Orgoglio anonimo, Visintin vs Baresani

© Fatto quotidiano / Puntarella Rossa

Che sciocco. Ritenevo non vi fosse altra via che l’anonimato per servire al lettore una cronaca credibile, senza il sospetto (o la certezza) di aver ricevuto un trattamento di favore; senza vincoli (più o meno consapevoli) di riconoscenza o di amicizia; senza il dubbio di aver esercitato (volente o no) un abuso di potere.

Il critico gastronomico che sceglie di viaggiare in incognito è vittima di patologie psichiatriche. Particolarmente gravi nei casi in cui si manifesti una tendenza cronica a pagare il conto come qualsiasi cliente. Ce lo spiega Camilla Baresani (sulle pagine di Sette, il magazine del Corriere della Sera, qui), applaudita a stretto giro da Stefano Bonilli (qui) e da altri luminari del settore mangereccio, intervenuti sul web (Dissapore e Paperogiallo). Dettaglia i sintomi, la soave Baresani. Il critico in incognito, nella sua puntuale analisi clinica, è un individuo solitario e inappetente. Non ha amici disposti a fargli compagnia. Mangia come un uccellino. E, con tutta probabilità, è anche un micragnoso taccagno: “Difficilmente chi paga fa tanti assaggi”. Pervaso da una vena di goliardico sadismo, solletica le corde molli del lettore, attentando allegramente al lavoro del povero chef: “Il recensore terrorista, che lancia la bomba e se ne va, è più divertente da leggere, e i lettori tendono a identificarsi con le sue disavventure”. Incapace di scegliere autonomamente tra le righe del menu, avrebbe necessità di una badante (la stessa Baresani, per esempio): “…può capitargli di inciampare in un piatto eseguito male proprio quel giorno, oppure nell’unica portata velleitaria di un menu”. Sviato, nell’esercizio delle proprie funzioni, dalla mania di metter mano al portafogli, si incarognisce e perde la ragione:
L’anonimato ovviamente prevede che il recensore paghi il conto, il che mette in una disposizione d’animo più tignosa, che non perdona attese o piatti sbagliati”.
In tutti questi anni, avevo maturato la convinzione che per interpretare il ruolo del critico gastronomico non si potesse indossare altro abito, etico e deontologico, all’infuori dell’anonimato.
Che sciocco. Ritenevo non vi fosse altra via per servire al lettore una cronaca credibile, senza il sospetto (o la certezza) di aver ricevuto un trattamento di favore; senza vincoli (più o meno consapevoli) di riconoscenza o di amicizia; senza il dubbio di aver esercitato (volente o no) un abuso di potere.
Sbagliavo. E chissà per quanto tempo ancora avrei camminato solingo sulla mia cattiva strada, se qualcuno non mi avesse aperto gli occhi.
D’ora in avanti, muterò radicalmente il mio contegno. Mi presenterò con nome, cognome, testata e indirizzo di casa (non si sa mai) sin dal primo saluto. Farò quattro chiacchiere affettuose con lo chef di turno perché, come dice la collega con esempio quanto mai calzante: “Spesso si creano amicizie e scambi intellettuali proficui per entrambi, come quello di Contini e Montale”. Mi lascerò guidare dai camerieri o dal maître nella scelta dei piatti, onde evitare storiche gaffe, come accadde a Vittorini con Tomasi di Lampedusa e il suo Gattopardo. Divorerò cento portate, assaporando i vini più costosi. Non dimenticando, tuttavia, di ricusare il conto con gesto benigno, per non esserne influenzato al momento del giudizio.
Mi hanno convinto. Concordo su tutto. E non trovo miglior chiosa di quella che ci elargisce l’illustre passatista Bonilli, il cui stile ricorda sempre più l’Almanacco del giorno dopo. Egli, trattenendosi dal narrare un pur gustoso episodio occorso a un amico garibaldino, trova l’estro per una mirabile epigrafe: “Tutti vogliono sapere se il critico gastronomico paga il pranzo o meno. Se non paga non è un buon critico. In tal caso io non lo sono perché sono stato molte volte nel corso degli anni a pranzo e cena con Veronelli, sempre ospiti… ”.

* Con questo articolo, Valerio M. Visintin, sferzante e valente critico gastronomico del Corriere della Sera, di base a Milano, comincia la sua collaborazione con Puntarella Rossa. Inutile dire che ne siamo orgogliosi e fieri, avendolo sempre seguito e supportato da lontano. Grazie a Valerio e lunga vita ai critici che sanno rifuggire dalle lusinghe del potere, gastronomico o no.

29 Commenti

  1. "Mi presenterò con nome, cognome, testata e indirizzo di casa " – Non scordarti il codice fiscale.
    "i lettori tendono a identificarsi con le sue disavventure"? Sara perche le sue sono pur le nostre?

  2. L'anonimato può anche essere una cosa buona, ma poi bisogna scrivere recensioni affidabili. Non basta l'anonimato per fare una buona recensione.
     

  3. Secondo me la colpa non è dei critici (ognuno con il proprio diritto di interesse), ma dei lettori. Una massa con poca personalità che va dietro a giudizi soggettivi e probabilimente in conflitto d'interesse. Sarebbe necessario, per cambiar
    e il sistema, che il lettore ricercasse maggiori informazioni possibili, solo oggettive, lasciando il giudizio esclusivamente alla propria insostituibile esperienza senza inutili influenze esterne.

  4. a dire il vero io pago il mio conto (a spese mie, non del giornale) e vado in totale anonimato nel 95% dei locali che recensisco, e tra l'altro per le cose che scrivo sono stata più volte querelata. Inoltre non ho mai scritto le frasi che la fervida fantasia del signor Visintin – che forse vuole farsi pubblicità a spese mie – mi attribuisce (quelle dove direi che il critico anonimo è solitario, inappetente, taccagno, ecc.). E' bieco, scorretto, e anche intellettualmente volgare selezionare le frasi che fanno comodo in un articolo dove scrivo anche che chi non paga il conto tende a contraccambiare il piacere del cuoco ospitante e quindi a non essere obiettivo. Penso che un critico debba trovare un equilibrio anche emotivo nelle passioni e negli odi, quello che evidentemente questo signore appassionato di polemiche non trova.

    • Non amo affatto le polemiche, cara Baresani, ma talvolta occorre manifestare le proprie convinzioni con energia, perché i concetti espressi in sordina sono cibo per i cani d’ogni razza e padrone. Il suo testo, per esempio, a me è parso decisamente schierato dalla parte di chi fa il nostro mestiere passeggiando a braccetto con i cuochi d’alto bordo. Ma è possibile che qualcun altro, oltre a lei, vi abbia trovato l’equilibrio che auspica e invoca.
      Se, tuttavia, avesse esordito dichiarando apertamente il suo modus operandi e le buone ragioni per le quali lo persegue, il suo punto di vista sarebbe apparso più schietto e certe affermazioni avrebbero brillato d’altra luce. Lieto d’essermi sbagliato, in ogni caso.
      Detto ciò, non se la prenda se ho trattato alcune delle sue righe con ironia, ponendo in evidenza passaggi che mi suonavano grotteschi e, abbia pazienza, del tutto inaccettabili.
      Suvvia, abbiamo il privilegio di poter comunicare in pubblico quel che ci frulla in mente. Non possiamo pretendere d’essere immuni dal giudizio altrui. Del resto, come vede, c’è sempre modo di ribattere.

      Cordiali saluti dal bieco scorretto e volgare Visintin

  5. Il cavaliere anonimo, senza macchia e senza paura, unico onesto in un mondo di corrotti, è indubbiamente una figura suggestiva …. ma facendo il critico gastronomico può capitare di essere conosciuti e riconosciuti.
    D'altronde i critici musicali vanno in incognito ai concerti? E i critici d'arte?
    Achille Bonito Oliva, per dirne uno, lo conoscono tutti. Ciò lo rende meno autorevole e indipendente?
    L'anonimato è un falso problema, buono come trovata mediatica per far parlare di sè.

    • È un’argomentazione piuttosto debole, caro Tenente Drogo. Film, libri, quadri, sculture sono prodotti finiti, compiuti e indeformabili, quale che sia la platea. Concerti e opere teatrali sono suscettibili di variazioni nella forma e nel rendimento, ma in misura assai marginale. Tutte queste modalità espressive, in ogni caso, sono indirizzate a una collettività. Mentre la ristorazione è, per sua implicità natura, un servizio ad personam. Ed è per questo lapalissiano motivo che il critico gastronomico dovrebbe applicare un supplemento di cautela, a beneficio esclusivo del lettore.

  6. Wowwww, bellissimo, tra questi spazi elettronici una scena di memoria manzoniana dove, avicoli  di vario penname, tra di lor si beccavano. Mi assale il ricordo di aver letto qualche tempo fa di un recensore gastronomico che rilasció il suo responso su un ristorante che ancora doveva avviare la sua attività. Non fu dato sapere se fosse incappucciato o meno. Comunque, al di là dei travisamenti, chi avveduto avventore volesse premunirsi nell'andare in un luogo piuttosto che un'altro, troverebbe molti strumenti conoscitivi , tra recensori, riviste, spontanei critici on line per capire e fare i suoi distinguo. Una preghiera per i recensori gastronomici che, comunque, svgono azione di stimolo e crescita per il settore: anche presso i blasonati c'è bisogno di recensione anche sull'igiene degli alimenti, del locale, della manipolazione dei cibi e della sua conservazione! Certo, nn si puó perquisire la cucina e la dispensa ma, oltre le papille gustative e la prosa descrittiva il recensore sviluppi anche cspacità di buona indagine al di là della porta della cucina.

  7. Credo sia sbagliato voler catalogare l'intera critica gastronomica, nelle sue molteplici funzioni e nel senso più ampio del termine, nell'unico modo possibile, secondo Visintin, ovvero quello dell'anonimato.
    Bonilli e Visintin esercitano il mestiere di critico allo stesso modo? Credo proprio di no, per storia, ruoli, funzioni, che mi appaiono del tutto diversi, perciò ogni critica alla diversità di pensiero mi appare come inutile e fuorviante.
    Per il resto i miei migliori auguri per questo sodalizio, ne ho davvero piacere!
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     

  8. Scusate la domanda off topic, ma questo spazio è moderato? Lo chiedo perché oggi avevo lasciato un commento a questo interessante post e non mi sembrava di aver violato alcuna regola. Grazie, buon lavoro

  9. ho fatto il recensore in passato ed ho visto cambiare totalmente l'atteggiamento del ristoratore nei confronti del critico palesato… io credo che il miglior servizio che si possa fare al futuro e anonimo cliente sia quello di mettersi nelle sue stesse condizioni

  10. Visintin, ho letto le opinioni sue, di bonilli, della baresani e di altri. siccome non mi piacciono le polemiche fine a se stesse, vorrei capire qual e' la bottom line del suo discorso.
    secondo lei, io mi devo fidare di quello che scrive bonilli, oppure sono solo parole al vento? e quando arrivo alla pagina della baresani, ha senso leggero o devo cambiare pagina, tanto non ha valore perche', anche con baffi e parrucca, un qualsiasi ristoratore sarebbe in grado di riconoscerla guardandola negli occhi?

    • La lista dei buoni e dei cattivi sarebbe, quella sì, una provocazione sterile. Ciò che ho scritto qui sopra può non piacere, ma non è altro che una risposta agli interventi apparsi sulla carta e sul web nei giorni scorsi. Quindi, gentile Alezzandro, non chieda a me chi meriti la sua fiducia. Si costruisca un’opinione autonoma. Ma legga con maggiore attenzione e non si faccia sfuggire informazioni preziose: a riconoscere gli occhi verdi della signora Baresani (lo dichiara lei stessa) è solo il 5% dei ristoratori.

  11. se uscissimo dalla solita via Pàl in cui tosto ci schieriamo, e riuscissimo a ragionare in maniera pacata e ragionevole, avanzerei una questione:
    secondo me facciamo confusione su i ruoli del critico. Le funzioni della critica nella società moderna sono molteplici, soprattutto dopo Adorno e Farncoforte, diventa un ruolo fondante della dialettica occidentale. quindi si dovrebbe dividere in almeno due grandi attività, la prima di servizio è quella delle guide o recensori al servizio del pubblico, questa non ha altra strada che quella dell'anonimato e del pagamento del conto come requisito minimo. Solo attraverso il tentativo di raccontare una esperienza il più simile a quella del cliente tipo si riuscirà a svolgere il servizio, ma questo già accade, ho esperienza diretta di almeno due delle principali guide italiane (ci lavoro o ci ho lavorato) e la conservazione e presentazione della ricevuta è requisito comune minimo richiesto ai recensori, certo l'anonimato è spesso una chimera, ma non ricordo una sola volta in cui prenotato con un nome de plume (diverso ogni volta) in cui alla fine non mi abbiano presentato il conto richiesto. Altra storia è il lavoro di racconto e narrazione, diciamo culturale, il lavoro di critica in senso più stretto, il compito di chi scrive di cibo e vino è anche quello di raccontare lo straordinario patrimoni di prodotti e di saperi che caratterizzano il comparto in questo momento, beh questo si può fare bene solo con una conoscenza diretta e personale del lavoro del cuoco, dell'artigiano, del produttore di vino, è chiaro che per ottenere questo l'anonimato non è più garanzia ma solo un limite. Solo da una conoscenza diretta e una condivisione può nascere quello scambio necessario per la crescita e il racconto. Altra cosa, la critica ha pure (storicamente) una funzione di indirizzo, avremmo mai avuto la nouvelle cousine francese senza Gault? Lo scambio con gli enogastronomi è sempre stato parte del processo creativo di crescita della cucina.
    Poi io vedo un altro grande problema, il lavoro dei gastronomi, sin dai tempi di Brilla Savarin è stato un lavoro per pochi e spesso un secondo lavoro, la fioritura di scuole, corsi, università, master e radiolettra ha licenziato un sacco di persone che dovrebbe fare questo, cosa faranno? Come vivranno? 
    Insomma il problema, secondo me, è molto più complicato del solito Guelfi contro Ghibellini ;)
    Ciao A
    Ps auguri per il nuovo sodalizio…

    • Caro Bocchetti, se i compiti fossero separati e distinti come li descrivi, non avrei nulla da ribattere. Purtroppo, allo stato dell’arte i ruoli sono assai più confusi ed equivoci. Del resto, il dibattito scaturito dall’articolo di Camilla Baresani (ancor prima che intervenissi io a Casa Puntarella) ne è la prova lampante.
      P.S.
      Grazie per gli auguri!

  12. Caro Visentin, purtroppo non riesco a farti la risposta diretta, non so perché, ma provo così:
    il problema dunque non è anonimato si o no, ma serietà del recensore!
    Allora se iniziassimo a parlare chiaro e non a suocera perchè nuora intenda non sarebbe male ;) Dunque il problema non è essere ospiti talvolta e essere sodali di cuochi e produttori, il problema è semmai un sistema "gelatinoso" in cui si mischiano i ruoli. La professionalità di un recensore è anche in grado di valutare quella gentilezza in più accordata in virtù di un volto noto, guardare negli altri tavoli e magari irritarsi che mentre a te viene riempito il bicchiere, l'avventore di fronte resta a becco asciutto. Ma questo è proprio di tutti i lavori, pensa quanti danni può fare un chirurgo incompetente…
    cmq sto scrivendo i miei two cents alla causa :D
    ciao A

    • A dir la verità, ero convinto di essermi espresso con la massima chiarezza. Ma cercherò di spiegarmi nella forma più piana e brutale possibile per essere ancora più eplicito.
      1)
      Credi che basti per un critico gastronomico avere la coscienza a posto? Io dico di no. Occorre un rigore etico, che sia anche formale oltre che sostanziale. Perché credibilità e serietà in questo mestiere non si acquisiscono con un’autocertificazione.
      2)
      Ovvio che non sarà sufficiente nemmeno la fedeltà deontologica, se uno è cretino. Ma personalmente preferisco sempre un fesso onesto a un furbo disonesto.
      3)
      Nello spazio che intercorre tra il semplice scrocco e il conflitto di interessi risiede una vasta gamma di comportamenti riprovevoli che fanno della nostra categoria (quella dei critici gastronomici, intendo) una delle più screditate del pianeta giornalistico.
      4)
      Spesso ci si dimentica che il terminale unico del nostro lavoro non sono i cuochi o gli osti, bensì i lettori. L’anonimato del recensore è una garanzia per chi ci legge, oltre che per noi stessi, dato che nessuno è esente da umane debolezze.
      5)
      Un professionista che tratti argomenti gastronomici in modalità divulgativa, astenendosi religiosamente dal redigere recensioni, può ben mostrarsi a volto scoperto. Così come fa qualsiasi altro giornalista.
      6)
      Grazie per gli interventi.

  13. continui a non essere chiaro… e per un moralista, perchè quello sei in senso tecnico, è un problema non da poco ;)
    1) si penso che basti avere la coscienza a posto… i nostri referenti sono i lettori e il mio compito è essere onesto e  avere la coscienza a posto (come dici tu), ai lettori decidere se sono obiettivo e leggermi o comprare le pubblicazioni sulle quali scrivo
    2) la disonestà la trovo sempre e comunque esecrabile, come la stupidità del resto. però entrambe si debbono dimostrare, se no non è denuncia ma maldicenza
    3) la nostra categoria è manchevole per ben altri motivi che non scroccare un pasto… come dissi una volta al vinitaly, non è che io non sia in assoluto corrompibile, ma che lei non può permettersi di corrompermi… Ma davvero pensi che con un pasto offerto paghi una recensione buona, se anche fosse il problema serissimo sarebbe della testata che si vende per due spicci…
    4) come avevo già scritto è chiaro a tutti che il referente ultimo di guide e recensioni è il pubblico, per il semplice fatto che è colui che con il suo atto volitivo ci fa stare in piedi
    5) ecco su questo discordo… Tu paventi una separazione di carriere, tipo pm e magistrati, tra chi scrive recensioni e chi scrive racconti, come dire Veronelli non doveva dare i punteggi… Mi sembra una idea sbagliata e pericolosa, come dire che Franco Quadri non deve scrivere di teatro in generale, visto che fa le recensioni. O che Celant non deve presentare una mostra, visto che fa critica… Mi sembra segno di una sfiducia totale nella professionalità del nostro comparto, e in un altra vita mi hanno insegnato che sulla patologia non si legifera mai ;)
    6) prego
    ciao A

  14. Ps. chi è che decide chi ha e chi non ha rigore etico e quale rigore etico sia rigoroso? Tu? e chi sei, chi ti ha dato questo ruolo? Boh!
    ciao A

    • Mi fa sorridere questa tua ostinata e un po’ goffa sordità, benedetto Bocchetti. Sono due giorni che ripeto e ripeto gli stessi concetti. Anche la falene hanno chiara la mia posizione. a questo punto. E credo si siano scocciate pure loro di queste ripetizioni.

  15. Caro Visentin, non sono sordo, ci ascolto troppo bene ;)
    Cmq se questo è il tuo modo di discutere e argomentare, passo e chiudo…
    con immutata stima e simpatia
    ciao A

  16. Non capisco.
    Non credo che ci sia bisogno del Burka per garantire l'imparzialità. Sono anni che cerco di capire quale sia il ruolo della critica e delle guide. Le devo interpretare come un servizio di cronoca, un approfondimento oppure come un percorso eruditivo (collettivo o individuale che sia).
    La suddivisione intelettualoide dell'opera finita e non mi sembra un poco come un voler fare a tutti i costi le "p.i.p.p.e ai pippistrelli". Non credo che si ottenga altro risultato se non allontanare il lettore.
    Siccome, e questo è abbastanza evidente, il lettore è già piuttosto lontano sarebbe opportuno cercare un momento di concreta coesione piuttosto che intraprendere altre battaglie scissioniste.
    Cordialmente

  17. Non capisco quelli che non capiscono.
    La necessità di una imparzialità di giudizio mi pare così evidente da non trovare quasi argomentazioni contrarie. Se una faccia la conosci, la riconosci, e in questo i ristoratori sono diabolici. L'unica via è non farsi mai conoscere, cioè l'anonimato. Davvero non vedo alternative, non per una recensione libera e al servizio del lettore.
    E non mi si parli, per pietà, di Contini e Montale: questo continuo assimilare i cuochi a degli "artisti" è nauseabondo e miope.
    Ci sono persone, lettori e consumatori che vogliono solo sapere, da persona affidabile, se nel ristorante XY mangeranno bene, pagheranno il giusto e avranno la ricevuta. Ci basta questo, senza disturbare morti eccellenti, Adorno e tagli di Fontana.

  18. Non capisco quale possa essere la necessità di un altro SuperHero un po' Marvil e un po' Dr Jekyll and Mr Hyde.

    Non credo che la calza in nylon 40denari possa dare maggiore credibilità e sopratutto garantire quella tanto anelata imparzialità che appare sempre di più un iraggiungible miraggio.

    Mi fa sorridere l'intervento di Enri perché si danno per assunti tre aspetti
    1) mangare nebe
    2) pagare giusto
    3) avranno la ricevuta
    darei per scontata solo la terza. L'assenza della quale oggi ma anche ieri rappresenta reato.
    La 1) e la 2) sono una summa maxima della relatività che recchiude in se l'eterno dilemma delle guide. Il destinatario finale. Qual'è l'utente che si troverà tra le mani la mia pubblicazione.
    Capisco però di non poter pretendere il dubbio o la ricerca della relatività da uno che non capisce chi non capisce.

  19. Conosco bene e apprezzo il valore dell'aporia, ma ritengo altrettando importante la capacità di schierarsi a favore di qualcosa che ci convince, uscendo per un po' dal guano del relativismo.
    A me convince di più, per credibilità, un critico che si ostina a voler rimanere anonimo, piuttosto di un critico ampiamente fotografato e amico dei cuochi.
    Tant'è che una figura di questo tipo non mi evoca affatto supereroi o personalità scisse, laddove invece ben altri accostamenti sgradevoli mi sorgono spontanei nel caso del critico "protagonista". Se non erro Visintin si definisce "cronista gastronomico", e nel suo caso infatti di cronaca si tratta. Poi questo approccio può piacere o non piacere, a me personalmente piace.
    Sono però lieto di averla fatta sorridere, anch'io sorrido all'idea che lei dia per scontata la ricevuta…

  20. OFF TOPIC: Capito per la prima volta su Puntarella Rossa, vivo da due mesi a Roma. Letto il primo articolo, ho pensato Accidenti! Ecco cosa mi mancava – una bella guida autentica, intelligente, autonoma. Come il Mangiare Milano di Visentin sul Corriere. Ed a guardare meglio, eccola qua… Grazie, Valerio; il mondo in rovina della Gastronomia ha bisogno di persone come Lei.

  21. La Rete non si può imbavagliare, chi lavora onestamente non può e non deve temere ricatti o recensioni o il passaparola negativo. Probabilmente ci sarà uno "squilibrio" da una parte dall'altra soprattutto agli inizi dell'uso di questo nuovo media (siamo italiani no?), però credo che quando internet sarà diffuso e masticato da molti le cose si riequilibreranno e si potranno tirare le somme… Nel frattempo speriamo l'italia diventi un paese civile. Per quanto riguarda i blogger l'anonimato le critiche e la Baresani ecc… Leggete  qui sotto come la nostra "passione" (e critica) viene "recepita" rispedita al mittente con minacce dai ristoratori di una piccola area come il Salento: https://salentomangiare.wordpress.com/2012/09/06/torre-di-merlino-cera-una-volta/#comments
    grazie
    P.s.  su tutte le recensioni negative (che tra l'altro riposto su tripadvisor e su yelp e sono in "linea" con quelle degli utenti) ho ricevuto minacce e/o offese che forse ti portano a livello (in)conscio ad un'autocensura o quanto meno a rivedere la propria linea editoriale… Quanto vorrei il I emendamento…

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