Siamo a terra, la manifestazione della Fipe Confcommercio per difendere i ristoratori

FIPE manifestazione

Siamo a terra, la manifestazione della Fipe Confcommercio per difendere i ristoratori. Tra le tante manifestazioni pacifiche e le proteste (molto meno pacifiche) che sono seguite alla firma dell’ultimo Dpcm, c’è anche quella del 28 ottobre organizzata dalla Fipe-Confcommercio, nella quale il mondo dei locali e della ristorazione scende in piazza. Alle nuove restrizioni è impossibile non reagire, nonostante il premier abbia dato via libera al decreto Ristori da oltre 5 miliardi di euro. I gestori dei pubblici esercizi si sono dati appuntamento il 28 ottobre alle 11.30 in 24 piazze italiane. Un grido di allarme, l’ennesimo, una richiesta di aiuto, una manifestazione pacifica – e nel pieno rispetto delle regole – per far sentire una voce comune, da nord a sud: il settore della ristorazione va tutelato perché rappresenta una risorsa troppo importante per il nostro Paese e perché, come dice l’hashtag della manifestazione, #siamoaterra.

Non c’è connessione tra Covid e apertura locali

“Scendiamo in piazza per evitare che passi il messaggio che i pubblici esercizi abbiano un ruolo nella diffusione del contagio. – dichiara Lino Enrico Stoppani, Presidente della Fipe-Confcommercio – Non esiste alcuna connessione tra quest’ultimo e l’apertura dei locali, anche perché gli operatori del settore rispettano seriamente i protocolli sanitari imposti e validati dal Cts e dall’Inail. Protocolli che hanno richiesto investimenti economici significativi e garantito sicurezza ai consumatori”.

Quali potrebbero essere le conseguenze della chiusura anticipata alle 18? Già molti locali, tra ristoranti e bar, non hanno riaperto dopo il lockdown di maggio. Adesso, la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente: secondo un’analisi di Coldiretti in riferimento al varo dell’ultimo Dpcm sull’emergenza Covid-19, infatti, si perdono 6 italiani su 10 (ovvero il 63%) che almeno una volta al mese mangiano la sera fuori casa. L’impatto che le nuove restrizione hanno sull’intera filiera agroalimentare può definirsi, senza esagerare, drammatico: “Dai ristoranti alle trattorie, dalle gelaterie alle pizzerie fino ai pub – sottolinea Coldiretti – la pausa pranzo non è sufficiente per garantire la copertura dei costi, tenuto conto anche della mancanza di turisti e della diffusione dello smart working che ha drammaticamente tagliato il numero di clienti”.

Le conseguenze sull’intera filiera agroalimentare 

Tutto questa non farà altro che portare a un drastico crollo dei consumi fuori casa, mettendo a rischio 1/3 della spesa alimentare degli italiani: l’intera filiera potrebbe arrivare a perdere oltre 1 miliardo di euro di fatturato. Sempre Coldiretti, elaborando dati della Fipe, ha stilato una sorta di classifica delle categorie più colpite: al primo posto troviamo i ristoranti (65%), seguiti da pizzerie con servizio al tavolo (59%), fast food (10%) e pub (9%). Parlando di numeri ancora più spaventosi, la mancanza di aiuti concreti potrebbe portare alla perdita, entro fine anno, di 50.000 aziende e addirittura 300.000 posti di lavoro in bilico. In quest’ottica, gli aiuti promessi dal Governo diventano indispensabili per permettere “la sopravvivenza di un comparto decisivo per la filiera agroalimentare e per il turismo di questo Paese” conclude Stoppani.

Per tutti quesi motivi, i gestori dei pubblici esercizi scendono in piazza: non c’è connessione tra la frequentazione dei locali e la diffusione dei contagi, come dimostrato da fonti scientifiche. Scendono in piazza uniti, nel momento più difficile, a combattere per il proprio lavoro, senza arrendersi e senza mollare: #siamoaterra ma ci rialzeremo.