Ristoranti chiusi a pranzo a Natale e Santo Stefano, un’assurdità

Ristoranti chiusi a pranzo a Natale e Santo Stefano, un’assurdità. I retroscenisti ci raccontano che il governo starebbe per decidere la chiusura dei ristoranti in tutta Italia per tutta la giornata di Natale e Santo Stefano. Una decisione completamente irrazionale, un danno grave e ingiustificato che si fa alla coerenza dei provvedimenti, oltre che alle finanze dei locali, già messi a dura prova dalla pandemia.

Nessuno sottovaluta l’emergenza, naturalmente. Il Covid è un virus molto pericoloso e molto letale, come hanno dimostrato questi mesi. La mancanza di certezze scientifiche sui luoghi di diffusione del coronavirus ha naturalmente e giustamente fatto scattare il principio della massima precauzione. Quindi giustissimo imporre mascherina, distanziamento e anche lockdown totali e parziali, quando è stato il caso. Il punto è che, perché le misure siano credibili e accettate, devono essere anche razionali. Stavolta, ma è accaduto diverse altre volte, non c’è nessuna ragione sensata per decidere la chiusura il 25 e il 26 a pranzo.

Ragioniamo. In questi giorni nelle zone gialle, come il Lazio, i ristoranti sono rimasti aperti a pranzo, tutti i giorni, chiudendo alle 18. Mancando buona parte dei clienti – causa smart work, stop ai turisti internazionali e italiani – il pranzo durante la settimana è scarso, soprattutto nei centri storici, come a Roma. Si recupera parzialmente il sabato e la domenica, quando i ristoranti sono spesso pieni. “Pieni” è una parola da modulare anche in relazione alla riduzione dei coperti, imposta dai distanziamenti. Se oggi e domani i ristoranti sono legalmente e legittimamente pieni, perché non lo possono essere a Natale e Santo Stefano? Uno dice: a Natale ci sarebbe l’assalto. Ma no, anche perché se un ristorante è pieno è pieno, e soprattutto in queste date festive funziona tutto regolarmente e disciplinatamente con le prenotazioni.

Dunque, perché questa chiusura? C’è un aggravamento della situazione degli ospedali? No, da tre giorni l’impatto sul sistema sanitario lentamente migliora. E’ ancora drammatica in molte città, ma il trend è diventato positivo. Se non ci sono ragioni speciali per inasprire i divieti, perché farlo il 25 e il 26? E magari anche a Capodanno e il 1 gennaio, come si vocifera?

Questo volta, quindi stiamo con chef come Alessandro Circiello, che dice: “Incomprensibile, ingiusto, inopportuno. Capisco la prudenza, i dovuti accorgimenti per la salute dei cittadini. Ma stiamo arrivando al paradosso e all’accanimento nei confronti di un settore”.

Ristoranti chiusi a pranzo a Natale e Santo Stefano