Scarpetta mania a Milano, l’antico comfort food torna di moda come piatto singolo

Scarpetta mania a Milano. Una delle possibili origini del nome “scarpetta” risale a “scarsetta“, ovvero a povertà. Quella che induce ad accontentarsi degli avanzi, propri e altrui, e a ravanare per riuscire a trovare qualche traccia di cibo. L’altra attiene alla scarpa, dalla forma del pane che cammina dentro la salsa. Fatto sta che a Milano la scarsetta è sempre meno e la scarpetta avanza. Non c’è bistrot alla moda che non la propone come piatto singolo. Una volta era una simpatica consuetudine, alla fine di un piatto, ora è il piatto stesso. Un po’ come la punta del Cornetto che l’Algida ha messo in commercio da sola. Un piatto povero e semplicissimo, che però è tra i più richiesti di sempre. A dispetto della semplicità e della scarsa dieteticità (carboidrati e grassi a piovere).

Sarà una reazione ad anni di microporzioni gourmet, sarà la ripulsa verso l’eccesso di creatività e di formalismi, fatto sta che da tempo sono tornati piatti antichi, semplici, confortevoli. Un anno le polpette, un altro pasta e fagioli, un altro ancora pasta e patate. Ora è scarpetta mania. Si usano le mani, si condivide, si gode.

Uno chef tristellato, Massimiliano Alajmo, ne propone una versione speciale – Scarpetta di pane e cipolla a fumo – ma così ne contraddice il senso stesso (peraltro la adagia in una “scarpetta” di cristallo). Che è quello di essere un piatto popolare, informale, godurioso proprio per la sua semplicità.

Tra i locali che lo propongono c’è Immorale, che una deliziosa scarpetta con il ragù dell’aia (6 euro).

In menu anche da Mi Scusi e alla  Vineria Naturale: in quest’ultima ci sono due fette di pane dentro una salsa rossa di pomodori toscani, con olio Centonze. Tra i capostipiti della moda c’è Ratanà, anche se non l’ha sempre in menu.

A Roma ha aperto nel 2018 una Scarpetteria ma ha già chiuso. Evidentemente i tempi non erano maturi. Vedremo se questa moda attecchirà anche nella Capitale e altrove.

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