Panificio Marè Prati a Roma: di padre in figlio, la pizza stirata e un nuovo pane di famiglia

Panificio Marè Prati a Roma. Due porte su cui campeggia l’insegna «Dolce e Salato» appoggiata sul piccolo sottotitolo «pasticceria, pizzeria, rosticceria». La porta di fianco è quella del laboratorio e aiuta a fare un po’ di chiarezza. C’è scritto «Panificio Marè Prati»: Marè come il cognome di Daniele, proprietario e fornaio di casa. 35 anni, di cui più della metà trascorsi tra le mura di quel laboratorio, fin da piccolo in cassa a fare scontrini o in pizzeria a tagliare i pomodorini. «Mi guadagnavo la settimana. Da quando avevo 12 anni, passavo più tempo qui che a scuola. Al punto che mio padre mi ha detto chiaramente: che devi fa’?». Dopo diversi andirivieni, molla l’istituto alberghiero e si dedica al 100% alla panificazione nella bottega di famiglia.

Marè come il padre Fabio, che mentre Daniele misura la cottura dei pandori, ricopre panettoni di glassa al cioccolato. I ruoli oggi sono invertiti: Daniele alla guida e Fabio tra le fila. «Il panificio di Prati è stato aperto nel 1987. Io qui ci sono sempre stato, ma dal 2005 mio padre ha passato a me il lavoro. E mi ha permesso di portare avanti la mia piccola rivoluzione. Da lui ho imparato molto. Mi ha fatto fare la gavetta, quella vera. Tu non lo sai, ma da piccolo andavo a piangere giù al magazzino». Marè come lo zio Massimo, anche lui panificatore, con un’insegna omonima a Garbatella. Marè come Emilio, il padre di Massimo, che ha dato il via a una famiglia di panificatori.

Con l’arrivo di Daniele, a Prati i vecchi sistemi di panificazione e le farine industriali vengono sostituite da processi più moderni, dalla ricerca degli ingredienti, dalla creazione di miscele e nuovi impasti. Arriva il lievito madre, così i grandi lievitati. La colomba, la pizza al formaggio, il casatiello, il panettone, il pandoro. «Prima non si usava. Ma adesso sono la mia passione. Sono dei figli per me». Grazie allo studio e al confronto con altri produttori, Daniele sostituisce definitivamente gli impasti diretti con la Fermalievita, una lavorazione col sistema del freddo che permette di bloccare la fermentazione del lievito, per allungare e gestire meglio i tempi di lievitazione. Dentro il piccolo laboratorio suonano di continuo sveglie e timer per gli impasti. Una sul cellulare, una dal banco: «Quanto manca?» si chiedono tra di loro.

Le farine sono scelte da Daniele, che crea le sue miscele da produttori italiani. «Di certo non faccio l’estremista. Ma non riesco a usare nulla che non piaccia a me, qualcosa che ho voglia di mangiare». E poi ancora: «Mi piacciono i profumi che certe farine sprigionano. Alcune volte qui in laboratorio inforniamo e sentiamo odori incredibili di erbe spontanee, di camomilla. Una mia amica mangia il nostro pane e dice che sa di farina. E io le dico che quello è il sapore del grano». É un approccio libero, non radicale ma funzionale e appassionato. Tra le farine vengono scelte quelle del Molino Paolo Mariani, nelle Marche, alcune farine dalla Tuscia, farine del Mulino della Riviera, in provincia di Cuneo. Quest’ultimo era un biscottificio, gestito dalla famiglia Cavanna, che ha deciso di comprare e restaurare un mulino ad acqua dove creare le proprie farine.

Nella produzione del panificio non manca nulla: gastronomia, pasticceria, grandi lievitati, cornetti italiani, biscotti e poi pizza. C’è quella alla pala, sia farcita che condita, «stirata» perché l’impasto viene steso e allungato direttamente sulla pala di legno con cui viene infornata, un genere che va scomparendo dalla panificazione tradizionale romana. Poi pane: casereccio, con un mix di farine di segale e grano saraceno, lo sciapo, il pane di segale e i pani conditi, come quello con le noci o quello con un mix di frutta secca e frutta essiccata. «Prima chi le vendeva queste cose. Ora cominciano a piacere anche ai clienti pani meno tradizionali».

Daniele arriva al panificio tutti i giorni alle 4 di mattina e se ne va dopo pranzo. «Ma ora che è Natale, passo qui giornate intere. Mi riposo due ore e ricomincio. Ma non trovo che sia un lavoro duro. Anche perché lavorare con un lievito e con un impasto significa lavorare con una cosa viva. Sarà per questo che nei lievitati c’è un aspetto romantico». Un progetto in crescita, sempre più apprezzato. Tanto che il Gambero Rosso premia l’attività con due pani su tre sulla guida «Pani e Panettieri» del 2019 e poi con il titolo di miglior emergente per Daniele nel 2020. Anno in cui viene lanciato anche un negozio digitale, un bel passo avanti per un’attività storica e a conduzione famigliare. E nel futuro? «Già nel 2019 ero pronto ad aprire un secondo panificio. Poi il 2020 è stato quello che è stato. Vedremo l’anno prossimo».

Panificio Marè Prati. Viale Angelico 88, Roma. Tel. 06 37511594Shop Online. Pagina FacebookPagina Instagram