Buzz marketing? No, grazie

POLEMICHE / PERSUASIONE OCCULTA E MARCHETTE

Si chiama buzz marketing. O se preferite word of mouth. O se preferite passaparola. A noi piace chiamarlo marchetta. Nel senso giornalistico, o antigiornalistico del termine.
Funziona così. L’azienda che produce la merendina “Godimento lento” non riesce a sfondare nel mercato solo con spot tv e radio, che poi son costosi. I giornali, per carità, ormai son moribondi. E così eccoci ai blog. Perché non lanciare il nuovo marchio sui siti più influenti? Pagando? Con un banner, spazio-pubblicitario riconoscibile come tale? Naturalmente no, altrimenti mica funziona.
Molto meglio insufflare nel lettore la percezione che “Godimento lento” sia il brand più alla moda del momento e lo sia per le sue straordinarie qualità oggettive. Basta qualche citazione nei blog di riferimento, quelli più credibili e autorevoli della blogosfera, e il gioco è fatto. Nasce “spontaneamente” il culto del godimento, marchio più cool del momento.
Già, ma come si fa a convincere i blogger a parlare, bene, del Godimento lento (copyright Biagio Antonacci)? Beh, c’è il metodo antico: qualche euro sottobanco e si sa che i blogger son gente povera, che si arrangia, fa quel che può. Oppure li si ricompensa con qualcosa di immaterial, una cena, quattro capponi.
Stiamo parlando male del buzz marketing? Sì.
E’ una cosa illegale? No.
E’ un’operazione commerciale del tutto legittima se condotta in modo intelligente e creativa. Ci sono aziende serie, che provano a diffondere il brand cercando di raggiungere i più influenti opinion maker e cercando di convincerli, con la forza della qualità, della bontà del prodotto.
Altrimenti, ed è il maggior numero dei casi, il buzz sfocia in un’indebita commistione tra advertising, pubblicità, e informazione, che è eticamente devastante e determina la fine della credibilità di un blog. Perché voi mica lo sapete se il vostro blogger di fiducia fa del buzz marketing. Mica lo sapete se fa del pay per post. Mica lo sapete se io scrivo godimento e poi ricevo pagamento.
Forse è utile fare un esempio. A Puntarella Rossa, qualche mese fa, ricevemmo la mail di una azienda che offriva soldi per scrivere di lei. Ignorammo. Ora riceviamo un’esplicita proposta di buzz marketing. Via posta, ovviamente, in modo riservato. Il gentile scrivente la mette giù così: “Il nostro scopo è mettere in relazione i blogger con le aziende selezionando i blog che riteniamo più interessanti e realizzando innovative campagne di passaparola online su brand, prodotti o iniziative”.
Bene. Lusingati di essere ritenuti tra i blog “più interessanti”, ci incuriosiamo per le “innovative campagne di passaparola”. Si tratta di iscriversi alla community e di “scrivere di proprio pugno un post venendo ricompensati”. Eccoci.
L’azienda specifica, a scanso di equivoci: “Non sarai mai forzato a pubblicare un articolo, in quanto il nostro unico scopo è quello di creare un canale trasparente con il blogger ed i suoi lettori, nel pieno rispetto del prezioso spazio di confronto ed informazione che gestisci”.
Ottimo. Tutto a posto quindi? Mica tanto. Se io voglio guadagnare, non c’è bisogno che loro mi dicano cosa scrivere. Basta che accedo “alla nostra piattaforma” e seleziono “la campagna più adatta allo stile del tuo blog”. Una qualunque va bene.
In realtà “loro” ce la mettono tutta per convincerti che si tratta di una “piccola rivoluzione dell’advertising” del tutto innocente e benefica. C’è anche un codice etico che condanna “l’inganno, l’infiltration, la disonestà, lo shilling, e altri tentativi di manipolare i consumatori”.
Ma l’inganno non è una sovrastruttura del buzz marketing: è il cuore stesso della strategia virale, nel senso deteriore del termine. Se io faccio un post dicendo: ho concordato con l’azienda Godimento lento di pubblicare un video che decanti le qualità del prodotto, che peraltro mi piace molto, l’efficacia sarà scarsina. Se invece metto, senza nessuna avvertenza particolare, un video in cui una morbida ragazza rifiuta le avance del nerboruto amante per dedicarsi alle gioie di Godimento lento, avrò ottenuto un ottimo risultato per l’azienda. Con un solo clic. Tanto che dall’agenzia si affrettano a specificare che se “pubblicherete un video verrete remunerati in base alle views ricevute. Voilà. Il tutto molto spontaneo, ovviamente.
Per farla breve, il buzz non ci piace, ci sembra una strategia scorretta e, anche nel migliore dei casi, un inquinamento della spontaneità del sito e del rapporto di fiducia con il lettore. Perché, come dicono i colti, si finisce nell’astroturfing, ovvero nella creazione di un consenso artificiale su un prodotto, alterando la percezione prima di tutto al blogger e poi ai suoi utenti.
E dunque lo diciamo apertamente: questo sito non fa passaparola, non fa buzz, non accetta compensi sotterranei per “consigli” camuffati da post.
Se, e quando, deciderà di accettare la pubblicità, lo farà apertamente e con trasparenza.
Tra l’altro, avendo scarse capacità di sublimazione del sesso con snack e patatine, continueremo a disprezzare la merendina Godimento lento, satura di orridi grassi idrogenati.