Enoteche e divieto di asporto dopo le 18: “Noi discriminati, così il vino si compra al supermercato”

Enoteche e divieto di asporto dopo le 18. Senza dubbio uno dei settori più falcidiati dalla pandemia è quello della ristorazione. Ma all’interno di questo mondo di cibo e bevande, ci sono differenti realtà, colpite in modo diverso dai vari decreti. L’ultimo del 14 gennaio, con bieca cecità, non fa alcuna distinzione tra le varie realtà commerciali e paragona le enoteche ai bar, favorendo ancora una volta i giganti della grande distribuzione. Così le enoteche, fieri baluardi della cultura enologica che svolgono un importante ruolo di narrazione vinicola al cliente, sono costrette di fatto a chiudere alle 18. Da quest’ora, infatti, è vietato l’asporto, che nei precedenti decreti era invece previsto fino alle 21. In questo modo, chi ha un orario di lavoro canonico si trova impossibilitato ad acquistare vino e altre bevande in enoteca ed è costretto a ripiegare sulla gdo. Abbiamo raccolto i pareri di alcuni esponenti del settore a Roma.

Andrea Porta – Fafiuché

La situazione nel Lazio si è doppiamente aggravata con l’entrata in vigore della zona arancione. E anche realtà affermate come Fafiuché sono messe in ginocchio. Il tempio del bere bene made in Piemonte a Monti ha, di fatto, sospeso la sua attività, come ci racconta Andrea Porta: “Abbiamo sempre lavorato soprattutto la sera, poi ci siamo adattati alle disposizioni governative, rimanendo aperti fino alle 18 e concentrandoci sul pranzo, ora neanche quello”. Una situazione difficile da accettare visto che, a differenza del primo lockdown, ora praticamente tutti gli esercizi commerciali lavorano a pieno regime. “Gli unici che non lavorano sono le palestre e i ristoranti, questa è la cosa folle. La vera tragedia è quella di non poter fare neanche più il pranzo in un momento in cui tutti lavorano. Di fatto adesso siamo chiusi completamente, ci limitiamo a fare qualche consegna in zona”.

Flaviano Pizzoli – Enoteca L’Antidoto

Enoteca L'Antidoto Roma

Da Monti a Trastevere, le difficoltà dei ragazzi dell’Antidoto sono le stesse, come ci spiega Flaviano Pizzoli, titolare dell’enoteca di vini naturali aperta solo un paio di mesi fa. “Quando abbiamo aperto ero consapevole che saremmo andati incontro a una cosa simile. Ci siamo organizzati per affrontare questo momento aspettando tempi migliori. Abbiamo impostato l’orario di chiusura alle 18 già prima del decreto, in questo modo abbiamo abituato i clienti, che ci chiedono i listini e ricevono il vino il giorno dopo. Paragonarci ai bar non è una soluzione intelligente, la fruizione di un’enoteca è molto più limitata. Ma paradossalmente un cliente può comunque comprare una bottiglia di vino da noi prima delle 18, rimediare dei bicchieri di plastica e mettersi a bere per strada”.

Vincenzo Caruso – Vigneto

Ancora una volta si assiste a uno scollamento tra la classe politica e la realtà, manca qualcuno all’interno del governo che abbia cognizione di causa del settore”. Rammarico e incredulità anche nelle parole di Vincenzo Caruso, proprietario di Vigneto a piazza dei Condottieri. Ma è mancata comprensione delle varie realtà nel mondo della somministrazione anche nel momento dei ristori. “Non siamo rientrati nel bando della Regione Lazio per il rimborso di generi alimentari regionali (tra cui anche il vino) perché non avevamo la cucina. Quindi a differenza dei ristoranti, noi e le gastronomie non abbiamo potuto usufruire di questo aiuto. Siamo arrivati alla situazione paradossale in cui dopo le 18 il cliente viene a scegliersi il vino e poi noi glielo portiamo a casa, mentre il supermercato affianco vende birre fresche pronte per essere bevute”.

Daniele Olivetti – DeGusto

DeGusto Roma

C’è chi sottolinea poi l’ennesima discriminazione ai danni delle piccole realtà, che invece favorisce la gdo. Come Daniele Olivetti di DeGusto, enoteca di San Paolo che tratta soprattutto vini naturali. “È una decisione folle perché si permette di comprare il vino al supermercato o presso il vicino Eataly, ma non in enoteca. Per quale motivo? In locali come i nostri si evitano anche meglio gli assembramenti, facendo entrare una persona alla volta. Siamo stati già penalizzati con la somministrazione, vorremmo fare almeno l’asporto fino alle 21. La speranza è di tornare in zona gialla il prima possibile, anche perché oramai riusciamo a lavorare decentemente solo il sabato mattina”.

Insomma, se sembra improbabile che la classe politica si ravveda, non resta che sperare in un prossimo ritorno in zona gialla per il bene di appassionati e di piccole realtà che perseguono quotidianamente qualità e diffusione della cultura vinicola.