La Baia, mangiare bene a Fregene

La Baia di Fregene.

Qui la recensione aggiornata al 2019

Nell’elegante e tranquilla veranda della Baia, attovagliati davanti a un gran crudo di mare e a una spigola, tra gli avventori del weekend primaverile è tutto un accapigliarsi su Camusso e Marcegaglia, Ichino e Fassina. “L’avemo fregati“, dice con voce rauca un tizio elegante, con fazzoletto macchiato d’olio che penzola sul blazer. Non è chiaro chi ha fregato chi, ma è evidente che non c’è piacere più grande per il generone romano e il suo contorno di avvocati, deputati e faccendieri, che parlare di politica sotto il sole di Fregene. L’articolo 18 e i “privilegi” dei lavoratori tengono banco sopra una tartare ben irrorata dall’olio della Tuscia. Clienti e discorsi a parti, la Baia si conferma uno dei punti fermi del litorale romano: qualità indiscutibile, eleganza non formale e servizio sorridente. Da provare in questa stagione, prima che venga preso d’assalto da orde di romani in fuga dal caldo estivo.

Siamo al Villaggio dei pescatori dove negli anni ’40 il comune aveva realizzato una colonia ricreativa femminile. Fu una donna nota come “Sora Tuta” (probabilmente non era nota per l’eleganza delle mises) ad aprire un primo chioschetto di legno, negli anni ’60, da cui nacque lo stabilimento balneare la Baia. Il legno è rimasto, l’ambiente è decisamente migliorato, ma fuori non dev’essere cambiato granché. Arrivando ci si imbatte infatti in un viale brullo, desolato, pieno di cantieri e lavori. Del resto, se è vero che Fregene rispetto alla più popolare ed economica Ostia vanta una superiorità, è anche vero, come scrive Fulvio Abbate, che Fregene “ha qualche cosa di ombroso, di cupo, di sinistro, di casuale”.

Ma basta affacciarsi sulla grande spiaggia, seguire le orme sulla sabbia e rivolgere lo sguardo al mare, perché l’atmosfera cambi improvvisamente. I più colti (e anziani) ricorderanno Alberto Sordi che si culla sull’altalena nello Sceicco bianco e guardando in cielo sussurra “Er gabbiano, er caro gabbiano…”.

A riportarci alla realtà, però, ci sono queste straordinarie linguine di Gragnano con ricciola e bottarga (14,5 euro). Un piatto che ti avvolge con la sua ricciola, il più pregiato dei pesci azzurri, coperta da una cascata di polvere d’oro, ovvero le uova di muggine. Simbiosi di sapori perfetti (e piatto abbondante, che non guasta). Poco prima, la stessa ricciola l’avevamo gustata in forma di tartare, condita con pinoli locali tostati (10 euro).

Il menu è ricco e naturalmente indirizzato verso il mare: tra i piatti c’è un crudo misto (20 euro), spaghetti alle vongole (13,5), pescato a 6 euro l’hg, gamberoni con kataifi croccante (22 euro), ostriche Gillardeau (la regina delle ostriche concave, prodotte dalla famiglia Gillardeau, vicino a La Rochelle, nella Francia occidentale, 3,5 euro l’una).

L’articolo 18 è ormai dimenticato, ci si avvia verso il dolce, cullati da un ottimo bicchiere di Etna bianco (5 euro). Il conto alla fine non è leggero ma neanche pesantissimo, considerando la qualità.

 

Bonus: la veranda, la qualità del cibo, la cortesia delle giovani e simpatiche cameriere

Malus: la desolazione esterna di quel tratto di Fregene, il tutto esaurito dei weekend estivi

 

I voti di Puntarella

Cucina: 7+

Ambiente: 7,5

Servizio: 7,5

Ricevuta: regolare

La Baia, via Silvi Marina 1,  Fregene, Tel 06 66561647.