L’insopportabile agonia dell’aragosta

Le aragoste soffrono quando le cuoci vive, è ufficiale. Lo diceva David Forster Wallace in Considera l'Aragosta. Lo diceva il buon senso. Con buona pace di chi le cucina vive (vedi la puntata numero tre di Masterchef). Ora lo dimostra anche il giornale scientifico Journal of Experimental Biology. Che, con tanto di prove empiriche, spiega che le aragoste soffrono quando vengono immerse ancora vive nell’acqua bollente. Lo stesso accade ai granchi, agli astici e agli altri crostacei. La scoperta chiude la bocca a quanti finora rimbottavano le critiche di sensibili mangiatori, sostenendo che astici e aragoste non sentono male, basta metterle a testa in giù. E che sui fornelli si contorcono solo per effetto di riflessi automatici. Sono spasmi di dolore, secondo i biologi Elwood e Barry Magee, dell’irlandese Queen’s School of Biological Sciences. E quindi? Nestor Grojewski, chef italiano di origine polacca, che nel romano Cru.dop serve astice, non nasconde la realtà e mette in guardia dall'ipocrisia: "Tutti gli esseri viventi soffrono quando vengono uccisi. I pesci si contorcono quando abboccano all'amo. Uno dei ricordi più scioccanti della mia infanzia, nella campagna vicino a Pozdam, è la mattanza dei maiali. Gridavano come bambini. Non solo nel momento in cui li sgozzavano, ma cominciavano prima, tre minuti prima, perché avevano capito".

 

L’esperimento scientifico è stato condotto su decine di granchi comuni che, sottoposti ad una piccola scossa elettrica, hanno cercato di evitare la seconda nascondendosi. I ricercatori non hanno dubbi: “L’esperimento è stato progettato in modo da poter distinguere chiaramente le reazioni dovute al dolore da quelle generate da un movimento riflesso chiamato nocicezione. Si tratta del primo tipo".

E allora avevano ragione gli animalisti e pure la concorrente di Masterchef (il reality culinario di Sky) che si era indignata quando, nel corso della puntata del 27 dicembre, l'ingrato compito assegnato dai giudici era quello di cucinare degli astici "come Dio comanda", vale a dire immersi vivi nell'acqua bollente, cotti poco ma lentamente.

"Eh sì, a scuola di cucina ci insegnano che aragoste e astici vanno preparati così, da vivi – commenta  Grojewski – . Solo così mantengono nel dopo cottura quel loro colore di rosso intenso. Ci spiegano anche che i loro movimenti e il rumore che a volte sembra emettano non sono dolore o lamenti, perché non sentono niente". Grojewski ancora non ha letto bene la notizia che potrebbe procurargli vari scrupoli la prossima volta che un cliente gli chiederà un astice (le aragoste non sono contemplate nel suo menu). Ma non sembra troppo intenzionato a cambiare piatti. Anzi la prende come un naturale fatto di catena alimentare.
Insomma, che fare? Basta ridurre la sofferenza degli animali (che uccidiamo e mangiamo) per metterci in pace la coscienza?