Spazio di Niko Romito a Roma. Il dubbio che anche il buon Niko Romito si stia lasciando un po’ prendere la mano, con l’apertura a mulinello di nuovi ristoranti a destra e a manca, c’è. Ma accettiamo il moltiplicarsi di pani e ravioli (c’è un piano di 8 aperture in cinque anni, tra cui New York per fine 2018) e proviamo questa nuovissima creatura a due facce, inaugurata a fine gennaio 2018 in piazza Verdi. Ristorante gourmet, come si addice a un celebrity chef, ma con prezzi (abbastanza) calmierati, con l’intenzione di provare ad avvicinare se non il grande pubblico, una buona fetta di pubblico a un concetto di ristorazione alta.
A due facce, si diceva. Perché c’è un primo Spazio, che è un Pane e caffè bislungo, molto accogliente, dove poter bere e mangiare qualcosa. Noi ci soffermiamo sul secondo Spazio, pochi metri più avanti, che è il vero ristorante, di cui si occupa in prima persona Gaia Giordano (che cominciò da Satollo a Testaccio, per passare da Coromandel e approdare a Spazio Milano).
Entrando, di fronte, si vede subito la sala principale, che in realtà è un dehors coperto con una quindicina di tavoli. Una sorta di giardino d’inverno con atmosfera da serra tropicale, che d’estate vedrà la luce.
Per entrare si va a sinistra, salendo una scaletta: si passa attraverso una grande cucina a vista, dove si muovono uomini e donne in divisa bianca, infermieri moderni del food (in cucina ci sono ben 24 persone).
E poi si sbuca sul piano superiore del dehors, che è sostanzialmente un affaccio con altri quattro o cinque tavolini per coppie.
Complessivamente, una bella atmosfera, né inutilmente raffinata, né troppo fredda.
E allora eccoci al menu. Sorprendentemente si compone di una sola pagina. Essenzialità e sobrietà: sei antipasti, cinque primi e sei secondi.
Cominciamo con un perfetto rombo, lattuga marinata in salamoia e maionese speziata e liquida. Completa il piatto, per un po’ di acidità necessaria, qualche goccia di olio e acqua di pomodoro.
Se vai da Romito, non puoi non prendere il suo piatto cavallo di battaglia sin dai tempi del Reale di Rivisindoli: i cappelletti di scampi in brodo di crostacei e dragoncello. Il sapore sapido e forte del brodo è una carezza decisa che si sposa con l’eleganza del cappelletto. Guardateli: la loro forma perfetta è quasi commovente.
Molto meno commoventi queste linguine con acciughe, pesto di finocchietto e capperi. Considerando gli ingredienti, ci si aspetterebbe un sapore deciso, forte. E invece il gusto pungente delle acciughe è stato addomesticato. Ne risulta un primo piacevole ma niente di più. Anche perché le linguine non sono esattamente entusiasmanti: ci si chiede, tra l’altro, il perché della citazione della marca Garofalo, non certo in vetta ai pastifici d’eccellenza (se pensate a una sponsorizzazione, qui trovate la risposta).
Tenerissima e saporita la carne di questo brasato innaffiato nel Montepulciano, con il difetto di essere leggermente asciutto (e la polenta non aiuta).
Per dolce (10 euro) eccoci a un ottimo cremoso di mandorle, limone, basilico e frolla integrale.
Il supervisore Niko, di nero vestito, si aggira inquieto per la cucina e per i tavoli, verificando che tutto vada per il meglio e dando un occhio al cellulare.
Buono il servizio bretellato e interessante la carta con qualche proposta di vino naturale. In sala anche la sorella di Niko, Sabrina Romito, e Valerio Capriotti (sommelier).