Il grande inganno del sale a Report, il rosa dell’Himalaya è pakistano ed è ruggine

Il grande inganno del sale a Report, il rosa dell’Himalaya è pakistano ed è ruggine. Chi di noi non ha mai comprato un’elegante bustina di sale rosa dell’Himalaya, di sale grigio della Bretagna o qualche altra variopinta varietà salina, sperando di guadagnarne in gusto e soprattutto in salute, alzi la mano. Ebbene, un servizio di Chiara De Luca a Report svela che è praticamente tutta fuffa, un espediente per guadagnare fino a cento volte il prezzo reale del sale. Nulla che non sia già stato scritto da santo Dario Bressanini. Ma qui riferito con interviste e inchiesta sul campo.

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Il servizio, come spesso accade, mette a confronto le diciture sulle confezioni, le interviste ai produttori e i pareri di esperti. Si scopre così che dal punto di vista della salute, non c’è nessun effetto benefico da parte di questi sali “colorati”. Quello rosa dell’himalaya ha quel colore a causa dell’ossido di ferro (“ovvero della ruggine”). Quello nero per l’aggiunta di carbone vegetale. Il “sale viola dell’Himalaia” appena lanciato dalla Cis, Compagnia italiana sale, viene definito “iposodico“. Invece le analisi spiegano che ha il 97 per cento di cloruro di sodio e per definirlo iposodico dovrebbe averne tra il 20 e il 35 per cento. Ma in Italia non c’è un sistema sanzionatorio e si scrive quel che si vuole. Si può scrivere, come fa Erika srl, che il sale è “ricchissimo” di minerali, quando invece contiene meno ferro del sale comune.

Insomma, il fenomeno dei sali colorati è tutto marketing. In Italia, nonostante la grande produzione di sale interna, ne importiamo per 34 milioni di euro. E tra l’altro quel che pensiamo sia sale dell’Himalaya in realtà proviene dalla miniera di Khewra nel Pakistan. Indicazioni ingannevoli, pubblicità pericolosa. Perché il sale fa male, l’Oms invita a ridurlo e a mangiarne al massimo 5 grammi al giorno, mentre leggiamo sulle confezioni di presunti effetti benefici. 

 

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