Bistrot 64, Retrobottega, Assaggia, Sant’Alberto, Trattoria Pennestri: Er Murena in punta di forcone

 Bistrot 64, Retrobottega, Assaggia, Sant’Alberto, Trattoria Pennestri: Er Murena in punta di forcone:

Trattoria Pennestri

pennestriDitemi una trattoria di qualità, che non abusi della credulità popolare con tovagliati quadrettati e cazzate simil tipico o tradizionali. Ditemi una trattoria di qualità con prezzi onesti e un servizio non gratuitamente spiritoso e una cucina che non abbia solo le quattro ave maria della romanità (carbonara, cacio e pepe, amatriciana e gricia) e vi solleverò il mondo. Non sento nulla. Ok, non c’è. O se c’è, non me la ricordo. E la nuova Pennestri? Buona cucina, prezzi onesti, servizio accurato. E il solito difetto dei posti che aprono, che ci ricordano che siamo a Roma (ahinoi): l’inquinamento acustico. Ci vorrebbe una delibera comunale: chi decide di aprire un locale medio grande deve obbligatoriamente dotarsi di pannelli fonoassorbenti, che consentano di litigare serenamente senza assordare i vicini e che facciano tornare a casa meno rintronati del solito (vino a parte).

Assaggia

assaggia

Per chi, come noi, rimpiange le mezze porzioni, gli assaggi di Assaggia sono un’ottima idea. E con queste premesse ci siamo seduti, ammirati dalla bellezza del locale, elegante ma non troppo, e della responsabile di sala (già da Pierluigi) affascinante, e anche lei elegante ma non troppo. Detto questo, tre cose che non funzionano (dette, anche allo chef, perché migliorino, non per una stroncatura fighetta): la musichetta di sottofondo, svenevole; i ricarichi dei vini, sconsiderati (amici, ma davvero fate? un Latour a Civitella che vi costa 15 euro lo mettete a 45?); la cottura della carbonara (ok, la fate come la nonna, ma a parte che la nonna non sapeva fare la carbonara, se è intenzionale l’uovo frittatato è peggio: non è un errore, è un crimine). Detto questo, in bocca al lupo. Liberatevi dai formalismi, dalle incongruità, dai braccini corti e dateci una cucina coraggiosa, una sala non ingessata, un ricarico onesto e torneremo felici.

Sant’Alberto

sant'alberto

Gli amici der Pigneto mi dicevano: “A Er Murè, ma che sei pazzo? Magnà da Primo, che una pasta te costa 15 euro?”. Plastica rappresentazione dell’importanza del contesto. Se apri un ristorante di qualità a Prati, un primo a 12-15 euro non te lo contesta nessuno. Se lo apri al Pigneto, sei segnato a vista. Primo, pace all’anima sua, ha chiuso ed è un peccato. Perché era un buon ristorante e perché ci ha provato, a risollevare la qualità di un quartiere allo sbando. Ora arriva Sant’Alberto. Eh. Il contesto. Roberto Liorni, mitico architetto, gli ha dato un rinfrescata, i proprietari di Porto Fluviale ne hanno fatto una pizzeria gourmet. Prezzi in linea (7 -8 euro), ma siamo sicuri che tutte le pippe su lievitazione, cornicione e dintorni siano pane per i denti del Pigneto? Il clima è freddo, non c’è alternativa, o quasi, alla pizza, in versione romana e napoletana. Il tutto è ammantato da un’aura un po’ pretenziosa (la liquoreria), che andrebbe benissimo a Monti, ma al Pigneto forse no. Forse gli amici del Sant’Alberto dovrebbero guardare all’Osteria Bonelli, sporcare la loro bella creaturina un po’ algida e sporcarsi le mani di farina. Insomma Albè, ci rivediamo tra un po’ e facciamo il punto.

Bistrot 64

bistrot 64

E’ lo stellato forse più economico d’Italia. Evviva. Quaranta euro per cinque piatti scelti dallo chef, il giapponese Kotaro Noda. O 50 se li scegli tu. Bell’idea. Bella realizzazione. ricette molto creative, molto azzardate, alcune ben eseguite altre che lasciano perplessi (i dolci e, in particolare, il “Trasparente“). Koda ha preso ispirazione dalla bistronomie parigina e prova a creare un clima meno formale degli altri stellati e dintorni. Ci riesce? Sì e no. Il clima resta ingessato, nonostante la gentilezza e la disinvoltura del personale: troppo minimalista, troppo spazio. Cosa dobbiamo fare per avere una cucina di gran qualità, stellata o meno, in un ambiente davvero informale, vivace, vitale, divertente, dove non ti senti in imbarazzo a parlare e dove non ti senti un baccalà in un freezer?

Retrobottega

mazzo

Forse, per raggiungere gli obiettivi di cui sopra, dobbiamo andare da Retrobottega. Che è un po’ il benchmark (vabbè) dei ristoranti ultra gourmet in ambiente informale (vedi anche alla voce Mazzo). E insomma, tornare da Retrobottega è un gran piacere. Non solo, appunto, perché si sta bene, ma anche perché basta leggere il menu per capire di che stiamo parlando. Qui si lavora con materie prime originali ed eccezionali, si fa andare il cervello e la fantasia e il risultato è sempre oltre le aspettative. E i vini? All’inizio hanno sbattuto la testa sui vini naturali, a cui non erano preparati loro, figuriamoci i clienti. Poi, dopo un assestamento, hanno creato una gran carta, con molti naturali e molta scelta. Insomma, chapeau a Retrobottega. Che dall’anno prossimo si ingrandisce, allargando non tanto i coperti ma lo spazio al bancone