La pizza rossa di Roscioli: ecco perché c’è la fila fuori dall’Antico Forno

Pizza Rossa di Roscioli Roma

La pizza rossa di Roscioli. Roscioli è un nome che figura tra quelle attività che hanno fatto grande la gastronomia di Roma. Il loro successo, ottenuto grazie al giusto grado di evoluzione applicato a un mestiere storico, è testimoniato dal distretto gastronomico di loro proprietà situato nel cuore di Roma, a due passi da Campo de’ Fiori. In questo triangolo sono presenti l’Antico Forno Roscioli, il ristorante con salumeria e infine il bar pasticceria. 

Tra le tante bontà di Roscioli che meritano di essere analizzate, abbiamo scelto quello che secondo noi è un classico intramontabile romano: la pizza rossa (in effetti a Roma, molto spesso, “pizza rossa di Roscioli” è un’unica parola). Il loro modo di prepararla è diventato scuola, il loro approccio un modello da seguire: per questo motivo siamo entrati nel laboratorio dell’Antico Forno Roscioli di via dei Chiavari e abbiamo cercato di carpire da Pierluigi, uno dei due fratelli Roscioli (l’altro è Alessandro) quali sono i segreti della loro pizza rossa, famosa per essere morbida all’interno ma croccante e scrocchiarella all’esterno. 

Le origini: la nascita di Roscioli

La storia di Roscioli inizia da un piccolo paese delle Marche, Rocca di Montemonaco, in provincia di Ascoli Piceno. Da lì lo zio di Alessandro e Pierluigi, Franco, decide di partire per l’America in cerca di fortuna: arrivato nel Nuovo Continente intraprende il mestiere di panettiere. “È stato il primo della famiglia a smettere l’attività di pastore per abbracciare la vita del forno” spiega Pierluigi, “quando è tornato in Italia, è sbarcato al porto di Napoli portando con sé una macchina per tagliare il pancarrè e la capacità di utilizzare la margarina negli impasti come gli americani, che cercavano in questo modo di risparmiare non utilizzando olio e burro”. Da qui lo zio Franco arriva a Roma, dove apre il suo primo forno in via Venezia: “C’è ancora un forno lì” aggiunge Pierluigi, “l’immobile è tuttora dei miei cugini, ma non l’attività”. Siamo nei primi Anni Cinquanta, gli italiani stanno vivendo un momento di prosperità economica e la ruota della famiglia Roscioli gira per il verso giusto: “Gli affari di mio zio andavano bene, per cui ha iniziato a chiamare i fratelli come manovalanza. Man mano ognuno di loro ha imparato il mestiere e tutti e undici hanno aperto il proprio forno. Tra questi c’era mio padre, che poi ha coinvolto me e mio fratello nell’attività di famiglia”.

Dal pane alla pizza

Anche qui è necessario un chiarimento per chi, come me, è un millennial e ha sempre visto la pizza in maniera separata dal pane. Non è stato sempre così: “Negli anni Cinquanta eravamo solo una panetteria, perché il consumo di pizza era molto limitato: la gente si portava da casa una fetta di pane con il burro o l’olio. Di conseguenza non era mai stata fatta molta ricerca sull’impasto della pizza, che era fondamentalmente lo stesso del pane. Con il boom economico gli italiani, avendo la possibilità di spendere, hanno cercato uno snack che fosse allo stesso tempo economico e gustoso: da qui la nascita nei forni della pizza bianca e rossa, soprattutto a Roma”.

La pizza rossa di Roscioli: il segreto

Tra le pizze rosse quella di Roscioli ha la p maiuscola: a contraddistinguerla questo binomio che la rende morbida all’interno e fina e croccante verso l’esterno. “Fino alla metà degli anni ’90, quando la gastronomia ha iniziato a evolversi in maniera evidente, la pizza rossa a Roma veniva ritostata” ci spiega Pierluigi. Questo doppio processo di cottura dà luogo alla pizza romana più comune: croccante, fina, ma appena “sporca” di pomodoro che, passando due volte in forno, perde quasi completamente la sua umidità. “Oggi questa tecnica non si usa più: la modalità di preparazione è quella della margherita, ovvero una pizza al 70% di cottura su cui si mette sopra il condimento. Dopodiché la pizza viene lasciata a decantare, così da far uscire il vapore che emana e infine rimessa nel forno per tostarla una seconda volta e renderla croccante”.

Le materie prime: la farina 

Qui Pierluigi ci tiene a precisare una cosa: “La nostra azienda si è ampliata nel corso degli anni (parliamo di 120 dipendenti) ma è rimasta prettamente a conduzione familiare: io, mia moglie e mio fratello siamo sempre a fianco delle persone che lavorano con noi”. Questa modalità di gestione si rispecchia nella scelta dei fornitori, con cui i fratelli Roscioli hanno un rapporto che, se non si può definire istituzionale, è perlomeno storico. “Per quanto riguarda la farina abbiamo cambiato tre mulini in cinquant’anni: il primo, Agostinelli, storico romano, è fallito per colpa della crisi negli anni ’90. Poi è stata la volta di Alimenti, nel chetino; dopo di lui Iaquone e infine da cinque anni Paolo Mariani”. Pierluigi mi fa vedere il blend di farina che utilizza per la pizza: è di tipo 0 rinforzata, ha cioè una percentuale di manitoba oppure di grani proteici che la fanno arrivare alla W (la capacità della farina di assorbire i liquidi) propria appunto della manitoba, adatta all’impasto della pizza.

Le materie prime: il pomodoro 

Stesso discorso per il pomodoro: “Prima ci rifornivamo da Vivì, azienda napoletana con un approccio sempre a metà tra industriale e artigianale. Dopo il suo fallimento siamo passati a Pomilia, con cui lavoriamo da quindici anni”. Le caratteristiche di una passata adatta alla pizza sono di fondamentale importanza: Pierluigi chiarisce che a fare la differenza non è il pomodoro in sé ma come viene effettuata la salsatura. Se troppo leggera, infatti, è adatta solo alle preparazioni in cucina, come il sugo, mentre da Roscioli il procedimento è ottimizzato per la pizza: “Il pomodoro che noi mettiamo sull’impasto è crudo, viene macinato 24 ore prima e condito solo con sale integrale, origano e olio e lasciato insaporire per poterlo utilizzare il giorno dopo. In questo modo il pomodoro mantiene la sua acqua di vegetazione e fa la sua cottura in maniera ottimale: viene posto sulla base sottile della lingua di pizza, che subisce un’esposizione ampia grazie al nostro forno. In questo modo l’evaporazione dell’acqua del pomodoro avviene in maniera agile, lasciando la pizza asciutta”. 

Il profumo dell’origano

Pizza Rossa Antico Forno Roscioli

Una menzione speciale va anche all’origano, che gioca un ruolo fondamentale: da Roscioli non viene messo sopra la pizza ma profuma il pomodoro nelle ventiquattro ore in cui riposa in frigo. Questo per garantire che non vi sia quel retrogusto amaro proprio dell’origano, che grazie a questo procedimento ha il tempo di scaricare i suoi sapori e lasciare intatto il suo gusto. Di solito si tratta di origano proveniente dalla Calabria o dalla Sicilia, anche se, come testimonia Pierluigi: “È difficile tracciarne l’origine, dato che molto spesso proviene dalla Turchia. Anche qui gioca un ruolo fondamentale il nostro rapporto di fiducia con i fornitori”.

La preparazione 

Pizza Rossa Antico Forno Roscioli

La pizza di Roscioli viene impastata e poi lasciata lievitare (la percentuale è di 1 g di lievito madre ogni 1000 g di farina). Questo processo inizia la mattina: mentre sono nel laboratorio, Michele, il fornaio impastatore, sta effettuando le preparazioni per il giorno successivo. Poi passo davanti al forno, dove viene effettivamente preparata la pizza. L’impasto viene lavorato, effettuando piccoli buchi. La pizza viene disposta sulla pala, così da ottenere la forma tipica a “lingua”, per poi passare al condimento, una cascata di salsa di pomodoro che va a cospargere l’impasto. A questo punto è la volto della prima cottura: quando la pizza esce c’è vapore ovunque, per questo viene lasciata “decantare” per alcuni minuti. Quando l’occhio vigile del pizzaiolo decide che è pronta per il secondo round, la pala di pizza torna in forno per ottenere quella croccantezza per cui la conosciamo. Infine, e qui davvero ho una palpitazione, viene spennellata davvero ovunque di olio extravergine d’oliva. Adesso la pala prende il via e viene prontamente spinta tramite una piccola finestra verso il bancone: cerco di inseguirla, ma dopo cinque minuti di orologio è già finita.

Il ritorno dei romani

Pizza Rossa Antico Forno Roscioli

Ormai ci siamo tutti abituati a parlare di un’era pre e post Covid: nel caso di Roscioli, il mancato apporto turistico è evidente nel quantitativo di pizza sfornato ogni giorno, che da 500 kg di farina impastata è passato a 125 kg. Tuttavia, secondo Pierluigi, c’è un aspetto interessante: “In questo momento storico i romani si sono ripresi i loro spazi, che avevano abbandonato un po’ perché diffidenti nei confronti del forte flusso del locale, un po’ perché rispetto al turista il romano non ha la pazienza né di fare la fila né per esempio di telefonare per ordinare il suo pezzo di pizza. Ora che la fila è obbligatoria e che non possiamo servire più di tre persone alla volta, vedo comunque tanti romani che sono disposti ad aspettare 20-25 minuti pur di comprare anche soltanto il pane”.

Quando chiedo a Pierluigi se ci sia qualche aneddoto particolare che mi vuole raccontare o una soddisfazione che vuole condividere con me, non ha un attimo di esitazione: “Quello che ci ha sempre reso orgogliosi è vedere personaggi importanti, attori, politici, che hanno continuato e continuano a venire da noi perché gli hanno detto che la nostra pizza è buona. La gratificazione è sempre grandissima, capisci davvero che grazie al giusto grado di evoluzione rispetto a un mestiere che non ha così bisogno di evolversi sei riuscito realmente a crescere nel tempo”. Ed io, sentendo i magnifici odori che escono da ogni angolo del forno, non posso che concordare con lui.

Antico Forno Roscioli. Via dei Chiavari 34, Roma. Tel. 06 6864045. Sito, Pagina Facebook
Aperto dal lunedì al sabato dalle 8 alle 20, la domenica dalle 8 alle 18