
Mestè Milano, il comfort bistrot con lumache e Pierangelo Bertoli, luganega e vini naturali.
Qualche tempo fa abbiamo scritto: “Sanno fare il loro mestè questi ragazzi, Marco Bonardi che spignatta in cucina e Daniele Santangelo (già Longoni, Vinoir), che sbicchiera vini che è un piacere. Posti così andrebbero brevettati. Quel che si dice un bistrot, nell’unico senso che può avere, che è quello di escludere le altre tipologie: non è un ristorante, perché non ha nulla dei formalismi, delle leziosità, dei prezzi, delle ingessature di certi ristoranti.
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Mestè Milano
Non è solo un’enoteca, perché si beve da signori-e, ma si mangia anche da privilegiati. E’ quella formula flessibile e benedetta che ti consente di andare in un posto dove ti danno da mangiare dei piatti non banali, originali, in rotazione, in un’atmosfera informale, conviviale, con una cantina di qualità e gente competente e cordiale che non serve, perché il concetto di servire, diciamolo, è un po’ razzista, ma ti aiuta a scegliere e ti versa un bicchiere e te lo racconta con un sorriso.
Bravi Mestè, bravo il riso al salto con luganega, bravi i formaggi, bravi i mondeghili e bravi tutti i piatti che si servono dentro e nel bel dehors, in questa piazza assurda, e molto bella, che si trova a metà del niente, in una zona che non gli daresti un euro e invece si è ritagliato uno scorcio di bellezza inaspettato”.
Siamo tornati più e più volte ed è tutto confermato, Mestè è un locale del cuore, niente di più lontano dai fighettismi cool alla milanese, cibo genuino, ben preparato ma senza pretese estetizzanti e senza slanci modaioli. Si può mangiare uno strepitoso risotto con i verzini, le salsicciotte milanesi di suino, o i peperoni spagnoli in salsa, gnocchetti al basilico con polipetti alla luciana, caponata, coniglio alla ligure. Per dire, l’altro giorno nel fuori carta c’erano lumache di Cherasco, polenta fritta e pecorino e poi nervetti grigliati, fagioli in guazztto e cipolla di Tropea in agrodolce. Comfort food come se piovesse.
Il locale è piccolo, con i manifesti di Sarfati, tra i primi distributori di vino naturale in Italia e infatti i vini sono naturali. Pochi ma ben selezionati e a rotazione. L’ultimo assaggiato è un Rosso d’Asia di Andrea Picchioni (Canneto Pavese), che picchia (14,5 gradi).
In sottofondo, niente Beyoncè. A seconda di come gira a Daniele, musica d’annata, roba tipo Pierangelo Bertoli o De Andrè. Si mangia e si beve, si sta bene e si spende poco.
Se siete preoccupati per il pane, sbagliate. E’ ottimo. Daniele ha lavorato da Longoni e sa che un buon ristorante lo giudica dall’altruismo, dalla fantasia e dal pane.
Cucina 7,5 Ambiente 7,5 Servizio 7,5 Carta dei vini 8 Er Murena 7,5
via Corrado il Salico 12, tel 346 806 1538
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