Gloria a Milano, attenzione quel vino lo stai pagando troppo

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Gloria a Milano, quando il vino ha ricarichi eccessivi e finisci per pagarlo troppo. Ricarichi e vino, attenzione quella bottiglia la stai pagando troppo. È una questione antica. La teoria la sappiamo: i ristoratori pagano un tot per il vino e lo ricaricano, ovvero aumentano il costo finale del consumatore del doppio, triplo o quadruplo.

Sappiamo anche che non c’è una formula magica. Ogni ristorante è diverso, ogni città è diversa. Perché nel costo del vino, come in quello dell’amatriciana e della cotoletta, vanno calcolati molti fattori: il costo della vita in quella città (Milano non è Potenza), in quel quartiere (Brera non è il Gratosoglio), il costo d’affitto del ristorante (puoi pagare anche 10 mila euro al mese se sei nel cuore di Trastevere ma mille se sei al Pigneto), la grandezza del ristorante e del relativo staff di cucina e di sala.

Insomma, questa è la teoria. La pratica, ovvero la verifica dei prezzi sul campo, è un’altra cosa. E solo chi ne sa qualcosa, chi conosce i prezzi Horeca, ovvero della distribuzione dei vini ai ristoranti, è in grado di capire quanto sia davvero il ricarico. Certo, si può guardare ora i siti, gli shopping online di vino, ma non sempre la verifica è precisa.

Ho appena letto un articolo dell’Atlantic che dice come ordinare il vino. In sostanza spiega che i ristoratori tendono a forzare la mano sui vini intermedi, perché il cliente tipo non vuole spendere per i vini troppo costosi e non vuole sembrare un poveraccio ordinando quelli di fascia inferiore. E così i ricarichi sono spesso più alti in quelli intermedi. E il giornalista suggerisce di non perdersi i low cost, che non hanno molto da invidiare a quelli di fascia media. Vero solo fino a un certo punto.

E in Italia? C’è una gestione piuttosto dissennata del ricarico. Si tende a forzare la mano, sperando così di ricavare lì quel che non si riesce a prendere dal cibo. Ma è un errore, per molti motivi. Perché il cliente che vede bottiglie che partono da cifre troppo alte, tipo dai 30 o 40 in su si infastidisce e avrà una percezione dei prezzi di quel locale asimmettrica rispetto al cibo. In più, se dovrà spendere 40 euro minimo per una bottiglia, difficilmente prenderà la seconda.

montecitorio derthona massaFacciamo qualche esempio? Siamo incappati nel listino online del ristorante Gloria, non quello di Melilli sui Navigli ma quello di proprietà francese, aperto a Milano, in Brera, in via Tivoli, poche settimane fa. Tra i vini bianchi abbiamo il Trebbiano D’Abruzzo 2021 di Emidio Pepe. Un grande vino. In carta è a 88 euro. Da listino (aggiornato a settembre 2023) era a 27 euro. Bisogna aggiungere l’Iva, al 22 per cento, quindi arriviamo a 33 euro circa. Il ricarico è triplo. Il guadagno netto del ristorante in questo caso è di 55 euro. Per una sola bottiglia.

Prendiamo il vino di Contrada bianco 2021 di Arianna Occhipinti: da listino costa 28,85, quindi 35 euro circa. La bottiglia in carta da Gloria è a 94 euro. Ricavo per i furbi ristoratori francesi: 59 euro.

Ultimo esempio da Gloria, il Montecitorio 2020 di Walter Massa. “L’unico Montecitorio che mi suscita rispetto”, dice il sempre corrosivo Camillo Langone. In effetti, grande timorasso. Talmente grande da costare 114 euro. Ma quanto costa a listino? Trentacinque, più iva, fa 42 euro. Ricavo per Gloria: 72 euro.

Settantadue euro per una bottiglia. È normale? Per noi no, anche se Gloria è un locale sfarzoso, e un po’ volgare, che vuole offrire un modello di ristorazione glamour, in una zona non certo economica. Solo che il menu cerca di calmierarlo (il Corriere parla di prezzi ragionevoli, ma non ha visto il vino), perché comunque non vuole perdersi troppa clientela, e quindi le pappardelle al ragù non costano poco, 16 euro, ma neanche troppo, considerando la zona. Spingiamo sul vino, devono essersi detti i ristoratori. Con una pappardella ci guadagniamo 10 euro, con una boccia di Timorasso portiamo a casa 72 euro.

Gloria a Milano, via Tivoli 3

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