal martedì alla domenica dalle 20 alle 22.30, tel. 051 270440, pagina Facebook

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