Mozzarella campana contro mozzarella pugliese. Mozzarella di bufala contro mozzarella di vaccino. E’ già guerra tra le regioni dopo il via libera del Ministero delle Politiche Agricole al riconoscimento del marchio Dop alla mozzarella di Gioia del Colle. Ad annunciare ricorso al Tar è il presidente del consorzio di tutela mozzarella di bufala campana Dop, Domenico Raimondo, che parla di «decisione inaccettabile».
La partita non è chiusa – attacca Raimondo – andremo fino in fondo e utilizzeremo ogni mezzo a disposizione per evitare un clamoroso autogol dell’Italia. Il ricorso alla magistratura è il prossimo passo, ma anche a livello comunitario siamo pronti a far sentire la nostra voce, visto che l’ultima parola spetta all’Ue».
Le due mozzarelle sono molto diverse. Quella campana dop è di bufala, mentre quella di Dop di gioia del Colle è di latte vaccino. Due mozzarelle, due sapori, due arti.
Chi ha ragione? Comunque la pensiate, ci piace riportare un brano di Mario Soldati, tratto da Al Vino Al Vino, con la descrizione straordinaria della burrata fatta a Foggia.
Arte pura, quella dei casari e quella di Soldati.
“Infine, allo stabilimento Daunia Latte di Foggia, un ricevimento che non potremo dimenticare… arriviamo a una grande sala dove, da un lato, gli operai stavano in quel momento confezionando con le loro mani la famosa “Burrata”; e dove, al centro su una lunga serie di tavoli infiorati, erano trionfalmente disposti tutti i principali prodotti del luogo: con spicco particolare per i vari formaggi, freschissimi, freschi, stagionati, per le verdure e per i vini. Non tenterò nemmeno l’elenco. Dirò soltanto della “Burrata”: questo piccolo otre tutto di formaggio, contenuto e contenente, e che viene fatto a mano, con lavorazione rigorosamente artigianale. È, in principio, una palla. Alternativamente, la si immerge e la si ritrae da un calderone di latte e acqua, poco meno che bollente. A poco a poco, con le dita, lo si scava. Così, via via, aumenta di volume: finché diventa un sacco, e da ultimo lo si riempie di latte appena cagliato e di pezzetti tenerissimi di fior di latte. Gli orli, in graziosa forma di quattro petali, vengono chiusi e legati con un fuscello di paglia. Non esiste, tra i formaggi freschi, niente di più buono. E non inganni il nome. La “burrata” è tutt’altro che burrosa. Io, che, personalmente, detesto il latte e non ne posso trangugiare neanche una goccia sul tè, io, dopo aver provato la “burrata” di Foggia, ho dovuto convenire che il latte -purché rappreso, così fino ad assumere una consistenza leggermente callosa; purché cagliato, così, fino a perdere ogni untuosità; purché asciugato, così, smagrito e salato fino a richiedere uno spargimento e coronamento di pepe nero, e fino a volere qualche bicchiere di vino bianco o rosato – il latte produce, mediante un’operazione tutto sommato semplicissima e rapida, il miglior cibo del mondo.
L’unico guaio è che la “burrata” deve essere consumata sul momento, o nel giro di poche ore. Basta una breve permanenza in frigorifero per privarla di tutta la sua fragranza e levità. Morale? Imparate, o borghesi, o dannati al consumo, o ansiosi o ossessi dal problema del tempo libero, imparate a fare in casa la vostra “burrata”!”
Mario Soldati, Al Vino al Vino