Gloria a Milano, quanto ci piace il bistrot parigino di Melilli

Gloria Milano Pichi menu prezzi

Gloria a Milano, quanto ci piace il bistrot parigino di Melilli. Ci piace sì, lo dichiariamo subito. Perché questa nuova gestione dell’Osteria Gloria (Carmine e Gloria hanno lasciato per stanchezza), che è diventata Gloria tout court è nel segno di un locale dove si vorrebbe tornare almeno una volta alla settimana, per bere un bicchiere di vino, fare due chiacchiere al bancone con i ragazzi, mangiarsi una patata e stare in un’atmosfera che ricorda da vicino quella di un bistrot parigino. Con la differenza che siamo a Milano, in via Pichi, in zona di case occupate (via Gola è dietro l’angolo), e a due passi dai Navigli.

La brigata di Gloria

I nomi dei protagonisti di questa nuova avventura campeggiano sul sito: Rocco, Tommaso, Luca, insieme a un Viva! che dà il segno dell’approccio e dell’atmosfera. Sono tre trentenni colti e laureati in Lettere, al lavoro da anni sulla ristorazione, aiutati da altri tre finanziatori. Il primo, Rocco Galasso, è il sommelier, gentilissimo e competentissimo sommelier, con codino, orecchino e unghie dipinte. Luca Gennati è invece l’altro ragazzo in sala, con aplomb parigino e barbetta al mento, fondatore di progetti artistico e amministratore del gruppo. Entrambi lavoravano insieme all’Enoteca naturale.

Il terzo elemento della squadra  Tommaso Melilli, ben noto ai lettori di Puntarella Rossa. Qui avevamo raccontato del suo bel libro uscito per Einaudi, “I conti con l’oste“. Chef scrittore, che per un po’ si è fatto trascinare dalla bohème parigina, per poi approdare a Milano, dove ha cominciato una collaborazione con Davide Longoni, fornendo una consulenza per l’ottimo Contrada Govinda (ne avevamo parlato qui) Ma qualche tempo fa ha deciso che era il momento di lavorare in proprio, sporcarsi le mani e cominciare una sua attività. La squadra era quella giusta, il format anche.

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Gloria a Milano: gli arredi e l’atmosfera

E allora eccoci da Gloria. Da fuori si presenta come un’animata trattoria di quartiere, con un dehors affollatissimo. Dentro c’è una sola sala con una trentina di coperti, ai tavolini di legno, un tavolone alto dove ci si può sedere in sei e un piccolo bancone da quattro che mette direttamente in contatto con Rocco e Luca che vanno avanti e indietro dalla postazione sulla quale incombono i bicchieri appesi a testa in giù.

La cucina è nascosta dietro, niente concessioni alla modernità un po’ stucchevole della cucina a vista: si intravede solo ogni tanto il Melilli con baffetto e basette che taglia un pomodoro o passa un piatto. Gli arredi sono semplici ma piacevoli, con un tocco di ironia. Sopra un frigo per le bottiglie fredde c’è un quadretto di un Cristo che benedice con il motto “La vastità del cazzo” (che me ne frega, direbbe il celebre haiku). E poi una tappezzeria floreale su un paio di colonne, un berretto appeso a una bottiglia, una pianta che spunta da un’altra, il bancone di zinco grigio che fa molto Francia.

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Gloria a Milano: il menu e i prezzi

Che si mangia, dunque da Gloria? Il menu è semplice fino all’osso. Il giorno in cui siamo andati era composto di una paginetta con quattro antipasti, tre primi, uno speciale e un paio di dolci. Nulla di più. E anche i piatti vivono all’insegna di questa disinvoltura piacevole, che non gioca con la modernità, non gioca con la tradizione, non ammicca alle tapas. Melilli ha spiegato che era stufo di “piattini“, voleva dei piatti veri: “A chi mi chiedeva cosa volessi fare rispondevo: guarda, abbiamo deciso di proporre un nuovo concept, decisamente dirompente, forse anche rivoluzionario, di cui c’è molto bisogno in città: un ristorante normale”. A Identità Golose ha spiegato che la sua cucina, ispirata dalla Francia, vuole essere “qualcosa di molto semplice e diretto nel piatto, cercando una forma di eleganza nella brutalità“.

E allora ecco gli antipasti: salame di Montignoso (9 euro), Frittata e Raspadura (il formaggio di Lodi del caseificio Carena, 6 euro), Patè di fegatini (10). E poi le patate Gloria, che sono una serie di strati di patate tagliate sottili, a mandolina, composte con il burro in una sorta di parallelepipedo e poi fritte. Il risultato è una sorta di timballo geometrico in crosta che dà dipendenza.

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Noi ordiniamo anche gli spaghetti alla tunisina, che ci mettono un po’ di più, causa sovraffollamento. Allora dalla cucina arriva un assaggio di minestrone freddo, graditissimo e ottimo. Melilli scrive anche sul Venerdì di Repubblica (non si può dire che abbia preso il posto di Gianni Mura, che è insostituibile, ma insomma la rubrica ora è sua) e ha parlato del minestrone freddo (ha la parola tatuata sull’avambraccio), alternativa perfetta alle discutibili opzioni moderne delle insalatone, del sushi e del gazpacho. Paolo Monelli, nel suo Ghiottone errante, lo raccontava così: ““Cucina per il tempo estivo. Siamo lungo il placido Naviglio, una sera di un giorno che fu afoso. L’afa ha gonfiato le nuvole sul cielo opaco, levigato l’acque che stanno mettendo in serbo per più tardi l’ultima luce. Sotto il platano enorme è stesa la tovaglia. Ecco il minestrone freddo”.

Arrivano finalmente gli spaghetti alla tunisina. Un piatto casalingo, anche all’apparenza. Normale, direbbe Melilli (ma lui lo dice perché noi ribattiamo: macché normale, è ottimo), non impiattato con il forchettone ma come farebbe nostra madre. Normale, ma di un normale molto buono: sono spaghetti con una salsa leggermente ristretta, spezie e harissa, la salsa piccante del Maghreb.

Tra gli altri piatti ci sono il Savarin di Riso, che è un omaggio a quello storico e glorioso della Trattoria Cantarelli. Poi il ripieno dei tortelli di zucca (senza i tortelli, già mangiato al Govinda). Tra i dolci un tiramisù che perde savoiardi e compostezza e viene fatto con il pane di Davide Longoni.

Il vino naturale di Gloria

Gloria Milano vino samillon

Si mangia, ok, ma si beve soprattutto. Qui ci sono solo vini naturali, con una varietà che include parecchie etichette francesi. Le seleziona Rocco, con grande attenzione e competenza. Noi beviamo un Timorasso macerato di Valli Unite e un bianco molto originale prodotto dai ragazzi di Fra i Monti, nel Frusinate: si chiama Sam-illon. Gioco di parole tra il vitigno francese semillion e Sam, che poi è Caramo, uno dei ragazzi che lavora con loro e che ormai è diventato un esperto vinificatore. L’etichetta con la faccia di Sam è anche un modo per ricordare, e condannare, il caporalato che dilaga nelle vigne.

gloria pichi milano banconeNon c’è nessuna carta e questo può disorientare (e irritare un po’ i feticisti come noi che vogliono leggere, studiare, confrontare, perdersi), ma Rocco è pronto a consigliarvi e a proporvi.

I prezzi? Li avete visti, non sono eccessivamente low cost, ma in linea con la qualità del posto e mai eccessivi. Per dire, non c’è coperto, si pagano pane e acqua a 2 euro.

In definitiva uno dei nostri nuovi locali del cuore. Se non trovate posto sul sito, non vi preoccupate: il bancone non è prenotabile, come alcuni posti fuori, quindi si può sempre tentare.

Gloria a Milano, via Mario Pichi, 5 Tel 02.45474710. Prenotazioni qui
Chiuso a pranzo dal mercoledì al venerdì e chiuso tutta la giornata lunedì e martedì

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