Come riconoscere un buon gelato: lo abbiamo chiesto a Marco Radicioni di Otaleg a Roma

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Foto di Andrea Concordia

Come riconoscere un buon gelato. Con l’arrivo della stagione primaverile ed estiva coppette e coni entrano nella loro fase più viva, sebbene ormai anche in inverno, complici le temperature miti degli ultimi anni, restino un ottimo peccato di gola anche il resto dell’anno. Il giro d’affari del gelato artigianale nel 2023 ha sfiorato i 3 miliardi di euro, con un incremento dell’11% tra gelaterie, pasticcerie e bar con un corner dedicato (Fonte: Ansa). Che sia con le creme o con la frutta, poco cambia: il gelato è amato dal 93% degli italiani (Dati dell’Istituto del Gelato Italiano e Bva-Doxa). Tra i gusti preferiti vince il pistacchio, seguito da cioccolato e nocciola.

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Una coppetta gelato di Otaleg! a Roma.

Ognuno di noi ha le sue gelaterie di riferimento, ma cosa succede quando ci troviamo a dover acquistare un gelato in un posto che non conosciamo? Per rispondere a questa domanda abbiamo chiesto aiuto a chi della materia è massimo esperto: il maestro gelatiere Marco Radicioni della gelateria romana Otaleg!, che oggi ha due sedi nella Capitale. La prima a Trastevere, a due passi da Piazza San Cosimato, la seconda a Monteverde, che è anche pasticceria e caffetteria.

Come riconoscere un buon gelato: i consigli di Marco Radicioni

Marco Radicioni (Otaleg!)
Marco Radicioni, proprietario di Otaleg! – foto di Andrea Concordia

Partiamo dalle materie prime. “Quando entriamo in una gelateria possiamo capire subito l’intenzione di chi fa quel gelato, per esempio guardando se ci sono dei frutti fuori stagione, ci spiega Radicioni. Se sono presenti, c’è un intento diverso rispetto a quello proprio di un artigiano del gelato e lui lo dice senza critica verso chi fa scelte più commerciali. Si tratta solo di diversi modi di operare. Si può chiedere anche la lista degli ingredienti, facendo attenzione al numero e alla loro disposizione. “Se in un sorbetto di fragola, quest’ultima è al primo posto ottimo, se è al quinto-sesto posto evidentemente ci sono troppi ingredienti e il frutto diventa secondario”. In generale, è importante che chi si trovi al banco sappia rispondere alle nostre domande.

Marco Radicioni (Otaleg!)
Foto di Andrea Concordia

Passando all’aspetto visivo, i gusti troppo lucidi, con colori che non rimandano alla natura o alla bontà della materia prima, in sostanza, troppo artificiali, non sono un buon segno. “Un pistacchio di un verde acceso brillante – continua il maestro gelatiere – non rispecchia la sua vera colorazione sia se parti dalla materia prima o anche da buone paste. Se nelle creme però i colori troppo accesi possono determinare qualche dubbio, nella frutta un colore troppo sbiadito potrebbe indicare che c’è troppa poca materia prima o magari si usano puree allungate. L’aspetto olfattivo non è un buon parametro di giudizio: “Stando a – 12, -13, -14, l’odore viene quasi sempre annullato. Bisognerebbe avere una capacità olfattiva fuori dal comune e sarebbe possibile solo per alcuni gusti”.

Come riconoscere un buon gelato: consistenza e scioglievolezza

Il gelato di Otaleg!

Per la consistenza, la questione è più complessa, così come per il sapore che è personale. “Ognuno di noi potrebbe dire una cosa diversa, non essendoci un vero atto formativo che dice: ‘Il gelato è così’. A me personalmente piacciono i gelati molto densi, con molta materia prima e una quantità di solido importante. Il mio non sarà mai un gelato estremamente spatolabile e per alcuni potrebbe essere un difetto”. Meglio fare caso al tempo di scioglievolezza, parametro più oggettivo. “Deve essere quello giusto. Né troppo breve né troppo lungo, sia che sia denso o più liquido. A meno che sia il 15 agosto e facciano 40°, se si scioglie troppo in fretta potrebbe significare che contiene una quantità di zuccheri eccessiva o che ci sia stato un errore di bilanciamento. Al contrario, un gelato gommoso ed elastico, poco naturale, che non si scioglie mai, potrebbe contenere una quantità importante di addensante”.

Come riconoscere un buon gelato: la conservazione

Anche i gradi di conservazione nelle vetrine possono dirci molto sulla quantità di zuccheri nel gelato. Più se ne mettono, più il prodotto tenderà a sciogliersi e quindi necessiterà di una temperatura bassa di conservazione. Meno se ne mettono, più la temperatura può essere alta, vicino allo zero. Un -12, – 11 potrebbe essere una temperatura giusta. Per le vaschette, attenzione a quelle con coperchio troppo alto, che supera la linea di refrigerazione, sopra la velina. “Quando vedete quelle montagne alte c’è qualche artificio”.

Radicioni ci spiega di essere un “coppettista convinto”, ma da quando ha aperto la gelateria ha fatto uno studio approfondito sui coni e le cialde. Se si sceglie di proporle ai clienti, bisogna offrire un buon prodotto, usando ingredienti di qualità, alla pari del gelato, altrimenti è come quando al ristorante si finisce un pasto buono con un cattivo caffè. “L’ultimo ricordo che abbiamo non deve essere spiacevole”. L’abilità di mantenere la croccantezza del prodotto è anche una forma di rispetto verso il cliente, anche perché in giornate molto umide possono tendere ad aprirsi. “Se mantenute bene, regalano croccantezza e dignità fino all’ultimo morso”.

Senso di sete e panna

Se dopo aver mangiato il gelato, sentiamo un forte bisogno di bere, questa sensazione è significativa e ci dice qualcosa su quel prodotto, soprattutto se prima non abbiamo mangiato cibi molto salati. “Significa che è troppo zuccherato il gelato, non dovremmo avere questa sensazione, anche se stiamo mangiando un alimento dolce”, sottolinea Radicioni. Quanto alla panna, la consistenza può cambiare in base allo strumento che si usa per montarla (a frusta, con il kitchenaid o con la macchina). “Io ho sempre preferito montarla al kitchenaid anche quando facciamo mille coni giornalieri. Per il sapore, bisognerebbe sapere che panna si usa. Consideriamo però che le fattorie che fanno il miglior latte non fanno panna, perché usano i grassi per fare i formaggi. Amo utilizzare il latte di realtà come Fattoria Faraoni o di Caterina Maceroni per fare i gelati più nudi possibili, come il fiordilatte, che deve sapere di latte”.

Oltaleg!. Via di San Cosimato 14a, Roma (Trastevere). Viale dei Quattro Venti 70, Roma (Monteverde). Tel. 338 651 5450. Sito. Facebook. Instagram.

 

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