Il nuovo “All’Oro” di Riccardo Di Giacinto: “Il piatto perfetto? Ci stiamo lavorando”

Il nuovo All’Oro, intervista allo chef Riccardo Di Giacinto. Accolti da un cortile in mezzo a una strada alberata, con le fronde scapigliate da un insolito vento, ci addentriamo nella hall dell’hotel The H’All Tailor Suite, che si presenta quasi impettito, accogliente, ma con quella presunzione da Grand Hotel, che talvolta mette quasi a disagio il cliente. Mentre invece, dopo poco scopriamo che l’atmosfera è decisamente diversa: è come essere a casa, anzi meglio. Tutto è studiato nei particolari: un sapone Maison Margela, un lenzuolo di Gamba, un’apposita fragranza creata da una sinergia tra The H’All Tailor Suite e Campo MarzioUna struttura a 5 stelle che ha aperto da “un mese e poco più con 14 camere. Di hotel e boutique hotel ce ne sono moltissimi a Roma, di Tailor Suite, non ce n’è neanche uno”, ci spiegherà lo chef e co-proprietario Riccardo Di Giacinto, “Non un abito, ma uno spazio creato su misura per il cliente e quindi moltissimi dettagli a livello di comfort: nella Family, ad esempio c’è la Playstation; nella suite con il terrazzo c’è una selezione di sigari. Piccole accortezze che non trovi neanche negli hotel più blasonati”.

Ci guardiamo intorno. Due scale che ruotano, una porta al piano di sopra, l’altra al ristorante. Tra le due, prima di scegliere se scendere o salire, c’è un enorme scultura di un gorilla rosa, di un materiale strano: è chewing gum. “Annusa, profuma di gomma”. L’arte contemporanea. L’hotel viene costantemente rifornito di opere d’arte dalla Galleria Mucciaccia, con cui collabora. The H’All Tailor Suite è un vero e proprio scrigno. Eredità astratta del lavoro di orefice del padre dello chef, che “avrebbe voluto che io andassi ad Amsterdam a fare il tagliatore di pietre. Quando gli ho detto che volevo fare il cuoco, successe una tragedia a casa”. Al piano inferiore ci sono più di 100 metri quadrati di spazio, diviso in due sale, una più piccola in cui “puoi organizzare eventi privati grazie alla porta segreta, che puoi chiudere ed avere il massimo della privacy”.

Da una porta laterale esce un ragazzo in bianco: la cucina, che dopo aver voltato l’angolo apre la sala principale, si affaccia nuda e trasparente attraverso un vetro insonorizzato: “Questo è il privilegio di vedere, ma di non sentire!” – ammicca Martina Falasca, l’assistant manager – ed invece neanche un suono. Martina svela una piccola ambizione dello chef (e del suo staff): “Nessuno ha mai puntato troppo sulla colazione: noi con i nostri cornetti espressi, french toast e muffin fatti in casa, miriamo ad ottenere la denominazione di “miglior colazione d’Italia”. I clienti devono scegliere solo una preferenza per il dolce o il salato e l’assistant manager precisa che “serviamo sia colazione dolce che salata: il cliente non deve scegliere. Si siede e gli viene chiesto cosa preferisce bere, dopodiché viene imbandita la tavola di dolci dalla pasticceria, viene affettato il prosciutto direttamente al tavolo con la berkel, tagliato il formaggio su un carrello al tavolo e viene chiesto al cliente che piatto caldo desidera, uova in diverse cotture, omelette, pancake, ecc…”. Per il resto nessun buffet, nessuna tavolata imbandita di caraffe e vassoi stracolmi di brioches.

È questo il primo argomento che affrontiamo con lo chef Di Giacinto, dopo aver conosciuto la moglie Ramona Anello  e la splendida bambina.

“La mia colazione è una fetta di ciambellone preparato da mia moglie”. Non c’è niente di più gustoso, che iniziare la giornata con un dolce farcito di ottimi ingredienti e romanticismo.

Le ricorrenti decorazioni di foglie d’alloro“Cuore pulsante della struttura”, commenta lo chef – stilizzate sulla carta da parati e nella forgiatura della grata che divide la cantina a vista dei vini dalla sala, sono un dettaglio affascinante.

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Seduti davanti al bar, degustiamo il caffè e ascoltiamo: c’è una musica in lontananza, forse una radio. Dalla porta laterale della cucina camerieri in nero entrano ed escono con vassoi ad alternanza colmi o vuoti e da lì (come un carillon) esce un’altra melodia. In cucina infatti “noi lavoriamo sette giorni su sette e la cucina è aperta quasi 24 ore su 24”, spiega lo chef Di Giacinto e a parte le due, tre ore di servizio in cui la sala è piena e il ritmo è dato dai coperchi sulle pentole. Per il resto “in cucina c’è sempre musica” e per quanto lo riguarda “la musica è come il cibo: non è che c’è un cibo o una musica. Qualcosa che mi ritorna spesso e volentieri la mattina per me è la musica classica o la lirica. Mentre a me dà un’energia pazzesca, i ragazzi mi guardano come se fossi pazzo. La musica dà tanta tanta energia, che è necessaria”.

Quanto è studiato l’aspetto esteriore del piatto e il gusto della pietanza?
“Come mi esprimo viene da dentro: non sono molto razionale, specialmente nel lavoro. Non ho un concetto ben chiaro di come creo e come assemblo un piatto, rimanendo a livello visivo: mi esce molto naturale. Penso di avere una sensibilità molto sviluppata. Cerco di accarezzare ingrediente e pietanze. In questo modo riesco a lavorare 15 ore al giorno”.

Com’è cambiato il ristorante All’Oro dalla storica location ai Parioli fino ad arrivare The H’All Tailor Suite?
“La cura del contenitore c’è sempre stata. Abbiamo aperto il 24 aprile del 2007 a Parioli un posto di 59 mq con dettagli importanti. Piccolo, ma dove avevamo messo tutto ciò che potevamo investire. Sono passati un po’ di anni e oggi abbiamo un Hotel 5 stelle con un ristorante meraviglioso e un futuro giardino. Anche oggi abbiamo re-investito tutto ciò che potevamo: per noi, per i clienti, per il brand All’Oro, per il lavoro che facciamo. È una cosa che ci fa stare bene. Sono cambiate tantissime cose, però mettiamo sempre davanti sempre e comunque l’esperienza del cliente. Questo porta i risultati”.

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Negli ultimi anni i programmi televisivi hanno sdoganato l’immagine dello chef, ponendolo alla portata di chiunque. Quale pensi sia stata la ripercussione sulla visione di questa figura?
“Vissani, inizialmente, poi Cracco e Barbieri hanno contribuito ad innalzare la qualità dell’eno-gastronomia in Italia, che potrebbe essere un volano di ripresa per questa nazione”.

La realizzazione di un forno a legna è stato uno dei tuoi desideri per la tua cucina ideale. Perché?
“Il camino in sala e il forno a legna in cucina: puoi ampliare le modalità di cottura, puoi affumicare e allarghi le tecniche in cucina. Ci sono più strumenti e quindi più divertimento sia per noi, sia per i clienti”.

Qual è l’importanza nell’osservare chi cucina?
Abbatti un filtro e quindi hai un filo diretto tra cucina e sala. Ho voluto aprire la cucina come una delle forme di rispetto verso il cliente.

Hai detto: “In cucina per andare avanti faccio sempre un passo indietro”.
“Siamo il sunto delle nostre esperienze: ho vissuto 4 anni a Londra, 4 in Spagna e faccio una cucina che attinge molto al tradizionale. Non voglio stupire, ma se riesco ad emozionare con una cosa buona, vado a letto sereno. Faccio un passo indietro perché guardo a quello che ho fatto e alla nostra tradizione per proiettarla nel mio destino”.

Il tuo menu si rinnova di nuovi elementi su una base tradizionale della cucina tipica della Capitale. Come sei riuscito a far evolvere pietanze così radicate nella cucina romana senza rischiare di snaturarne il gusto?
“È uno dei lavori più importanti: non snaturare il gusto, riuscendo ad alleggerire. Lo stile di vita negli ultimi tempi si è trasformato completamente: non camminiamo più, non facciamo più niente. Non si può cucinare come vent’anni fa. Cerchiamo di accarezzare con tecniche nuove la tradizione, rispettando il gusto. “RDG” è “Rispetto Del Gusto”, oltre che Riccardo Di Giacinto”. [ride]

AllOro_03 Paola Sulpizio

Un piatto come Cacio e Shaker fa intuire un’unione tra l’arte della cucina e il mixology. Quali sono le affinità tra le due?
“La sensibilità per gli ingredienti. Negli ultimi anni – parlando da cliente – c’è molta attenzione al mondo dei cocktail. Da All’Oro è tanti anni che proponiamo i cocktail in sala, come degustazione o abbinati ai piatti classici del ristorante. Cacio e Shaker nasce da una passione per la professione del barman e dei cocktail. Due prospettive all’interno dello stesso contenitore, ovvero – in questo caso – il ristorante”.

Arriverà il giorno in cui realizzerai un piatto che appagherà l’ambizione di creare il piatto perfetto o è già giunto?
“Per il piatto perfetto avoja ancora. Sono molto critico con me stesso. Bisogna lavorare tanto. Ho vissuto molto spesso l’esperienza di uscire in sala e sentirmi dire “Il piatto è perfetto” dal cliente. Ma per quanto mi riguarda, devo ancora lavorare tantissimo: il percorso è ancora lungo.

The H’All Tailor Suite – All’Oro, via Giuseppe Pisanelli, 25, Roma. Tel. 06 9799 6907 Pagina Facebook