di Gianluca Schinaia © Il Fatto Quotidiano / Puntarella Rossa
A volte, la fame di gloria viene soddisfatta da pane e sale. E’ il paradosso di Oscar Farinetti che grazie all’uso di prodotti scelti ha inventato una catena mondiale, Eataly, che fa bene al suo portafogli e anche all’immagine italiana. L’imprenditore cinquantottenne, ex capo di Unieuro ha ideato un colosso che ormai vale 300 milioni di euro e che solo a New York conta 800 dipendenti, perché “il nostro obiettivo è creare posti di lavoro e recuperare luoghi di pregio nazionale”, racconta Farinetti. E mangiarono tutti felici e contenti, no? Neanche per sogno: se Cristo si è fermato ad Eboli, Farinetti si è inceppato a Bari e si è impantanato a Milano.
Dopo anni di aperture rapide e ricche di successo in tutto il mondo, dal Giappone agli Usa, passando per Roma (dove ha recuperato l’Air Terminal Ostiense, abbandonato da anni), Bari ha rappresentato il primo boccone amaro per l’imprenditore. Per carità: a fine luglio ha aperto il punto barese “l’unico grande Eataly al Sud, perché la Puglia è una delle regioni italiane di spicco nel settore agroalimentare” (Farinetti dixit). Una realtà che occupa uno spazio da 8.000 metri quadrati e dà lavoro ad oltre 100 persone: ci ha messo un anno ad essere inaugurata, benché originariamente dovesse essere pronta l’8 settembre 2012. Il motivo? Accuse dei sindacati sulla contrattualizzazione interinale dei dipendenti, mancata concessione dei permessi idonei e varie altre traversie burocratiche. E come se non bastasse, anche l’M5S, per via del senatore Lello Campolillo ha accusato Farinetti di “arroganza”: il brutto è che in sua difesa è scattato Alberto Losacco, parlamentare del Pd, dando ancora più peso alle accuse rivolte al magnate piemontese di un’eccessiva contiguità con il partito guidato da Epifani.
Ma sono intoppi di vario genere che succedono ultimamente a Eataly e Milano ne è l’ennesima conferma. All’ombra della Madunina, il secondo negozio che sarebbe stato l’emblema meneghino della catena (dopo quello nell’interrato del Coin di piazza 5 Giornate) doveva essere originariamente aperto il 25 aprile 2012: giorno simbolico per celebrare sia la festa della Liberazione (le simpatie politiche di Farinetti vanno tutte a sinistra, ma non troppo dato che è un renziano) sia per “liberare” la zona prescelta, la cui piazza porta proprio quel nome, per anni un cantiere a cielo aperto. Quale? L’area dello storico ex Teatro Smeraldo, chiuso nel 2011, dopo 70 anni di spettacoli e concerti. A settembre 2012 il cantiere è stato bloccato e dopo 3 mesi di interventi sono state rimosse 12,5 tonnellate di amianto. A novembre 2012, dopo il via libera dell’Asl, i lavori sono ripresi, obiettivo di consegna: 25 aprile 2013. Ma per la seconda volta la data è saltata: si è arrivati quindi alla data del 24 settembre 2013. Poi, l’ennesimo rinvio: l’inaugurazione del nuovo Teatro e del punto Eataly sarà a fine novembre e – forse per addolcire la pillola – Farinetti ha promesso 500 assunzioni.
Ai posteri, l’ardua apertura. Nel frattempo, qualche giorno fa, anche il Molleggiato ha preso le distanze dall’iniziativa: Adriano Celentano ha infatti smentito “categoricamente” la notizia apparsa secondo cui a novembre prossimo inaugurerebbe il cosiddetto Nuovo Smeraldo di Milano, di proprietà di Eataly: “La notizia – si legge in una nota – basata sulle sorprendenti dichiarazioni degli stessi proprietari di Eataly, è totalmente infondata”. Provaci ancora, Oscar.