Chiusi per Covid La Zanzara e Baccano Roma: “Se dovessimo restare chiusi fino a gennaio, perderemmo 5 milioni di euro di fatturato”

Baccano Roma

Chiusi per Covid La Zanzara e Baccano Roma: “Se dovessimo restare chiusi fino a gennaio, perderemmo 5 milioni di euro di fatturato”. Era la sera del 2 novembre quando le pagine social di Baccano e La Zanzara annunciavano la chiusura dei due locali, due nomi noti della ristorazione romana. Baccano è il bistrot di via delle Muratte, tra Fontana di Trevi e via del Corso, pieno centro storico; La Zanzara, locale polivalente da sempre aperto dalla colazione alla cena, si trova invece a Prati.

Una chiusura che fa rumore, quindi, ma che si rende necessaria, obbligata, anche a fronte di perdite pesantissime. Ce lo spiega Fabio Casamassima, general manager dei due bistrot di proprietà di Izhak Nemni, che dà voce non solo alla pesante crisi che investe il settore della ristorazione, ma anche al futuro e alla necessità di adattarsi e reinventarsi in un mondo che la pandemia ha ormai cambiato.

[facebook url=”https://www.facebook.com/RistoranteLaZanzara/photos/a.799091083441573/4025833120767337/”]

Da cosa deriva la decisione di chiudere Baccano e La Zanzara? Cosa c’è dietro questa scelta?

“Dopo le limitazioni del Dpcm (del 24 ottobre, ndi) e l’obbligo di chiudere alle 18 abbiamo provato a restare aperti per una settimana per verificare quali fossero i risvolti. Alla fine abbiamo dovuto chiudere. La scelta deriva da due motivi. Il primo è di natura economica: i costi di gestione di due aziende così sono ingenti. Il secondo motivo, che è un aspetto fondamentale, è la salute di tutti, collaboratori e clienti. Non è facile lavorare davanti al josper, oppure in cucina, con la mascherina. Non ci sono neanche più i presupposti per la convivialità, l’accoglienza, la rilassatezza, e se non c’è più quello spirito, allora diventa tutto complicato: ci deve essere la serenità di poter lavorare. Noi ci abbiamo provato, siamo stati i primi a chiudere con la prima ondata e gli ultimi ad aprire. Abbiamo sopportato delle perdite, siamo ripartiti. Ma con l’obbligo di chiudere alle 18, abbiamo dovuto prendere questa decisione”.

Chiudere è stata quindi una necessità. Non un atto di protesta.

“No, non c’è assolutamente un intento di protesta. Le dimensioni delle nostre aziende sono enormi, e così anche costi di affitto, canone di manutenzione, consumi di energia elettrica, acqua, gas… Prima del primo lockdown avevamo 108 dipendenti, e adesso siamo in cassa integrazione tutti, me compreso. Mentre il piccolo ristorante o l’azienda a conduzione familiare in qualche modo può anche barcamenarsi, noi, purtroppo, non lo possiamo fare. I costi di struttura sono elevatissimi, quindi è impossibile. Se dovessimo restare chiusi fino al 31 dicembre le perdite di fatturato di Baccano e La Zanzara per il 2020 ammonterebbero a 5 milioni di euro”.

State progettando modalità alternative di essere presenti? Molte realtà stanno puntando sul delivery o sull’asporto.

“No, questo non lo abbiamo mai fatto. Il delivery lo abbiamo sempre escluso. Ci dispiacerebbe ridurre la nostra cucina, con le nostre proposte (con le ostriche, il foie gras, la gastronomia…) ai soli cibi d’asporto. Non ci va di svilire i nostri piatti o ridurre la proposta a pizze e hamburger”.

Il Consiglio dei ministri ha appena approvato il terzo decreto ristori. Fin qui com’è andata?

Poca roba, piccoli contributi. Il primo c’è stato, il secondo non è ancora arrivato. Diciamo che sono stati dei contributi accettabili, ma a fronte di una perdita così pesante si tratta di piccoli aiuti. Sono aiuti proporzionali al fatturato, ma bisognerebbe anche considerare quante tasse ha pagato un’azienda nel 2019”.

Quale spinta servirebbe per dare un nuovo impulso al settore quando sarà possibile ripartire?

“Secondo me siamo noi operatori del settore a doverci rimboccare le maniche per andare avanti e proporre cose sempre nuove. Come possiamo pretendere che lo Stato possa aiutarci? Certo, è ovvio che il contributo economico è importante, ma oltre a quello non credo che qualcuno possa dirci come fare il nostro mestiere.

Siamo noi che dobbiamo vivere questo momento come una grande svolta. Vede, io mi occupo di vino, ma sono anche il manager. Credo che il fondamento del futuro debba essere una massima attenzione alle aziende. Imparare a trattare con la stessa dignità ricavi e costi mettendoli sullo stesso piano, conoscendoli fino in fondo. Cercare di avere una gestione aziendale sempre accorta.

Vengo dal mondo della formazione e la reputo da sempre fondamentale per i nostri dipendenti. In questi giorni, ad esempio, i nostri barman stanno tenendo corsi di formazione sui cocktail e sugli alcolici. Io, invece, sto finendo di preparare un corso online sul vino. Queste sono cose importanti. Bisogna pensare ai nostri ragazzi. Ecco, bisognerebbe pensare a essere sempre più vicini. Il Covid ci ha allontanato, e io sono certo che la chiave sia quella di avvicinarci: la sala con la cucina, l’imprenditore con il dipendente. Perché questa è come una guerra, più di una guerra, e dopo una guerra bisogna ricostruire insieme”.

Una crisi pesantissima, eppure il suo ottimismo dà speranza.

“Abbiamo perso milioni di fatturato, non è che io sia molto sereno. Però sappiamo anche che c’è un futuro da reinventare. E non si tratta soltanto del nuovo piatto, o del nuovo menu da studiare. Sarà pure quello. Ma sarà anche più vicinanza con i dipendenti, formandoli, cercando di avere un rapporto più stretto. Io dico sempre che c’è bisogno di un triangolo: alla base c’è la soddisfazione degli ospiti e agli altri due lati la soddisfazione della proprietà e la soddisfazione dei collaboratori. Se questo triangolo funziona, funziona il progetto. Se viene a mancare un solo presupposto, il triangolo con c’è più. Il futuro sarà investito da un profondo cambiamento. Il pranzo, ad esempio, sarà un momento molto più spento, perché lo smartworking, Covid o no, rimarrà nelle nostre vite. Le aziende hanno dovuto affrontare dei danni enormi e quindi devono abbattere i costi di struttura. S’immagini il mondo delle mense aziendali, i ticket restaurant. Sarà tutto diverso”.

Il 3 dicembre è previsto un nuovo Dpcm. Se venisse allentata un po’ la stretta anche su bar e ristoranti, Baccano e La Zanzara riapriranno?

“Baccano e Zanzara sono due locali di successo, tant’è che il 28 maggio, quando abbiamo riaperto La Zanzara eravamo stracolmi. Il 2 luglio abbiamo riaperto Baccano e, nonostante l’assenza dei turisti stranieri, zoppicando, perdendo, siamo andati avanti. Sono due locali di successo e sono certo che lo saranno anche in futuro. A una riapertura ci stiamo pensando, però dobbiamo aspettare. Perché se dobbiamo lavorare con il timore che qualcuno si ammali preferisco preservare la salute nostra e dei nostri ospiti. Si parla della possibilità di chiudere alle 22. Beh, se potremo chiudere alle 22, allora riapriremo. Nel centro storico è da verificare, ma se ci sono i presupposti, La Zanzara riaprirà”.