Niko Romito a Milano con il Mercato del Duomo: intervista. Oggi il tre stelle Michelin Niko Romito presenterà in conferenza stampa il nuovo progetto su Milano, che si chiamerà Il Mercato del Duomo. Si tratta di una collaborazione della Niko Romito Formazione, come Spazio nella struttura di Eataly di Farinetti, ospitato in un palazzo che dovrebbe trovarsi proprio in piazza del Duomo. Un progetto in grande, come ci ha raccontato, in cui sono coinvolti Carlin Petrini (fondatore di Slowfood), Autogrill (del gruppo Benetton) e il Comune di Milano. Mentre attendiamo di scoprirne di più, abbiamo intervistato Niko Romito.
Niko, ieri stavo preparando un'amatriciana e ci ho messo l'aglio in camicia. Che dici, ho sbagliato? O ha ragione Cracco? Le ricette della tradizione sono suscettibili di cambiamento?
(Ride) Certamente sì. Con il tempo gli ingredienti cambiano. L'olio, ad esempio, non è più lo stesso di un tempo. E così come gli elementi si evolvono, anche la loro introduzione nelle ricette non è certo condannabile.
A parte gli scherzi, parliamo di te. "Il Mercato del Duomo" è solo l'ultimo di una lunga serie di progetti che hai portato a termine. A partire dal tuo ristorante Reale a Casadonna, poi Spazio a Rivisondoli, l'esperienza di Capofaro a Salina, Spazio a Eataly Roma, l'enciclopedia di videoricette Unforketable e Bomba a Gourmeet Napoli. Dopo 15 anni di attività facciamo un bilancio?
L'attività che mi è costata più fatica è stata indubbiamente diventare cuoco. Ho iniziato a 25 anni, senza una vera formazione da chef, un autodidatta. Quando ho ereditato il ristorante da mio padre, Reale a Rivisondoli, non sapevo cosa farmene. L'idea iniziale era trovare un acquirente per poi vendere. Ma vivendolo giorno per giorno è stato inevitabile entrarci in profondo contatto. Era il 2000 quando mi sono reso conto che avevo scoperto una passione. Di certo, all'epoca, non avrei mai immaginato mi avrebbe portato a questi livelli, non solo come cuoco, ma anche come imprenditore e formatore. C'è stato un lungo e impegnativo percorso, un lavoro costante in crescita, che ho fatto in ombra. In Abruzzo non ci sono i riflettori come nella grande metropoli: emergere in posti come il nostro dà quella struttura salda che permette di essere pronti per confrontarsi in qualsiasi piazza. Il più grande sacrificio è stato Casadonna: all'epoca era solo un rudere, ma io là avevo già ben chiaro il progetto che avrei voluto portare a termine. Era una grande scommessa: si trattava di un ex Monastero del 1500 sulla valle di Castel di Sangro, completamente da ristrutturare. Era il lontano 2007. In quell'anno sono nate tutte le idee sui progetti che poi ho portato a termine. E sono state possibili perché non solo solo ho un grande team per la formazione e per la ricerca, ma ho creato un vero e proprio sistema, ben progettato, dall'alto verso il basso. Uno dei segreti è la ricerca costante. E di lì la formazione.
Cosa rappresenta Spazio all'interno del tuo progetto?
E' la cucina di mezzo che manca in Italia, l'anello di congiunzione tra l'alta ristorazione e la trattoria. Una delle più importanti novità è rappresentata dalla grande quantità di ragazzi per 60 coperti. Non solo qualità nell'offerta gastronomica, ma anche un discreto personale per il numero di coperti della sala. Tutto questo in ambienti moderni, con arredi curati e tavoli recuperati, per permettere al cliente di vivere un'esperienza gastronomica e allo stesso tempo estetica. La cultura italiana a prezzi accessibili.
Come funziona il percorso di un aspirante chef nella Niko Romito Formazione?
Una delle caratteristiche fondamentali della scuola è il numero di accesso ristretto. Ogni anno vengono organizzati due corsi di cui possono far parte solo 16 apiranti cuochi. I ragazzi devono affrontare 5 mesi di corsi e laboratori intensivi, dal lunedì al venerdì, poi il weekend si fa esperienza a Rivisondoli. I test di accesso non sono sulle capacità tecniche, quelle son cose che si acquisiscono. Ciò che è più importante è la motivazione e la tempra individuale. Siete davvero pronti a diventare cuochi? Lo misuriamo con dei test motivazioni e test psico-attitudinali. Poi c'è la palestra obbligatoria due volte a settimana. E ancora gli incontri con i produttori, i viaggi per congressi specializzati, la possibilità di cucinare in tavole accademiche, come è capitato con l'Università di Pollenzo. Ho portato i ragazzi in trasferta da Uliassi (due stelle Michelin di Senigallia, ndr) e, al termine della didattica, hanno avuto la possibilità di mangiare in un grande ristorante. Questo è possibile perché sono un piccolo gruppo. Il prezzo non è basso, è vero. Anzi. E' la scuola di formazione professionale per cuochi più cara d'Italia. Questi costi sono dovuti al fatto che i ragazzi sono circondati di professionisti di tutto il Paese: c'è il corpo docenti dell'università di Pollenzo e professori accreditati da tutto il mondo. Non serve solo la preparazione tecnica per entrare nel mondo del lavoro, occorre soprattutto sensibilità. E' fondamentale, ad esempio, lo studio della storia della cucina italiana per acquistare coscienza storica. Quella consapevolezza e cultura che ti permette di discernere la qualità dalle mode del momento. L'altra grande novità è il progetto Spazio, inaugurato nel 2013, ossia un percorso di stage retribuito, oltre alla possibilità per i più meritevoli di vincere una borsa di studio del valore di 3000/5000 euro.
Tre consigli a chi vuole diventare Niko Romito.
Non-lo-fate (scherza). La cucina è la grande passione a cui dedico la mia energia, il mio tempo e il mio pensiero. Ma bisogna essere consapevoli che significa mettere da parte tutta la propria vita. O meglio, la cucina diventa il fulcro della propria vita. Ad ogni modo non tutti devono diventare dei Pelè, la cucina italiana ha bisogno anche di difensori. E quindi di ottime trattorie moderne, non solo di ristoranti creativi. L'età media dei ragazzi che si avvicina alla Niko Romito Formazione ha circa 24-25 anni, quasi tutti con esperienza, obbligatoriamente con formazione post-diploma. Obiettivi e aspirazioni variano molto e tendenzialmente delineano il percorso: la maggior parte di loro associa questo lavoro all'idea di poter viaggiare per il mondo e portare la cucina italiana all'estero. Poi ci sono quelli (ebbene sì, ce ne sono) che sono influenzati dai mass media. In genere sono quelli meno motivati e può capitare che lascino prima del tempo, quando si rendono conto che c'è tanto lavoro fisico. Parliamo di sacrifici da 12-14 ore al giorno. I migliori sono i ragazzi che hanno una passione innata per la cucina. Li riconosci subito: sono quelli che si informano su tutto, passano la notte sul web per aggiornarsi costantemente, mostrano rispetto, sacrificio e voglia di emergere. Sai che ultimamente si iscrivono anche molti ragazzi laureati? Quelli sono i più motivati. Perché stanno mettendo in discussione tutto il proprio percorso formativo precedente. E va da sé che hanno un approccio culturale più alto e, quindi, un apprendimento più celere.
A Identità Golose 2015, hai definito la tua cucina "non egocentrata, diretta, concreta" e con un linguaggio semplice e hai presentato il tuo ultimo libro "10 lezioni di cucina" (Giunti).
Si tratta di un piccolo manuale di dieci capitoli: semplicità, stratificazione, evoluzione, equilibrio, archetipo, salute, vegetale, dolce, pane e degustazione. Ogni capitolo, una lezione. Le lezioni rappresentano quella che può essere definita "l'arte della mia cucina". Nell'istante in cui smetto di fare ricerca smetto il mio lavoro. Non è un libro di ricette, ma racconto di materie prime e protocolli, sperimenti per arrivare al risultato perfetto. "Alla base della mia cucina ci sono studio, ricerca, tecnica ma è solo attraverso l'equilibrio che l'estrema complessità si riduce in linearità", un passo eloquente del libro. Una raccolta di dati ed esperienze dei miei anni di studi per gli aspiranti cuochi e per gli appassionati che vogliono comprendere quello che faccio.