Marisa Passera, da Radio Deejay a Masterchef: “Ecco la mia panna cotta futurista”

Marisa Passera da Radio Deejay a Masterchef, e la panna cotta futurista. Come un dessert può interpretare la personalità femminile? La buona scusa per parlarne è alla pasticceria milanese À la Folie (via Statuto, 16), il temporary shop dell’azienda Délifrance che resterà aperto fino al 30 novembre 2017 e dove dieci tipi di donna hanno ispirato i dolci da banco (da 2 a 4 euro) e i quadri esposti alle pareti. Giovedì 9 novembre, alle ore 18 tocca a Marisa Passera, vivace e ironica voce di Radio Deejay, ma soprattutto appassionata di cibo, tanto da partecipare alla prima edizione di Celebrity MasterChef Italia, aprire il food blog Sorelle Passera con la sorella Gigi e creare in radio il personaggio della zia Arizona, “supereroina che cucina come un drago”. Negli spazi di À la Folie, aiutata dal pasticciere Alessandro Servida, volto di La5 , Marisa è stata chiamata a preparare due tartellette ispirate a passionalità e futurismo. Ecco cosa ci ha raccontato sui suoi indirizzi milanesi preferiti (decisamente vintage), i giudici di MasterChef e il mondo dei foodblogger.

Marisa Passera, com’è una tartelletta passionale? 
“Per me la passionalità, molto lontana dalla seduzione, è innata essendo una persona morbida, sia fisicamente che di carattere. Può essere impercettibile ed evidente, allo stesso tempo. Comprende più elementi. Per questo ho deciso di aggiungere più ingredienti, normalmente separati. Ne è uscita una panna cotta, una dei pochi dolci che so fare, con calcoli trigonometrici molto complessi (ride), servita con salsa di frutta e caramello. Premessa: ero molto preoccupata perché la pasticceria è precisione e rigore, che su di me funziona come la kryptonite. L’unico mio contatto con i pasticcieri è stato con Iginio Massari a MasterChef e ancora me lo sogno di notte, come succede con l’esame di latino a scuola!”


Da laureata in storia dell’arte dovresti saperne un po’. Com’è invece una tartelletta futurista?
“Per me è farcita con una ganache al cioccolato bianco, menta, lime e ananas. Il futurismo auspicava la nascita di un cibo formato da bocconi simultanei, in cui potevi percepire più sapori. Come se ogni boccone fosse una specie di viaggio, o in un ricordo o in un’avventura completamente nuova. Da qui ho abbinato gusti che stanno molto bene. Non ho osato come i futuristi che, aderendo alla prima avanguardia italiana, volevano modificare il mondo in ogni ambito possibile e quindi hanno fatto anche il manifesto della cucina futurista, applicandosi in cose orrende e memorabili. Quella più comica? Il futurismo cercò di abolire la pastasciutta, perché considerata passatista e pesante”.

Essendo amante del cibo, hai dei trucchi per mangiare e stare comunque in forma?
“Non esistono, infatti non sono per niente in forma, non mi si chiudono i cappotti. Ci sono delle privazioni, anche emotive: penso ai miei amici a dieta che devono rinunciare ai carboidrati e mi scendono delle lacrime di commozione. Non sono in grado di dare questo peso alla mia vita, per cui posso dare un po’ più di peso a me. Sono sovrappeso e sono tranquilla e non potrei fare altrimenti. Amo così tanto il cibo che la privazione mi provoca una tale tristezza che poi devo mangiare il doppio”.

Le tue pasticcerie preferite a Milano?
“I miei indirizzi sono classici: la pasticceria Sissi in piazza Risorgimento, in cui mio marito, all’inizio della nostra relazione, come prova d’amore, andava, attraversando la città, per prendermi i bignè alla crema chantilly. La pasticceria Cucchi è nel mio cuore, per essere rimasta immobile ai tempi di mia nonna e mia mamma e per l’aperitivo retrò, non come gli altri aperitivi in città, che mi fanno girare la testa e non hanno mai nulla di veramente buono. Dico poi Pavè e Panarello per i suoi cannoncini alla crema, i più buoni di tutti di Milano. E poi? Pasticceria Marchesi, sia l’indirizzo storico (in via Santa Maria alla Porta) che in Galleria, più chic. Vado anche alla pasticceria San Gregorio, che è l’unica che ha il panettone tutto l’anno e per questo vorrei ringraziarli pubblicamente”.

Il blog “Sorelle Passera”, aperto nel 2014 con tua sorella Gigi, ha come sottotitolo generi di conforto. Il tuo comfort food quando sei giù o su?
“La nostra è una cucina affettuosa, fatta di ricordi oltre che di piacere. Amo le acciughe, il primo cibo che ho imparato a mangiare. A casa erano terrorizzati perché non mangiavo nulla. Oggi, se in un cibo c’è l’acciuga mi piace. E poi il vitello tonnato, per consistenza e cremosità, è il mio cibo della memoria preferito. Dove lo trovo? A Milano, da Trippa o nelle Langhe, in qualsiasi osteria o da Maurilio (Garola), cuoco di La Ciau del Tornavento (ristorante in provincia di Cuneo, con una stella Michelin)”.

Cucini molto, spesso con la musica della Motown in sottofondo e hai partecipato a MasterChef, versione vip. Ci dici come sono i giudici dietro le quinte?
“Cracco non c’era, ma siamo amici. Antonino Cannavacciuolo, con cui si è creata una bella sintonia, rispecchia una cucina amorosa con sapori che sai riconoscere, il mio ideale e poi è una persona seria con un rigore pazzesco, ma con cuore. Vederlo commuoversi davanti ad alcuni miei piatti è stato come vincere. Bastianich? La sua cucina è cosmopolita, lui è il più duro tra tutti, con cui è difficile entrare in sintonia. Barbieri? E’ buonissimo, ma è troppo complesso, anche quando ti vuole aiutare ti mette in difficoltà. Era l’unico che cercava di darti dei consigli, che non capivi, ma cercava di darteli”.

Cosa ne pensi del mondo foodblogger, spesso criticato, puntando il dito verso influencer, pubblicità sottoforma di marchetta, sponsorizzazioni?
“Collaboro personalmente con brand che mi piacciono. Credo che qualsiasi cosa possa essere comunicata, però con molta naturalezza e con onestà. Io sono un’appassionata che ha un seguito più che una blogger, ma credo che le persone che criticano  i foodblogger non si rendano conto che la passione può diventare un lavoro. Non ci trovo nulla di male che venga retribuito e che si scriva di prodotti in cui si crede. C’è posto per tutti, ognuno ha il suo stile. Ovviamente ci sono i giornalisti di settore, che fanno informazione e poi i foodblogger. Chiara Maci era già competente ed ha acquisito autorevolezza nel tempo facendo benissimo il suo lavoro. Più che nel cibo forse il fenomeno è da indagare nella moda, dove i guadagni sono più importanti”.

Intanto, sul tuo cellulare è arrivata la notifica che devi andare in radio. Quando sei in onda mangi?
“Sì, mangio sempre, ma non si potrebbe, perché la strumentazione è delicatissima. Devi stare attento e poi come un passerotto raccogliere le briciole. Sai, quando arrivano gli ascoltatori in radio è un po’ Natale: ci portano i dolci tipici della loro regione, ma Linus non può dire niente, perché anche a lui portano tante cose e spesso mi mangio anche le sue, che sono più sostanziose”.