Critici e anonimato, Baresani risponde

© Fatto quotidiano / Puntarella Rossa

Com'era prevedibile, il post (qui) del critico gastronomico Valerio M. Visintin, al suo esordio su Puntarella Rossa, ha diviso i lettori e provocato polemiche incandescenti. Meglio un recensore anonimo, che non si presenta mai e paga il conto di persona, o un recensore che si palesa e diventa amico degli chef, rubandone segreti e avvicinandosi alla materia da raccontare?  La reazione più forte, inevitabilmente, è quella di Camilla Baresani, giornalista e scrittrice, presa di mira per un suo pezzo comparso su Sette, il magazine del Corriere della Sera (e che trovate qui). A lei diamo volentieri il diritto di replica e riportiamo quanto scritto di suo pugno in un commento e poi in una mail a noi indirizzata. I toni, avvertiamo i lettori più sensibili, sono piuttosto forti, ma la Baresani fornisce anche informazioni utili per capire meglio la sua posizione: "A dire il vero – scrive – io pago il mio conto (a spese mie, non del giornale) e vado in totale anonimato nel 95% dei locali che recensisco, e tra l'altro per le cose che scrivo sono stata più volte querelata. Inoltre non ho mai scritto le frasi che la fervida fantasia del signor Visintin – che forse vuole farsi pubblicità a spese mie – mi attribuisce (quelle dove direi che il critico anonimo è solitario, inappetente, taccagno, ecc.). E' bieco, scorretto, e anche intellettualmente volgare selezionare le frasi che fanno comodo in un articolo dove scrivo anche che chi non paga il conto tende a contraccambiare il piacere del cuoco ospitante e quindi a non essere obiettivo. Penso che un critico debba trovare un equilibrio anche emotivo nelle passioni e negli odi, quello che evidentemente questo signore appassionato di polemiche non trova".


Parole che non trovano naturalmente d'accordo Visintin, che peraltro rivendica il diritto all'ironia (e il dovere dell'autoironia): "A me il suo pezzo è parso decisamente schierato dalla parte di chi fa il nostro mestiere passeggiando a braccetto con i cuochi d’alto bordo".  Fin qui le polemiche personali e la replica della Baresani, che dà un'interpretazione autentica del suo pezzo. Ma il tema è più ampio dei protagonisti ed è ancora tutto da sviscerare. Niko Aga Tenente Drogo esce per un attimo dalla fortezza Bastiani per contestare l'immagine del "cavaliere anonimo, senza macchia e senza paura, unico onesto in un mondo di corrotti". E chiede: "I critici musicali vanno in incognito ai concerti? E i critici d'arte?". Pronta replica di Visintin: "Film, libri, quadri, sculture sono prodotti finiti, compiuti e indeformabili, quale che sia la platea. Concerti e opere teatrali sono suscettibili di variazioni nella forma e nel rendimento, ma in misura assai marginale. Tutte queste modalità espressive, in ogni caso, sono indirizzate a una collettività. Mentre la ristorazione è, per sua implicità natura, un servizio ad personam. Ed è per questo lapalissiano motivo che il critico gastronomico dovrebbe applicare un supplemento di cautela, a beneficio esclusivo del lettore".

L'altro nome noto tirato in ballo da Valerio Visintin nel suo pezzo è Stefano Bonilli, nome ben noto nell'ambiente, titolare del blog Papero Giallo e fondatore della Gazzetta Gastronomica. Bonilli rivendica l'opportunità, talvolta, non solo di presentarsi a volto aperto ma anche di non pagare il conto, ospiti del ristoratore amico: "Sono stato molte volte nel corso degli anni a pranzo e cena con Veronelli, sempre ospiti…". Parole che si attirano gli strali di Visintin. Dal Papero, Bonilli liquida la polemica: "Come si vede nel mondo della gastronomia si discute e ci si stima l'un l'altro, come è giusto che sia in questa Italia così civile". Ma è Maurizio Cortese, cofondatore della Gazzetta Gastronomica, a provare una terza via: "Bonilli e Visintin esercitano il mestiere di critico allo stesso modo? Credo proprio di no, per storia, ruoli, funzioni, che mi appaiono del tutto diversi. Perciò ogni critica alla diversità di pensiero mi appare come inutile e fuorviante". Sulla scia Alessandro Bocchetti (Gambero Rosso e Scatti di Gusto), che dice basta a guelfi e ghibellini e distingue tra chi fa il critico per le guide e per le recensioni dei ristoranti e chi "scrive di cibo e vino è anche quello di raccontare lo straordinario patrimoni di prodotti e di saperi. Lo scambio con gli enogastronomi è sempre stato parte del processo creativo di crescita della cucina".
Osservazioni assolutamente ragionevoli, anche se il discorso si era incentrato sulle recensioni, non tanto su chi racconta il mondo del cibo e del vino. Perché poi i nomi noti che fanno il doppio mestiere (raccontare e recensire) sono spesso anche facce note. Si presentano e vengono riconosciuti. Pensiamo a Gianni Mura o a Carlìn Petrini, per citarne due. Impossibile o quasi per loro non farsi riconoscere. Ovvio il trattamento di iperfavore che riceveranno. Magari da questa notorietà trarranno informazioni utili e una capacità di approfondimento del ristorante e dei cibi mangiati. Magari saranno onestissimi e impermeabili alle lusinghe, randellando chi se lo merita, anche se gli ha offerto la cena, e premiando gli altri. Ma nessuno ci toglie dalla testa la sensazione, quando si leggono certi pezzi e quando si conoscono certi critici, che le affettuosità reciproche siano la prassi nell'ambiente. E che l'unico modo per scardinarlo sia quello di sottrarsi all'abbraccio mortale del circo. Noi di Puntarella Rossa lo facciamo da quando siamo nati. Senza dimenticare, poi, che l'anonimato è (per noi) un prerequisito. Per fare un buon lavoro da critico servono ancora competenza, professionalità, onestà e accuratezza. Qualità che non hanno certificazione o etichetta che tenga, che non sia la credibilità conquistata sul campo e il giudizio impietoso e finale dei lettori.

* La prima immagine raffigura Grimod de la Reynière, pioniere della critica gastronomica francese, autore dell'Almanach des Gourmands, che pubblicò nei primi anni dell'Ottocento.

** Le due ultime bellissime immagini sono opere di Arianna Greco, inventrice dell'arte enoica, tecnica di pittura su tela con il vino

16 Commenti

  1. io personalmente scrivo per il gambero rosso, sono un pezzo di scattidigusto… ma certo non per dissapore, di cui sono un commentatore come qui sopra o sul papero ;)
    ciao A

  2. ps non distinguo tra chi fa una cosa e chi fa l'altra, ma sui ruoli e le funzioni. è curiosa questa richiesta di separazione delle carriere, mi ricorda altri momenti e altre carriere…. ;)
    ciao A

  3. Commi perdonino, ma cosa vuol dire io i ristoranti e gli CHEF che recensisco x il 95% sono in INCOGNITO ?????? me lo può spiegare???? il 5 % sono suoi fedelissimi, amici, parenti, padroni, ….????? la professionalità di un critico la si vede dalla CRITICA effettiva provata come io  o lei , o chiunque altro  affamato e desideroso di passare una bella serata in un locale come una persona  Q U A L U N Q U E  !!!!!!!!! capito? il resto sono idiozie  presentarsi a serate di gourmet ad assaggiare il TOP del TOP degli CHEF in concorso !!!!!! SCUSATE , ma quando cè vò cè vò  !!!!!!!!

  4.  
    Completamente d’accordo con il vostro punto di vista. Condizione necessaria, a mio avviso, per poter recensire criticamente un ristorante è l’anonimato, per tutti i motivi da più parti sottolineati. Un volto noto, infatti, vivrà un’esperienza viziata ex ante e avrà un senso di riconoscenza, più o meno conscio, verso chi lo ha trattato con favore. Ovviamente è possibile che sia così bravo da riuscire ad identificare perfettamente i confini del trattamento di favore e così corretto da tenerne conto nella formulazione del giudizio…magari fa pure volontariato ed è impegnato nel sociale, non dice parolacce ed è una persona modello… Ho sempre pensato che un personaggio del genere, ben conoscendo i vizi italici, esista solo nei racconti che finiscono con “vissero tutti felici e contenti”. Quando si danno giudizi non è sufficiente essere sostanzialmente corretti, ma è necessario anche avere attenzioni che ci certifichino come tali. Per questo motivo penso che la separazione delle carriere, per utilizzare un termine abusato, fra il critico gastronomico e colui che racconta di cibo e di vino con volontà di approfondire storie personali degli operatori di settore, sia un fatto auspicabile. Che poi tutto questo, l’anonimato intendo, sia solo una condizione necessaria per essere un buon critico, ma non sufficiente è un altrettanto certo.

  5. Avevo commentato sul paperogiallo che la relazione fra cuochi e critici in Italia mi pareva un'intrico malsano, e avevo richiamato l'ovvia (secondo me) necessita' di un dignitoso distacco fra giudicante e giudicato. Poi Alessandro Bocchetti mi ha, con benvenuta ruvidezza, fatto riflettere e ora accetto che l'intrico non e' sempre e non e' necessariamente malsano.
    Pero' confesso le mie modeste pretese di cliente sempre pagante e in cerca di mero godimento; confesso di non essere tanto interessato agli Adorno della critica gastronomica quanto a qualche affidabile indicazione nel labirinto di scelte da fare. Meglio ancora se scritta divinamente.
    Quindi esprimo la mia profonda ammirazione per Visintin, un critico dalla prosa rara e cristallina come la sua etica professionale.
    PS avendolo scoperto, pero', si apre dinanzi a me l'orrore di dovermi sciroppare le critiche di un milione di ristoranti milanesi per godermi la sua lieve prosa. E' necessario indire una colletta per attivita' extra moenia, o il suo giornale avra' il buon senso di pagarlo per questo?

  6. scusate, sono un povero cliente sempre pagante e l'ambito della discussione è ormai stucchevole; quindi ripropongo un tema già sollevato di là: all'estero come si usa?
    per dire, qualcuno pensa che quando frank bruni nel 2004 andò da babbo e confermò le tre stelle invece di quattro per via (secondo la leggenda) della musica rock troppo alta abbia pagato o no?
     

  7. Ha sicuramente pagato, ma non di tasca propria. i critici professionisti, ovviamente, non pagano di tasca propria, ma vengono rimborsati dall'editore per il quale lavorano. Tutti. Compreso Visintin. E, ripeto, ovviamente. Ci mancherebbe altro che non fosse così. È un lavoro, e il costo del pranzo sul quale si deve fare una recensione è una spesa viva a carico del datore di lavoro.   Come le spese di trasferta. O immaginiamo che uno parta da Roma o da Milano per andare, che so, ad Alghero o Catania, una o due volte a settimana per fare le recensioni e paghi di tasca propria viaggi, albergo e conto del ristorante?
    Quello di cui si sta parlando è l'anonimato, non il pagamento

  8. Beh ! lo dico subito così per sgomberare il campo Visintin mi Piace ……. 
    la Baresan ?  : mi sono fatto un'dea dalla foto che puntarella rossa ha pubblicato e delle coase che ha scritto .. compreso l'intelletualmente volgare . Voi dite ma che c'entra giudicare una cosa dalla foto ..? forse niente ma la vita è così , e almeno una volta qualcuno che ha un'alta opinione di se dovrebbe accettare il fatto che a causa di quello che fai vedere ( che accetti di far vedere ) troverai delle persone che non ti 'frequenteranno ', chenon leggeranno quello che scrivi , che non si avvarranno dei tuoi consigli e delle tue opinioni , perchè magari le cose che scrivi vengono pubblicate su una testata di ungruppo editoriale di cui chi ti legge , io , non stima la politica editoriale .
    Perchè mi piace Visintin ? Perchè io non sono di Milano e lui lo ha capito benissimo , ma si vede che legge quello che io , ed altri scriviamo, e ci risponde pure , e si lascia anche conntattare su altri canali , ed è gentile …  Ma apprezzo molto e mi diverte il contesto nel quale colloca le sue avventure , perchè ha ragione : spesso quello che viene dalla cucina è rovinato dalla spocchia di chi te lo serve … quando non è ( occasionalmente ? ) rovinato da chi te lo cucina . .. o semplicemente dallo straziante arredamento .. o dalla collocazione urbana..  Ma quello che non sopporto è il sussiego con il quale si accenna al fatto che la cucina è un'arte .. come a dire ..una tradizione che si tramanda immutata .. Bah ! questo sussiego mi fa venire in mente la scralità con la quale si assiste a certi concerti di musica classica con orchestre che sono squadre di calcio .. perchè si ascolta il concerto suonato come l'originale … mentre sono in pochi a sapere che per molti di quei concerti quei taccagni degli imperatori davano si e no un terzo dei concertisti

  9. gentile scuteri, a volte converrebbe essere meno didascalici e più attenti: qui, su dissapore e sul papero la questione pagamento – agitata da bonilli – è in evidenza almeno quanto l'anonimato.
    comunque la ringrazio per aver chiarito lippis et tonsoribus che il critico si muove a spese della testata; vorrà dire che alla prossima occasione ricambierò con una confidenza sulla temperatura elevata dell'acqua.
    noto comunque che in prevalenza gli addetti ai lavori difendono la pratica della linguainbocca con l'oste con tenacia degna di miglior causa: qualcosa vorrà pur dire.
    p.s. avesse letto di più e pennarossato di meno, gentile scuteri, saprebbe che poche righe più sopra baresani afferma:io pago il mio conto (a spese mie, non del giornale) e vado in totale anonimato nel 95% dei locali che recensisco.
    e quindi?

  10. Mamma mia che risposta piccata. Il LEI, poi :-D
    Dai, potremmo essere meno  "ostili"? Non c'è motivo di irrigidirsi. Se il mio intervento ti è sembrato arrogante o pennarossesco me ne scuso, non voleva esserlo.
    Ma sei stato tu a domandare se Bruni aveva pagato, e a quello ho risposto. Visto che lo domandavi evidentemente non lo dovevi considerare così lapalissiano. E siccome questo tema, come giustamente dici tu, viene continuamente agitato, ho voluto spevificare che io lo trovo assurdo perché, ripeto, è assolutamente ovvio che i critici di professione vengano rimborsati dal loro editore. Quindi non è su quello che se ne giudica l'affidabilità
    Per quanto riguarda l'anonimato, io ne sono un fervido sostenitore. Così come sono un fervido sostenitore del fatto che il critico non debba essere ospite, quindi in quanto a riferimenti castaioli caschi male. Per me il critico deve prenotare sotto falso nome, mangiare, pagare e andarsene. Senza neanche presentarsi a fine cena. Questa mi sembra debba essere la regola, con poche e motivate ragioni. Il rapporto con i cuochi semmai si può approfondire dopo la pubblicazione della recensione, anche perché sono rapporti che può essere utile curare per interviste, pareri ecc.
    Quindi non mi sembra di essere molto lontano dalle cose che tu e altri pensate e dite. Semplicemente, rispetto a Visintin, sono meno intollerante con chi, tra i critici, la pensa diversamente. Nel senso che possono anche avere le loro buone ragioni, che cerco di capire e valutare, magari caso per caso
    Volevo aggiungere una cosa: i volti noti della critica (curatori di guide, o personaggi che vanno in tv magari per altri motivi, tipo Mura o Petrini) indubbiamente vengono sempre riconosciuti. E indubbiamente ricevono un trattamento di favore. Ma il ragionamento che faccio io, magari sbagliato, non so, è che vengono riconosciuti e trattati bene in TUTTI i ristoranti nei quali vanno. Quindi perché dovrebbero trattare meglio l'uno o l'altro? E infatti mica danno su tutti i ristoranti la stessa valutazione, ma alzano o abbassano voti, premiano o stroncano, a seconda di come si sono trovati, facendo la tara sul trattamento di favore, che tanto è sempre lo stesso. A me solo due volte è capitato di andare a cena con uno di questi personaggi. Trattamento super, è indubbio. Eppure in tutti e due i casi il voto a quei ristoranti è stato abbassato. Forse per impressionare me, scomodo testimone? :-D
    PS: la cosa scritta da Camilla Baresani, se devo essere sincero, mi ha molto sorpreso. L'unica spiegazione che mi sono dato è che la Baresani abbia un contratto forferttario, che comprenda anche le spese che sostiene. Unica alternativa è che faccia questo lavoro per beneficenza, ma tenderei ad escluderlo
    Un abbraccio

  11. E dunque .. a quanto vedo siamo alla fenomenologia del piatto , ovvero alla scienza della osservazione e classificazione di quello che c'è sul piatto sicuri che il critico ha l'esatto numero e proporzione delle papille gustative , mentre a me piace anche ammiccare al cameriere, fare domande , guardare in giro , capire da dove viene quello che mi hanno servito , io continuo a dire se non ti preannunci fanno fatica a trattarti bene nel senso che se per un piatto ti fanno aspettare molto di più del dovuto puoi sempre sospettare che l'abbiano ordinato da un'altra parte… ;-) , quanto a chi paga vi faccio solo notare che uno che mi dice : il prezzo ? Una sciocchezza 60 'euri' bere a parte , per pasto, bere a parte , e per un giorno a settimana (tolte le ferie , le malattie … )  fanno non meno di 3300 'euri' l'anno  https://www.youtube.com/watch?v=5EJc-WV-Sks

  12. bene, caro scuteri, e allora siamo completamente d'accordo; io ho frainteso il tono del suo intervento, ma la storiella di bruni (come l'ha definita bonilli quando l'ho scritta sul papero) voleva suggerire che prendere esempio da come si usa altrove non è per forza sbagliato.
    ah, non se ne abbia a male per il lei, è un lei ancien régime, non un lei 2.0.

  13. L'altra ipotesi è che Baresani visiti locali per diletto, a sue spese, perché l'appaga la pubblicazione. Come altri lussuosi dilettanti di cui diversi giornali approfittano, fin dai tempi di D'Amato. Bè, in questo caso l'utilità era vicendevole e forse più vantaggiosa per il giornale. Bisognerà chiedersi se anche il suo pupillo dalla personalità multipla adotti la stessa pratica.

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