Albos Club, a Fregene come in Grecia

Albos Club a Fregene. Ora che avete visto il piatto di crudo qui sopra, avete capito quasi tutto. Ma ecco qualche dettaglio in più. Se arrivi sul lungomare di Levante e guardi l’insegna un po’ anonima e logora, ti sembra uno stabilimento come un altro. Ma basta entrare per capire che Albos Club è un mondo a parte. Uno stabilimento elegante, sobrio, candido, con una rotonda che fa da bar, le biciclette e una scaletta che porta su al ristorante: una terrazza anni ’50, con grandi vetrate che danno sulla piscina dei bambini e sulla spiaggia; pareti dipinte di bianco, pavimento con travi di legno bianco decapato, tocchi di azzurro pastello. E nei piatti, pesce freschissimo, preparato con cura e servito senza la sciatteria di tanti locali del litorale laziale. Ce n’è abbastanza per rendere Albos Club uno dei pochissimi ristoranti di Fregene (insieme alla Baia) degno di una visita non occasionale.

La sala del ristorante è circondata da vetrate a tutta parete, con una vista splendida, come questa. Il titolare è Rosario Malapena, coadiuvato dalla compagna Cristina Sebastiani, responsabile di sala.

Visto dal mare Albos Club, in un pomeriggio di maggio di metà settimana, si presenta così.

Avvicinandosi un po’, ecco la terrazza del ristorante, solida, squadrata, rassicurante.

Siamo a giugno, gli ombrelloni sono aperti ed eccoci dentro la sala. Pochi tavoli ben distanziati, legno bianco e vetrate a tutta parete (disegnate da Pier Luigi Nervi).

Diamo un’occhiata al menu: pochi piatti, che cambiano spesso a seconda della disponibilità del pesce fresco.

Due i menu a prezzo fisso, da 50 a 55 euro

Ed eccoci alla carta dei vini, una bella carta, con etichette di livello e poco note. Noi ci facciamo servire prima un ottimo Eureka Marabino, chardonnay biodinamico scoperto in una vacanza a Marzamemi (18 euro). Poi passiamo a un Latour a Civitella, di Sergio Mottura, Grechetto naturale, straordinario come sempre (24 euro).