Crazy Pizza, in difesa di Briatore, che è un genio del male e fa soldi con la vostra indignazione. Fa molto ridere tutta questa bolla mediatica che si è sollevata sulla pizza di Flavio Briatore. Fa ridere perché, come nel più classico dei corto circuiti mediatico-affaristici, il nostro multimiliardario è riuscito a trasformare la sua Crazy Pizza da un mezzo fallimento, con le sale deserte e la legittima diffidenza verso lo sbarco di un brand alieno al settore, in una macchina acchiappasoldi e acchiappaattenzioni. Perché tutti adesso vogliono sapere com’è davvero questa pizza d’oro e si accapigliano su cornicioni e croccantezze, leggerezze e costi delle materie prima, come non hanno mai fatto per altre pizze ben più meritevoli di analisi e recensioni. Voi vi indignate, Briatore ride e incassa.
(Ah e se volete mangiare pizze buone, trovate qui la nostra lista delle migliori di Milano)
Crazy Pizza
Che poi, tra l’altro, ci sono alcune ragioni chiare per le quali Briatore, con la sua discutibile Crazy Pizza, ha ragione. Vediamole.
1 La sua pizza è cafona, come il Billionaire. E quindi? D’accordo, è un cafone arricchito. Ma che c’entra?
2 La sua pizza costa tanto. E quindi? La frase “se non vi piace, non andateci”, può essere irritante ma è vera. Non c’è nessun imbroglio, nessun tranello. Briatore con Crazy Pizza promette quel che vende: lusso, eccesso, ambienti cool, fighetteria assortita, una Porto cervo d’esportazione. Non pagate l’olio della pizza, non pagate la farina. Pagate l’affitto di Briatore, il design, lo sfarzo, il pedaggio dell’apparire, la compagnia di vip assortiti. Non vi piace? Neanche a noi, ma, appunto, noi si va in trattoria (quella buona, non quella finto tradizionale).
3 La pizza deve essere democratica, dicono alcuni pizzaioli napoletani. “La pizza nasce come piatto popolare e deve restarlo”. Ma che vuol dire? Il pane deve essere democratico? Certo, ma questo non significa che non ci possano essere panificatori di lusso, che sfornano pagnotte d’oro. Il prezzo calmierato non è previsto dalle economie di mercato. A meno che non si voglia mettere un tetto al prezzo delle pizze, come a quello del gas.
4 “Una pizza venduta a 4 euro non è di qualità“. Questa è una cazzata naturalmente. Perché dipende, appunto, chi te la vende e dove. Se sei in Galleria a Milano e te la danno a 4 euro, è surgelata. Se te la danno in un paesino sperduto dell’Irpinia a 4 euro potrebbe (potrebbe) essere di gran qualità. Perché, appunto, il pizzaiolo irpino sperduto (usiamolo come paradigma) non paga affitti esorbitanti, il personale è in famiglia, le stoviglie non sono d’argento, il ricarico per profitto personale è basso. Detto questo, Sorbillo che la offre gratis per dimostrare che è buona fa ridere. Cioè, non fa ridere. Fa esattamente quel che fa Briatore: il paraculo. Salta sul carro del marketing e lo sprona a sangue.
5 “La pizza napoletana non mi piace, ha troppo contorno e lievito“. Questo è il colmo. Ma che dice Briatore? Ci siete cascati ancora. Ma che ci frega di quel che dice Briatore sulla pizza? Che autorità ha? Voi vi indignate, e lui si arricchisce.