Claudio Liu di Iyo Experience Milano, non solo stelle Michelin: “Ho capito la potenzialità del delivery”

Claudio Liu di Iyo Experience Milano, intervista. Ho avuto il piacere di intervistare Claudio Liu, patron del gruppo Iyo che conta quattro insegne e ben due stelle Michelin. Anche se solo virtualmente, in questo periodo di semi-lockdown ho potuto ascoltare in prima persona la storia dell’imprenditore che per primo si è guadagnato la prima stella Michelin per un ristorante non italiano, in Italia.

Può sembrare strano ma è così: in Italia non c’erano ristoranti stellati di cucina “etnica”. Anche se, in questo caso, è limitante parlare di cucina “etnica”: Iyo era un ristorante giapponese dall’impronta contemporanea, oggi è la firma di una cucina internazionale, che travalica i confini delle appartenenze territoriali, che coniuga rigore orientale, visione innovativa e un approccio creativo alla gastronomia, ricerca dell’eccellenza del bello e del buono tipico della tradizione italiana.

Aperto nel 2007 da un Claudio giovanissimo, ventiquattrenne, è diventato ben presto un’istituzione della ristorazione meneghina incontrando i palati dei visitatori internazionali ma soprattutto dei milanesi, sdoganando la cucina giapponese che è diventata nel corso degli anni a tutti gli effetti patrimonio della gastronomia di Milano. Ora il gruppo Iyo conta quattro insegne: Iyo Experience, protagonista della prima stella Michelin, Aalto part of Iyo che ha guadagnato la seconda stella nel 2020, il sushi banco IYO Omakase e Aji, il delivery di sushi di alta qualità.

Claudio Liu al centro, insieme ai suoi soci di Aji

Come è nata la passione per il Giappone, per un ragazzo nato in Cina e cresciuto in Italia? 

“Sono nato in Cina e da giovanissimo mi sono trasferito in Italia, nello specifico in Emilia, a Correggio. Nel 2003 sono venuto a Milano dove la mia famiglia aprì un ristorante. Lavoravo lì all’inizio, poi nel 2007 mi sono confrontato da solo con il mercato della ristorazione milanese. La mia generazione era quella appassionata dei Manga e io avevo già un debole per il Giappone: era il futuro, l’aspirazione. Sul lavoro ho collaborato con molti giapponesi e amato subito il loro metodo di lavoro: perfezionista, scrupoloso, attento ai dettagli, dove nulla è lasciato al caso e c’è sempre un perché di ogni cosa. Ho aperto il mio ristorante giapponese. All’inizio era molto diverso da come è ora: molto informale, servivamo in polo e scarpe da ginnastica. L’ambiente era amichevole e familiare, e i clienti ci hanno amato anche per questo. Da 40 posti a sedere nel 2011 abbiamo triplicato gli spazi e raddoppiato i coperti. Abbiamo iniziato a investire più budget nella ricerca e nel design, nella cura dell’estetica e nella presentazione. E i risultati sono arrivati”.

Iyo Experience

Come hai reagito alla prima stella Michelin assegnata a Iyo Experience?

“La prima stella è stata una prova che i miracoli esistono! All’inizio pensavo fosse uno scherzo, sai era il 2014 e in quegli anni andavano molto di moda Le Iene, Scherzi a Parte e via dicendo. Sapevo che il giorno prima di assegnare una Stella Michelin ci fosse la tradizione tra i critici di cenare presso il ristorante, e di fare l’annuncio di persona. Quando mi hanno detto “Claudio, hai capito cosa sta succedendo? Sei stato premiato con la Stella Michelin” ho dovuto chiedere più volte di ripetere perché non ci credevo. Non ci aspetavamo che Michelin potesse assegnare una stella a un ristorante non del territorio, ma è successo. Ed è stato un onore, ma ciò che mi ha reso ancora più felice sono stati gli innumerevoli biglietti di auguri e le congratulazioni sincere che abbiamo ricevuto dai nostri affezionatissimi clienti. Questa è stata la mia soddisfazione più grande“.

La sala di Iyo Experience

Quanto è importante l’innovazione nel mondo della ristorazione? 

“È la parte fondamentale, se si vuole crescere si deve andare alla ricerca di cose nuove, porsi nuove domande, essere curiosi ed esaudire curiosità. I miei innumerevoli viaggi partono da questa necessità. Sono riuscito a vedere la potenzialità del delivery viaggiando spesso all’estero dove la consegna a casa della cena pronta è parte quotidiana e sdoganata dalla mia generazione, e se ne fa uso frequentemente, per necessità ma anche in compagnia, per provare tante cose diverse. È un’esperienza. Questo quello che volevo trasmette con Aji, aperto nel 2018. Non poche fatiche perché si tratta di un mestiere completamente nuovo”.

Quindi il 2020, con le chiusure, è stato un importante banco di prova per voi.

“Nel 2019 avevamo già raggiunto ottimi risultati ed è stato un notevole aiuto nel 2020, dove abbiamo chiuso e riaperto con limitazioni importanti. Quindi abbiamo investito tantissimo nella parte produttiva con una cucina che definisco “sartoriale” realizzata da un’azienda italiana. Lo stesso proprietario di questa nota marca di cucine mi chiese se ero sicuro di fare un investimento così importante nel mondo del take away. Ma io ci credevo: Milano era la città giusta“.

Quali sono le caratteristiche di questa cucina?

“È piccola, quindi le tempistiche del delivery non sono dettate dalle distanze ma dalla lavorazione del prodotto. Devi introdurre un flusso di evasione degli ordini, creare una sorta di catena lavorativa. E poi ci sono i nostri punti di forza: un’altissima qualità anche a casa, quindi piatti pensati per il delivery che devono essere conservati al meglio, e dei dettagli che fanno la differenza. Abbiamo solo riders assunti con contratto che si muovono su veicoli elettrici, ragazzi formati per rispondere a domande del cliente, dalla conservazione alla presentazione all’impiattamento del prodotto. Il packaging è sostenibile, di materiali compostabili, avvolti da pellicola antibatterica. Per la salsa di soia il contenitore è in plastica ma sarà presto sostituita dal vetro. È un progetto ancora in crescita, è la nostra start up e la lavorazione è continua”.

Aji Delivery

Come trovi un equilibrio tra la proposta di ricette internazionali e la necessità sempre più ricercata dal cliente del chilometro zero?

“Ciò che comanda è la stagione: fortunatamente Asia e Giappone del Nord hanno quattro stagioni, come l’Italia, quindi anche il pescato è di stagione perché siamo sulla stessa latitudine. Quindi nella creazione del menu si parte dal piatto finito e si fanno passi indietro per ricomporre la ricetta, cercando la materia prima dal luogo dove realmente e storicamente proviene. I prodotti locali sono facili da reperire, quando si necessitano componenti che però in Italia non ci sono allora in quel caso siamo costretti a importarli dal Giappone. Il mondo è grande ma ormai è tutto vicino: in 48 ore possiamo avere quello che di cui abbiamo bisogno sulla tavola”.

Iyo Experience

Come pensi che potrà evolvere ancora il gruppo Iyo? 

“Prima del lockdown avevo diecimila idee in testa, ma questo periodo e quello che stiamo vivendo mi ha fatto capire che non devo sottovalutare il tempo che ho a disposizione. Abbiamo aperto tre brand negli ultimi tre anni, da qui al prossimo anno non vogliono mettere altra carne sul fuoco: è il momento di consolidare, di fare le cose bene e di farle evolvere. È il momento di apprezzare ciò che già abbiamo“.

Iyo Experience. Via Piero della Francesca 74, Milano. Tel. 02 45476898. Sito Web. Pagina FB.

Aji. Via Piero della Francesca 17, Milano. Tel. 02 2506 1889. Sito Web. Pagina FB.

Aalto Part of Iyo. Piazza Alvar Aalto, Milano. Tel. 02 25062888. Sito Web. Pagina FB.

Iyo Omakase. Piazza Alvar Aalto, Viale della Liberazione 15, Milano. Tel. 02 25062828. Sito Web. Pagina FB.