Ristoranti chiusi a Roma nel 2016, Spoon river

Ristoranti chiusi a Roma nel 2016. Si parla tanto di nuove aperture, e Puntarella Rossa è in prima linea nel raccontarvele, ma spesso si omette di raccontare di quei locali che chiudono i battenti. E’ una fine malinconica, senza una prece, un necrologio, una riflessione. Si chiude per debiti, perché si passa di moda, per contrasti nella proprietà. Per stanchezza. Si chiude spesso, a quanto pare, con la crisi del quinto anno. E allora proviamo a raccontare alcune delle chiusure più importanti del 2016. In alcuni casi, prodromi di traslochi o riaperture più ambiziose, in altri, semplicemente la fine di una storia.

Agata e Romeo

Ristoranti chiusi a Roma nel 2016: Agata e Romeo

E’ la chiusura per molti più dolorosa dell’anno. Un ristorantone stellato, con una cantina fenomenale, e una fama che lo seguiva da molti decenni. Agata e Romeo, nato a fine ‘800, chiude definitivamente e lascia spazio all’ennesimo ristorante cinese. Non ce n’era granché bisogno all’Esquilino, quartiere già ricco di ristoranti etnici, di qualità raramente buona. Spiega Romeo: “È cambiato tutto, la frequentazione del quartiere, il tipo di negozi, l’offerta gastronomica. Abbiamo deciso di uscire da qui con la testa alta, tenendo intatto il lustro di Agata e Romeo”. C’è amarezza nelle parole di Romeo: “Perché vendiamo ai cinesi? Un nuovo ristorante italiano sarebbe stato senza futuro, perché la clientela e la frequentazione del quartiere sono cambiati, purtroppo in peggio. Questo ristorante era qui da un secolo, ma ormai di quella Roma non c’è più nulla. L’Esquilino è abbandonato, in degrado. Avevamo ottenuto l’autorizzazione per i tavolini esterni, ma li abbiamo tolti perché il dehors veniva vandalizzato e tra ubriachi e tossici i clienti non erano a loro agio”.

Pro Loco Farnesina 

Aperto nel 2015, ero una delle tappe dell’avanzata di Vincenzo Mancino in città, dopo Pro loco dol, a Centocelle, e Pro loco pinciano, a piazza Fiume. Ma qualcosa non ha funzionato. E, nonostante ottime recensioni su Tripadvisor (per quel che contano), il bel locale della Farnesina ha chiuso i battenti, appena un mesetto fa. In silenzio, senza annunci e con un sito internet e un profilo Facebook ancora attivi.

Romeo Chef & Baker a Prati

romeo

Chiude per riaprire alla grande. O, almeno, questa è l’intenzione. Il locale di Cristina Bowerman è stato venduto al colosso della birra Ab inBev. Operazione indispensabile per fare cassa, viste le dimensioni (2 mila metri quadrati) del nuovo locale che, salvo ulteriori slittamenti, potrebbe finalmente aprire a fine gennaio 2017. La nuova squadra è formata, oltre che dalla Bowerman, dal compagno Fabio Spada, da Giuseppe Di Martino (pasta Gragnano) e Antonio Scuteri, giornalista di Repubblica. Impresa gigantesca, come si desumeva anche dalla ricerca di personale “monstre” del luglio scorso.

Boulangerie MP

Uno dei migliori forni di Roma, con un vero talento, Matteo Piras. Eppure, senza dare spiegazioni pubbliche, anche Boulangerie MP chiude. In sordina, lasciando all’asciutto i suoi fan. Di Piras non si sa nulla, mentre resta saldamente nelle mani di Bonci lo scettro del miglior fornaio romano.

La Moderna

Modaiolo, con uno splendido bancone e uno schermo cinematografico, è restato a galla per qualche mese, proprio di fronte al Macro, poi ha ceduto di schianto. L’avventura della Moderna è durata poco e ci si può interrogare sul perché: la qualità di una cucina non eccelsa, un eccessivo cedimento alle mode estetiche, una certa confusione nell’offerta. E magari una configurazione eccessivamente moderna, per una zona come Testaccio.

Zoc 22

zoc

Esempio plastico di come non basti un ambiente straordinariamente bello quando la cucina arranca. Zoc 22 è di proprietà di Angelo Belli, titolare anche di Urbana 47. Che ha il suo punto di forza da sempre nei mobili vintage e retrò. Zoc 22 ti allargava il sorriso quando ci entravi, anche per lo splendido cortiletto interno. Ma il sorriso si spegneva quando approcciavi un piatto. In cucina si è sperimentata a lungo una contaminazione tra romanità ed esotismo (ravioli alla curcuma ripieni di ricotta e pecorino; kebab di coniglio porchettato, funghi al curry e cicoria) che è risultata indigesta ai più. I tentativi di rianimarlo, con innesti vari (Troiani e Terrinoni), sono falliti e un’ottima idea è stato decidere di affittarlo alle ragazze di Pianostrada, che gli hanno ridato nuova vita, mantenendo la bellezza del luogo e arricchendola con una cucina finalmente all’altezza.

Celestina ai Parioli 

Per anni è stato uno dei ristoranti più frequentati dei Parioli. Fino a quando è finito in un’ordinanza di Mafia Capitale perché risultato “in contatto con Carminati” essendo, scrivevano i giudici, di proprietà di soggetti riconducibili a Marco Iannilli, prestanome dell’ex Nar. A febbraio un incendio doloso ne aveva chiuso definitivamente la carriera. Fino a quando, pochi giorni fa, la lieta notizia, con l’arrivo della storica bottega Ercoli 1928 ai Parioli.

No.Au

A noi piaceva molto. Per l’aria scanzonata, grazie ai colori allegri e al bancone, e grazie a un clima simpatico facilitato dalle ottime birre artigianali. Ma l’impresa di Birra del Borgo, Bonci e soci, nata nel 2012 al posto del celebre Societè Lutèce, non è mai decollata davvero. Perché? Domandone. Una risposta potrebbe essere la zona troppo defilata: è vero che siamo a due passi da piazza Navona e dal Bar del Fico, ma raggiungere piazza Montevecchio non è così immediato e la mancanza di passaggio nasconde il locale alla vista dei più. Probabilmente non è questo il solo motivo della fine prematura di No.Au, anche perché al suo posto è nato un locale che ne condivide lo spirito scanzonato, Bolla su Bolla, di Roscioli. Che per ora campa bene, anche grazie al nome Roscioli e all’uso della saletta per degustazioni e lezioni agli stranieri.

Cohouse Pigneto

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A dispetto del nome, si trovava al Mandrione, quartierino attaccato al Pigneto improvvisamente tornato di moda. E il Cohouse è stato sicuramente uno degli esperimenti più riusciti in zona, con un innesto di popolazione modaiola un po’ Roma nord che si spingeva fino alle porte del Pigneto, a cercare il brivido della “periferia” (si fa per dire). Serate di dj set in un ambiente bellissimo e cene ultra gourmet con chef noti a turno. Ma il fascino della periferia è durato poco e dal 31 dicembre (con un megafestone di Capodanno) il Cohouse chiuderà i battenti. Al suo posto, nel frattempo, è nato il Coho, a piazza Barberini, più piccolo ma ancora più trendy, se possibile. Location centralissima, giovani rampanti con champagnino oscillante e le cene gourmet in arrivo. Centro batte periferia 2-0.

Tricolore a Monti

Uno dei localini più belli di Monti, ma a lungo indeciso su una vocazione di panini gourmet (e molto costosi) e di corsi di cucina. Alla fine, Tricolore ha chiuso i battenti, annunciando una riapertura che non c’è ancora stata: al box 2 del mercato di Testaccio, uno dei mercati più in crescita della città, al quale manca solo l’apertura serale per diventare un vero punto di riferimento (insieme al nuovo Mercato Centrale di Termini).