Scontrino folle all’Antico Caffè di Marte di Roma. Ci risiamo. Ogni sei mesi, o più, riscoppia la polemica. Ci si accorge che un gruppo di turisti, di solito giapponesi, finisce nella trappola ordita da qualche commerciante disonesto e paga un’enormità di soldi per un piatto da pochi euro. Questa volta è capitato a due turisti (giapponesi) che hanno pensato male di mangiare un piatto di pasta all’Antico Caffè di Marte, vicino a Castel Sant’Angelo. Non sfugge che di solito i locali protagonisti delle cronache sono ignoti ai siti e alle guide di settore. Sono bar e ristoranti votati alla ristorazione e, talvolta, al taccheggio dei turisti. Come spesso accade in questi bar, lo scontrino è muto, come si dice in gergo, cioè non riporta nel dettaglio gli ordini e i costi. Tutto regolare? Sì, a leggere le norme.
La questione, riportata da alcuni quotidiani, non è chiara. Secondo i turisti, avrebbero mangiato solo due piatti di spaghetti al cartoccio di pesce, con acqua. Possibile? Il ristoratore, Giacomo Jin, intervistato dal Messaggero, spiega che non è vero, che hanno mangiato anche pesce come secondo. Dov’è l’inghippo? Nel prezzo al grammo. Nel menu è scritto “6,5 euro per 100 grammi di pesce misto”. Secondo il ristoratore, erano 4,8 chili di pesce: fa 312 euro. Per i clienti, erano “al massimo due chili”.
Poi c’è la questione mancia. Si può essere più o meno generosi. Lasciare un euro è da pezzenti, lasciarne 5 è una buona cosa, 10 è da signori. In questo caso i clienti hanno lasciato 80 euro. Com’è possibile che, sentendosi già truffati da un costo eccessivo, abbiano lasciando ben 80 euro di mancia? “La mancia non è obbligatoria”, spiegano i titolari. E ci mancherebbe. Ma altri clienti, su tripadvisor, segnalano che è prevista al 10 per cento. In questo caso, si tratterebbe di una mancia che, ingannevolmente, viene inclusa nel totale.
E dunque? E dunque bisogna fare quattro considerazioni. La prima è che quando ci si siede, bisogna controllare i prezzi sul menu e capire di che si tratta (ma se sei straniero è più difficile). La seconda è che i solerti controllori dei ristoranti, che talvolta tartassano con tasse sull’ombra, infrazioni invisibili e altre quisquilie, i poveri e onesti ristoratori, dovrebbero concentrarsi su quegli esercizi a rischio, a cominciare dal centro storico. La terza è che bisogna rendere obbligatorio lo scontrino “parlante”, con tutti i dettagli. La quarta è che i titolari di associazioni, come la Fiepet-Confesercenti, che ora chiede sanzioni per il danno di immagine alla città, potrebbero collaborare con chi fa questo lavoro e segnalare casi dubbi e opacità varie.