
Osteria del Cavolo e Posada de Lapamàn, la calunnia corre su Tripadvisor e Google. La calunnia è un venticello si diceva un’era geologica fa, quando non c’erano la rete e i social a gonfiare le bugie e bastava soffiare nell’orecchio di amici e colleghi qualche maldicenza per rovinare la reputazione di qualcuno. Allora bisognava aspettare che il passaparola facesse il suo lavoro, ora è molto più facile. E si può stroncare qualcuno, un’attività imprenditoriale o una persona, anche per sbadataggine, per colpevole disattenzione.
Prendiamo l’Osteria del Cavolo. A Finale Ligure (per la precisione Finalborgo) è successo che la titolare del ristorante – Ida Germano, 76 anni – abbia avuto la cattiva idea di addebitare in scontrino due euro per la condivisione di un piattino. Quasi a dar ragione alla leggenda della tirchieria ligure, la signora ha pensato male di far pagare il piattino in più portato per condividere le trofie al pesto ordinate.
Una follia, naturalmente, come probabilmente ne accadono molte in Italia e altrove. Se n’è accorta però Selvaggia Lucarelli e come da sua consuetudine è partita la bastonatura online. Fin qui la notizia. L’Osteria del Cavolo, in poche ore, è passata da 5 a 3 palline. Peccato che a essere presa di mira è finita l’omonimo Osteria del Cavolo di Monza, che gode di ottima reputazione e nulla c’entra con questa storia. Nelle recensioni su Google è arrivata una pioggia di stroncature di quelle che qualcuno ha chiamato “i caproni su tastiera”. Per lo sconcerto e la rabbia del ristoratore monzese, che oltretutto è in ferie da giorni.
Caso simile, e ancora più grave, in Spagna. Il foodblogger “Cenando con Pablo“, youtuber con mezzo milioni di iscritti, ha stroncato con una stella su Google il ristorante galiziano Posada de Lapamán. C’era anche un commento secco: “Il proprietario è una persona davvero maleducata!”. Bene, il ristoratore Juanjio Gondar ha risposto educatamente ma stupito: “Ho appena letto questa recensione e dubito fortemente che lei intendesse riferirsi al nostro ristorante. La seguo da molto tempo, eppure non mi risulta che abbia mai fatto visita al nostro locale. Le sarei grato se potesse contattarmi, ma ripeto…credo si tratti di un errore, grazie”.
Il foodblogger ha risposto spiegando che in effetti si era trattato di un equivoco, che gli avevano riferito della maleducazione del titolare di un ristorante con quel nome, ma che non c’era stato e che, insomma, a dirla tutta, non era quel ristorante ma uno con un nome simile. Poi ha cancellato la recensione. Gondar non si è rallegrato, perché nel frattempo è stato inondato da stroncature sui social e ha fatto causa per danni.
Quanti casi così ci sono su Google e Tripadvisor? Cosa fanno le società per aumentare la credibilità delle recensioni? Nulla. Perché più se ne parla, più aumentano i clic e le review e che importa se sono farlocche, ignoranti e finiscono per demolire la credibilità di un locale? Noi ne abbiamo scritto spesso, come qui. Ma la situazione peggiora. Qualcuno, forse, dovrebbe decidere una causa collettiva contro chi mette a disposizione social e piattaforme che contribuiscono alla diffamazione, senza minimamente intervenire per frenare le disastrose bugie.
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