Livia’s wine / Consistenza e bolle

Lesson Five / Degustazione del vino: esame visivo, parte II
(qui la prima)

Continuiamo il “corso” online di avvicinamento al vino con la seconda parte dedicata all’esame visivo.

Mentre lo sguardo “acuto e penetrante” e il “naso sottile e aquilino” di Sherlock Holmes scalpitano per tuffarsi nel bicchiere, il corpulento Maigret, bombetta e cappotto di velluto, fuma placidamente la pipa.
In azione c’è sempre il nostro detective buffo e impacciato, Ispettore Vista-Gadget. Ha ancora uno o due indizi da analizzare, due cartucce da sparare prima di sgombrare il campo e far posto a olfatto e gusto.

3° indizio: la consistenza
Per valutare la consistenza di un vino esiste un giochino che fanno tutti gli aspiranti sommelier alle prime armi. Io per prima, nel bel mezzo del corso AIS, ho passato interi minuti a volteggiare il vino nel bicchiere e a scrutare – occhio teso e concentrato – la discesa del liquido con piglio vagamente assimilabile a quello del chirurgo nel pieno di un’operazione a cuore aperto. Il tutto per trovare e valutare i famigerati archetti, impronte digitali schiaccianti in grado di manifestare la consistenza di un vino grazie all’aiuto di lacrime, nient’altro che goccioline chiamate così nel gergo sommelieristico per accentuare l’afflato poetico che contraddistingue la logorroica categoria.
Il giochino, chiamato effetto Marangoni dallo scienziato che studiò movimento dei liquidi e tensione superficiale, consiste pressappoco in questo.

Si rotea il vino nel bicchiere in maniera che questo aderisca alle pareti. E poi si guarda, semplicemente. Sulle pareti del bicchiere si formeranno degli archi, tanto più ampi se il vino non è dotato di grande consistenza, tanto più stretti e ravvicinati se il vino è alcolico e consistente. Con lo stesso metro di giudizio andranno valutate le goccioline che via via scenderanno giù per tornare nel fondo del bicchiere, la loro velocità stabilirà la consistenza del liquido. Intuitivamente, volendo estremizzare – anche se qui le differenze sono millimetriche e il nostro ispettore Gadget dovrà forse sfoderare la lente d’ingrandimento – la differenza tra un vino corposo e uno più fluido è un po’ come quella che passa tra un goccio d’acqua e un cucchiaino di miele. Volendo essere giusto un pelino più scientifici la consistenza del vino deriva semplicemente dall’estratto secco e, in particolar modo, dalla maggiore o minore quantità di alcol e poco ha a che fare con la glicerina che ha un’influenza davvero minima in questo processo.
Avviso ai naviganti: quanto detto sopra vale soltanto se lavate “male” i bicchieri…nel senso che va usata solo acqua bollente e niente detersivo. Brillantanti e sostanze presenti nelle pasticche da lavastoviglie rendono spesso vana la valutazione di archi e gocce avvolgendo il bicchiere di un’invisibile patina che rende scivolosa la superficie del bicchiere stesso.

4° indizio: le bolle

Ecco, di fronte a una flûte di champagne o di spumante come non guardare le catenelle di bollicine? Stanno lì che salgono, tutte belle belle in fila indiana, cicciottelle come Maigret o smilze come Sherlock Holmes, numerose come quelle della coca cola o rade e tristi come le particelle di sodio dell’acqua Lete. Così, se non avete di meglio da fare, potete contarle rischiando l’effetto delle pecorelle prima di andare a dormire oppure prendere atto che ci sono e finirla lì. D’altronde star lì a valutare grana, numero e persistenza lascia il tempo che trova. In più anche su questa valutazione influisce la modalità di lavaggio del bicchiere e alcuni grandi champagne non hanno generose e strabordanti esplosioni di bolle. Tutt’al più valutatene la grandezza, più son piccole e meglio è. Ma ricordate che questo metro di valutazione non vale per tutto nella vita.

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