Trastevere: Valzani va, Bakery arriva

Si chiama Bakery è a Trastevere e quando uno ci passa davanti la prima cosa che fa è pensare a una qualche forma di eroismo. Aprire una pasticceria di fronte a Valzani e di fianco al panificio della Renella è un gesto da pazzi sconsiderati, come fare il torello con Totti, Pirlo e Seedorf. Valzani è uno dei negozi più antichi di Roma, nonché leggendario e apprezzatissimo. La Renella è quella fabbrica di profumo di pane fresco che ha commosso generazioni di romani borraci alle cinque del mattino al rientro a casa dopo una notte torbida di alcol e sesso (nel migliore dei casi) in giro per Trastevere.

Poi uno ci pensa meglio e si rende conto che invece la mossa di chi ha aperto Bakery è più che sensata. Valzani ormai è più chiuso che aperto, e oltre ai torroni romani vende malinconia, approssimazione e nostalgia a peso d'oro.

La Renella è un forno old-style che, per quanto immortale, occupa necessariamente una fascia di mercato del tutto diversa, quella "del romano trasteverino er mejo fiore der giardino che nel bel mezzo del mattino sbatte la mortadella dentro ar panino". Bakery invece è chiaramente un sottoprodotto della cultura "cabottina" che sta travolgendo il quartiere più antipapalino del mondo. "Cultura cabottina" è un'espressione coniata apposta per questo post e fa riferimento agli americani canottierati e, talvolta, palestrati, sempre comunque inesorabilmente masticanti che, all'uscita della John Cabot University affollano le vie del quartiere, già rione, sulle loro birkenstock olfattivamente sospette.

Ciò, tradotto in termini gastronomici, significa un locale tutto sommato elegante, fresco, "nuovo" nell'accezione meno merceologica che si possa trovare, forse un po' buio; con un arredamento tipico del genere, tutto di maniera, tutto curato (a parte tre agghiaccianti frigoriferi evidentemente omaggio della Peroni e  dell'Egeria che speriamo presto di trovare una domenica mattina a Porta  Portese).
Tutto di maniera, tutto curato, si diceva e in mente avevamo in particolare uno splendido bancone stile candy candy, secondo un naive tutto anglosassone, dominato dalla consueta alternanza, rosa tenue-crema rosa tenue-crema.

Da mangiare, l'ovvio made in Usa perfettamente confezionato. A partire dalla maledetta (o benedetta, dipende dai punti di vista) trimurti della caloria – muffin, beagle e cookie – che da Bakery raggiunge vette di perfezione inesplorate, quanto meno a Roma.


La cosa buffa è che tutto questo americanismo spunta fuori un po' a cavolo, come si dice da quelle parti. Il proprietario-eroe del locale è un ragazzetto sveglio di Roma che dopo aver ingozzato di muffin i tedeschi di Berlino ha deciso di tornare a casa. Ha trovato questo locale (i gatti randagi di via del Cipresso raccontano che si tratta di una ex palestra, frequentata tra gli altri da Pecoraro Scanio, e chiusa a suo tempo non per colpa del suddetto ex ministro ma per via di certe sostanze che vi trovarono quelli dei nas nei cassetti degli allenatori) e ha deciso di puntarci sopra tutti i soldi ricavati dall'avviamento del locale teutonico.

Riuscirà il nostro eroe nella sua impresa? Fateci un giro e dateci la vostra impressione.

Bonus Il gelato artigianale (pochi gusti ma buoni), un salottino pieno di libri e due comode poltrone dove fare colazione (per ora dopo le 11, da settembre, pare, anche prima) o consumare il light lunch.

Malus Non c'è il caffè espresso ma solamente quello prodotto da una sorta di distributore automatico.

I voti di Puntarella

Cucina 7
Ambiente 7,5
Servizio 6,5

4 Commenti

  1. Pessima recensione sia per l'entusiasmo rispetto alla americanata in oggetto, seppur tollerabile in un quartiere turistico e anglofono, che per l'ingiusto trattamento riservato a Valzani e la Renella. Se questo e' il nuovo che avanza tenetevelo pure.
    Dimenticavo, e' anche intempestiva. Della mia visita di oggi in Via del Moro riporto la serranda chiusa, la segatura al posto della farina e grosse travi di legno al posto dei muffin; un buio da ristrutturazione epocale o chiusura totale. Siete sicuri di quel che scrivete? Ce state? 

    • Nella recensione ci sono luci e ombre e c’è un’ironia che si dovrebbe cogliere a occhio nudo. Non non siamo né per “il nuovo che avanza”, ammesso che questa pasticceria lo sia, né per le “gloriose tradizioni”. Ci limitiamo a raccontarlo, nel bene e nel male, con spirito indipendente e caustico, con i pregiudizi che abbiamo tutti, ma cercando di metterli il più possibile da parte. Detto questo, ci sarebbe da fare un discorso sulla nostalgia del passato e sulla retorica delle buone vecchie osterie di una volta. A noi piacciono, sia chiaro, ma non sempre e non a prescindere. Ci piacciono i cornetti ma anche i muffin, la carbonara ma anche il sushi. E anche se non ci piacessero c’è un’ampia fetta di persone a cui piacciono e che meritano attenzione e rispetto. E’ un reato di lesa romanità? Non crediamo. Solo i popoli destinati a rapida decadenza non si fanno infiltrare dai “barbari”. Poi, son gusti, si sa.
      (quanto alla chiusura, lo abbiamo visitato pochi giorni fa, nella settimana di Ferragosto, poi evidentemente sono partiti dei lavori)

  2. Non quali siano le vostre conoscenze nell settore gastronomico ma definere bekery un posto  buono non é esatto é un posto dicreto non buono diverso da quello che c'é in giro ma é tutt'altro che buono le prentazioni al banco lasiano a desidera e le foto del tiramisu e i cup cake lo dimostrano le cose sono troppo spesso non freschissime e non capisco se sia una bekery stile anglossasone o un altro posto mascherato da qualcosa per limitarsi a vendere birre e bevande di consumo solo notturno non ricordo in vita mia di aver mai preso una birra in una bekery forrei solo specificare che sono uno chef con un ottima preparazione pasticcera e percio fare un paragone con un istituzione pasticcera mi sembra un po irriverente e presuntuoso diciamo la verità grazie

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