
Il Rossovigliano di Paolo Marchionni.
Ho conosciuto Paolo Marchionni nel novembre del 2018 durante un aperitivo con il produttore.
Prima di allora non sapevo quasi nulla di lui; pochi mesi prima avevo preso alcune bottiglie da Gabriele Merlini: vini nitidi e solari, attraversati da un impeto di grandissima generosità.
A voler azzardare una parafrasi schilleriana, confesso un’avidità per le relazioni con le persone di valore. Ignoro se il fatidico filo rosso unisca davvero le persone ma ribadisco l’importanza di certi incontri. Se poi osserviamo un episodio con la lente degli antichi, il momento (concetto cardine nel sancire la bontà di un evento o un’azione), assume una valenza quasi fatidica.
Poco prima avevo avviato un’avventura: un fratello e un amico come scudo. Se un uomo è un’isola, quello era l’arcipelago che mi offriva riparo. Lontano dalle nebulose e dalle incertezze degli esordi, battito, respiro e pensiero si sincronizzano in un menabó in perenne movimento.
Qualche mese dopo ritrovo Paolo a un pranzo in campagna nei pressi di Montalcino, al quale mia moglie, mio figlio di sette mesi e io partecipiamo imbucati da Gabriele. Tra amici e colleghi, un raduno spontaneo e caciarone diventa una giornata di festa quasi leggendaria.
La terra dà buoni frutti se curata con intelletto e costanza. Voglio rischiare a spiegare – con un’espressione consumata – orgoglio e modestia; qualità che emergono simultaneamente dai racconto di Paolo. Parrebbe scontato nei confronti del vino, elemento embrionale dell’azienda di famiglia, ma sono meravigliato di constatare con quale gioia parla sempre del suo olio. Confesso ignoranza in materia ma questo frutto della terra, potente e discreto sa riassumere tutta la solennità e il raccoglimento del rituale che nasce quando l’olio arriva a tavola e ognuno si serve.
Avrei dovuto rivedere Paolo, Gabriele e altri amici pochi giorni fa. Riuniti per assaggiare nuove annate, mangiare, far canzoni e bere vino, se il passaggio da Schiller a Francesco Guccini non appare troppo brusco, avremmo apprezzato una condizione che ci auguriamo di riassaporare al più presto.
Sangiovese Rossovigliano
Premio Slow Wine Toscana 2018
Paolo e Lorenzo non hanno ricette, decidono insieme la strategia per la vendemmia a ogni annata.
Il sangiovese del Rossovigliano proviene da parcelle diverse ed è raccolto in più fasi, secondo criteri molto rigorosi. Fermenta e affina in cemento; decantato e successivamente imbottigliato a mano, riposa quattro mesi in bottiglia prima di poter essere servito.
Colore rubino con riflessi violacei, scintillanti, protervi di furore giovanile
Al naso un attacco vinoso rifiuta per un bel po’ di tempo ancora la ciliegia e la prugna. Il frutto fresco, acerbo e scuro della mora, dei mirtilli fragranti sono dominanti. Risale le narici un alcol esuberante e pungente. Fiori austeri fanno spazio qua e là a note speziate ancora piacevolmente indecifrabili.
Al palato offre resistenza, tannini eleganti e acidità incontrastata, carattere risoluto e sanguigno. Sapore di uve pestate richiamano i sentori di cantina in fermento che avvolgevano l’olfatto. Aspro, tagliente e sapido, ambizioso.
La misura non è il suo forte e, forse, non ne ha bisogno.
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