Niente zucchero nel caffè, il politicamente corretto della colazione

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Niente zucchero nel caffè, il politicamente corretto della colazione. Da ragazzo, ricordo che quando andavo in vacanza in Calabria e chiedevo un caffè finivo sempre per litigare. Non perché fosse di cattiva qualità, anzi. Ma perché mi arrivava sempre già zuccherato. Io chiedevo una bustina di zucchero e loro: “C’è già“. E io, come? Ma potrò decidere io quanto zucchero ci voglio e se lo voglio? E loro: “Ma scusa, quando vai al ristorante e prendi la pasta decidi tu quanto sale ci mettono? E quanto zucchero nel tiramisù?”. Io mugugnavo un po’, pensavo che non avevano tutti i torti, ma me ne andavo brontolando contro queste usanze barbare.

Mi è venuta in mente questa storia quando l’altro giorno ho messo piede in uno dei pochi bar aperti per colazione a Milano in questi giorni agostani. Non un posto qualunque, il Nowhere Cafè, un localino molto figo, che abbiamo inserito nella nostra lista dei preferiti e che ci piace sia per l’atmosfera sia per la qualità dei prodotti.

Bene, ci siamo seduti, circondati da una piccola folla di turisti stranieri. Abbiamo ordinato un cinnamon bun e un cannelè e due cappuccini. Che ci hanno portato al tavolo. Niente zucchero. Come al solito, ho pensato, l’hanno dimenticato. Mi sono alzato e sono andato al bancone: scusi, lo zucchero? “Ah no, noi non lo serviamo“. In che senso, ho pensato? Che non lo portate al tavolo l’ho visto, ma mi sono alzato apposta. “Perché”, ho chiesto. “E’ una nostra decisione, non lo serviamo, rovina il gusto“.

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Attonito, son tornato al tavolo. Niente di grave, eh. C’è di peggio nella vita. Poi ho visto che l’avevano scritto anche sulla vetrina. E’ un tratto distintivo del locale. Come in molti caffè specialty, anche qui ci sono, ti segnalano che il gusto del caffè un po’ si perde se lo anneghi nello zucchero. Un po’ come il limone sull’ostrica, come le mostarde sulla degustazione di formaggi.

Bene, nulla da eccepire. E’ possibile che sia così, anzi è probabile. Solo che qui non te lo consigliano, te lo vietano proprio. Ma se io lo volessi, lo zucchero? Non ho insistito ma posso immaginare la reazione ipotetica: ci sono tanti altri bar che lo servono, tutti sostanzialmente, quindi se lo preferisce con lo zucchero, si accomodi. Per un attimo ho pensato: nazichic. Che in questo periodo, vedi Meloni o Jovanotti, va di moda dare del nazi o dell’econazi a qualcuno.

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Troppo, ok. Non scomodiamo paroloni. Ma insomma. E’ come quando nei ristoranti toscani chiedi la bistecca con media cottura e te la portano al sangue: “Noi la serviamo solo così, non ha senso mangiare la carne stracotta”. Possibile che non possa esserci una sana via di mezzo? E’ come se volessi vietarmi di ordinare un Barolo con un filetto di sogliola. Una cazzata, ok, ma perché me la vietate? Basta dirmi, con cortesia: l’abbinamento migliore sarebbe con un bianco o un rosso leggero, fresco, ma naturalmente può fare come crede.

E certo che faccio come credo. E’ un Barolo, poi, lo bevo pure con il gelato. Finché si può, finché campo, mi piacerebbe che gli amici ristoratori non mi imponessero né la cottura della carne, né il vino da bere, né il parmigiano sulla pasta, né lo zucchero nel caffè.

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