Che cos’è la birra artigianale? Teo Musso: “Serve un marchio nazionale”

Che cos’è la birra artigianale? Con una prima votazione alla Camera e una seconda al Senato lo scorso luglio il d.d.l. S 1238 B ha finalmente definito le caratteristiche (e i metodi di produzione) che una birra deve rispettare per poter essere definita “artigianale” e differenziarsi dalle colleghe “industriali”:

“Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza e la cui produzione annua non superi i 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di prodotto per conto terzi”.

Ora con l’aiuto di Teo Musso, patron di uno dei più importanti birrifici artigianali italiani, il Baladin di Piozzo (1996), cerchiamo di rispondere alla domanda: che cos’è la birra artigianale?

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Che cos’è la birra artigianale?

Teo, nel mondo esistono centinaia di birre industriali, che ad assaggiarle tutte non basterebbero dieci vite, eppure da una ventina d’anni aumenta sempre più l’attenzione nei confronti delle birre artigianali. Che cosa hanno le birre artigianali che quelle industriali non avranno mai?

“La galassia rappresentata dalla biodiversità delle birre artigianali non ha confini. Il fatto di non essere ricondotte necessariamente ad uno schema ripetuto di sapori e profumi, crea un confine invalicabile rispetto al mondo determinato  – sovente dettato di strategie di marketing –  delle produzioni industriali. La prerogativa di produrre birre vive rafforza questo concetto. Inoltre le produzioni artigianali rappresentano – nella loro espressione più genuina e alta – la diretta espressione del mastro birraio intesa come racconto di sensazioni e di emozioni che a noi piace identificare come “un’estensione dell’anima” o diventano dei veri e propri mezzi per amplificare la voce del birraio nel caso in cui voglia trasmettere dei concetti”.

Oggi la fetta di mercato che le birre artigianali stanno rosicchiando alle grosse multinazionali è in forte espansione: la grande industria corre al riparo o con l’acquisizione dei piccoli birrifici, o con il marketing, puntando anch’essa sul concetto di artigianalità.

“Il consumatore ha dalla sua una forza, una qualità che deve sfruttare: il libero arbitrio. Chi beve birra artigianale segue un pensiero e una ricerca della qualità e del gusto del prodotto che presuppongono un minimo di cultura sul tema. L’ambizione e il grande tema su cui dobbiamo puntare noi artigiani è quello di creare cultura che si trasformi in consapevolezza. E’ difficile contrastare le campagne pubblicitarie delle multinazionali o far comprendere che piccoli birrifici fino a ieri padroni di una certa filosofia, siano entrati in un sistema più grande di loro che si basa quasi esclusivamente sui numeri e le quote di mercato. Dovremo essere bravi e lavorare sodo per cercare di limitare almeno in parte il fenomeno delle birre crafty (birre industriali travestite da artigianali, ndr) o più in generale della confusione mediatica che si sta facendo nel mondo. Non sarà facile. Ai consumatori possiamo suggerire di fare attenzione e di approfondire al momento dell’acquisto”.

Spesso la critica che viene fatta alle birre artigianali è di costare troppo, più di un buon vino. Il paragone birra-vino è tipico della cultura italiana, e vede la seconda come parente povera del primo. Motivo solo culturale o in qualche modo giustificato da più alti costi di produzione, delle materie prime e della loro reperibilità: l’uva matura una volta l’anno, il malto c’è sempre.

“Vino e birra sono due grandi prodotti dell’agricoltura. Il pensiero e l’ambizione che ha guidato Baladin fin dall’inizio è stato di dare una nuova dignità alla birra. Ritengo sia un errore culturale pensare che ci siano differenze, ma chiaramente il nostro è un Paese votato alla cultura del vino. Il prezzo deve essere analizzato tenendo in considerazioni molteplici fattori. Innanzi tutto se lo si scompone, circa un terzo è rappresentato dall’accisa, l’imposta sull’alcol che al contrario, non comporta un costo per il vino. Inoltre le materie prime che vengono utilizzate nelle ricette sono prodotti di qualità superiore sovente acquistate a prezzi elevati. Le quantità prodotte non consentono di pensare a politiche di scala che abbattano i costi fissi o che permettano di ottenere condizioni commerciali particolari per costi variabili come le etichette o il packaging in generale. Proseguo dicendo che è vero che la birra la si può produrre tutto l’anno ma questo di conseguenza comporta costi del personale e costi variabili molto elevati. Infine, ritengo giusto che ci sia un margine sufficiente a dare sostenibilità ai birrifici che, attenzione, non necessariamente vada confuso con la creazione di ricchezza. E’ giusto far presente a chi legge, parlando di prezzo, che se è vero che c’è un gap tra il prezzo di vendita della birra artigianale e quella industriale confezionata, questo si riduce a differenze anche minime quando si parla di prodotto sfuso (alla spina per intenderci)”.

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Arriviamo alla definizione di birra artigianale: dopo un lungo iter legislativo nel luglio scorso il Senato ha approvato il testo di legge che definisce la birra artigianale e ne regolamenta la produzione. Quale è il tuo giudizio riguardo il testo finale? Si poteva fare di più? Ci sono degli aspetti importanti che sono stati trascurati? 

“Sono soddisfatto del testo prodotto e soprattutto del fatto che si sia definita – finalmente – la birra artigianale. Credo che questo rappresenti un punto di partenza e che debba segnare l’inizio di un percorso che punti a rafforzare il concetto del made in Italy in modo tale che si favorisca la consapevolezza da parte dei consumatori stranieri nel comprendere a fondo il nostro modo di concepire questo prodotto:

  • Le birre artigianali sono crude: fondamentale è il concetto unicamente italiano che le birre siano vive! Dobbiamo far comprendere cosa questo comporti in termini qualitativi, di filosofia ma anche di difficoltà di applicazione rispetto a tecniche di produzione che prevedono la pastorizzazione del prodotto.
  • L’indipendenza: il birrificio non deve essere di proprietà di gruppi industriali. E’ fondamentale per la tutela di cui abbiamo parlato prima e per limitare la confusione sul mercato.
  • La produzione ridotta: alcuni Paesi identificano parametri meno restrittivi per definire un birrificio artigianale e questo rischia di penalizzare la produzione Italiana se non si trasferiscono al consumatore i valori condivisi con il legislatore e che hanno guidato alla creazione del testo della legge. Negli Stati Uniti, ad esempio, i limiti di produzione annua (il legislatore italiano indica un massimo di 200.000 ettolitri/anno), sono notevolmente maggiori e questo rischia di falsare a livello internazionale il concetto di “craft beer” trovandoci a competere con birrifici artigianali ben più grandi rispetto ai nostri (i limiti USA sono circa 7.000.000 di ettolitri/anno).

Birra artigianale ancora non vuol dire birra del territorio (100% prodotto italiano, di una specifica zona) non è una DOP né un IGP. In futuro pensi si possa tendere a questo traguardo, come per il vino? E il mercato italiano è pronto a fornire tutte le materie prime necessarie per fare una buona birra del territorio?

“Ritengo che dovremmo ambire a definire a livello nazionale un marchio riconosciuto dal legislatore che identifichi il concetto di “birra artigianale” e che possa essere applicato dai produttori che rispettano le disposizioni di legge in modo tale da far conoscere al consumatore (perlomeno italiano) anche attraverso una comunicazione visiva che esiste distinguo formale tra birra artigianale e industriale. Sul tema della materia prima in Italia vi posso assicurare che si possono coltivare tutte quelle necessarie per produrre una grande birra: Baladin ha creato nel 2011 la “Nazionale“, la prima birra 100% italiana fatta esclusivamente con materie prime prodotte nel nostro Paese. Penso che dovremo lavorare molto per identificare dei marker tipicamente italiani, come hanno fatto negli Stati Uniti, dove hanno selezionato delle varietà di luppolo autoctone con caratteristiche tipicamente “Made in USA” perfettamente riconoscibili. In Italia siamo indietro ma non dobbiamo scoraggiarci. Magari non sarà un luppolo il caratterizzante”.

Teo, lasciaci qualche buon consiglio da mastro birraio su come scegliere una buona birra artigianale.

“E’ facile: esplorare, lasciarsi guidare dalle proprie sensazioni e rivolgersi ai locali specializzati che possano aiutare a farsi una cultura sul tema, e soprattutto studiare. Importanti per un aiuto concreto e facilmente fruibile, sono le guide di comprovata serietà come la Guida alle birre d’Italia pubblicata da Slow Food”.

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Quindi riassumendo, che cos’è la birra artigianale?

  • la birra artigianale non deve essere pastorizzata (cotta), deve quindi rimanere “cruda” (questo implica una produzione limitata e un consumo veloce).
  • La birra artigianale non deve essere microfiltrata: deve cioè mantenere al suo interno tutte quelle sostanze, lieviti compresi, che ne caratterizzano sentore, colore e gusto. Sostanze che normalmente, nelle birre industriali, vengono eliminate per allungarne la vita, perché, anche in bottiglia, continuerebbero a vivere e fermentare, causando, in tempi medio-lunghi, il deterioramento del prodotto.
  • I birrifici che vogliono produrre birra artigianale devono essere “piccoli”, restare cioè sotto i 200mila ettolitri di produzione annua. Devono essere indipendenti dal punto di vista degli impianti e della licenza. Devono insomma essere delle piccole “botteghe” della birra.

E buona birra a tutti.