Matteo Baldi dalla cucina alla sala, lo strano caso di Epiro a Roma

Matteo Baldi dalla cucina alla sala, lo strano caso di Epiro a Roma. Matteo Baldi è uno dei proprietari di Epiro. Piazza Epiro, vicino alla Basilica di San Giovanni, Roma. In questo ristorante nato 6 anni fa, Matteo ha messo radici e lavorato sempre in prima linea fin dall’inizio, venendo da diverse esperienze tra Roma e dintorni.

C’era la cucina della stagione estiva in Calabria e c’era il ristorante da battaglia nella periferia di Roma, l’esperienza gourmet al Convivio, poi quella da Acquolina con Giulio Terrinoni. C’era un po’ tutto insomma, anche il corso al Gambero Rosso, il periodo all’estero, la crisi esistenziale con la parentesi universitaria. Una buona gavetta, cominciata presto, che un giorno ti porta a dire, quando incontri qualche collega affidabile e serio: “Apriamo un ristorante”.

Matteo con il socio Marco Mattana Foto di Gianmaria De Luca

Fin qui, una storia che fila liscia. Dopo alcuni anni, però, Epiro cambia formula, da una cucina più gourmet a una ristorazione vicina alla tradizione romana. I soci si riuniscono e le carte in tavola cambiano. Portando Matteo a passare dalla cucina alla sala. Esatto, dalla cucina alla sala.

Una metamorfosi abbastanza inconsueta. Lavorare in cucina e in sala son due mestieri diversi, che comprendono due professionalità, attitudini e preparazioni diverse. Tra le due aree serve una buona comunicazione e non è raro che i ruoli possano scambiarsi o sovrapporsi, di tanto in tanto. Più difficile invece che uno che abbia sempre fatto il cuoco si ritrovi un giorno cameriere.

Come succede? Quando gli altri soci di Epiro lasciano Roma e aprono Epiro a Nizza, Matteo è quello che rimane al ristorante. Insieme a lui anche Marco Pucciotti, soprattutto per la comunicazione. “Ho sempre voluto realizzarmi qui, a Roma”. Quindi la soluzione più pratica, sembra spostarsi dove c’è una visione più a 360° delle cose da fare, oltre agli ordini, l’amministrazione, le fatture, i pagamenti, le forniture, il personale. “Non volevo smettere di cucinare, ma in quel momento mi si è presentata la possibilità di vedere qualcos’altro, di studiare cose nuove, lavorando sull’aspetto gestionale della mia attività”.

Matteo quindi, prende una decisione strategica e operativa, per lavorare meglio sul ristorante che, in quel momento, era l’unico socio a gestire sul campo. L’allora secondo chef, Michele De Chirico, prende le redini della cucina e Matteo con grande impegno, si cala nel nuovo ruolo.

I primi approcci sono timidi. Come imparare un nuovo mestiere? Un po’ rubando con gli occhi dai colleghi, Alessandra Viscardi prima e Morena Micali poi. “Mi bastonavano perché mi avvicinavo troppo ai clienti”. Parlare con le persone all’inizio sembra una sfida titanica, la posizione al tavolo va corretta. Riconoscere le facce dei clienti o le voci al telefono, ricordarsi i nomi e i gusti, capire che chi sta al bancone viene anche per fare due chiacchiere, prendere gli ordini a penna. Saper accettare le critiche, che in sala si vedono subito, anche solo da una bocca storta, mentre in cucina le leggi su Tripadvisor o le filtrano i tuoi compagni di sala.

Lavorare in sala diventa soprattutto lavorare sulle persone e sulla propria propensione personale all’accoglienza. Matteo, sempre abbastanza introverso al lavoro, deve e vuole sforzarsi di trovare le risorse per comunicare in modo diretto con i clienti. Comincia a farlo sia fuori che dentro il ristorante, ricevendo presto riscontri positivi, per la naturalezza e l’entusiasmo con cui si approccia a questo compito. “E’ un po’ come quando all’’inizio sei in cucina e ti piace tutto, pure tagliare le patate”. Conoscere la cucina si rivela la carta vincente, perché con maggiore sicurezza riesce a spiegare i piatti, gli ingredienti, le preparazioni e, di conseguenza, dare qualche buon consiglio. Da Epiro è agevolato, perché il posto è intimo e i coperti non sono troppi. “Non avrei mai fatto per nessun altro questa cosa, se non per Epiro”.

E la cucina? Oltre a lavorare sempre a stretto contatto con Michele, la cucina rimane il primo amore. “Sai che faceva mio padre? Gianni faceva il menu, ogni settimana scriveva su un foglio i piatti che avrebbe cucinato a pranzo e a cena. Quindi i miei compagni avevano i sofficini, io il brodo fatto ogni giorno e la minestra. Vengo da una famiglia di grandi cuochi casalinghi, che raccoglieva su dei quadernini le ricette dei piatti “alla Baldi”.

Sarà anche per questo che nello spogliatoio Matteo porta sempre la giacca da cuoco, per tirarla fuori all’occasione giusta.