Er Murena in punta di forcone: Pizzeria Bonelli, L’Ephémère, Litro, ristoranti all’aperto, menu per donne

Er Murena in punta di forcone. Roma, luglio 2017: Pizzeria Bonelli, Ephemère, Litro, ristoranti all’aperto, menu per donne.

Menu per donne (vade retro)

Va di moda dire che siamo diventati genderless. Che è cambiato tutto nei rapporti tra uomo e donna.
Che gli uomini si sono femminilizzati, vedi pantagonna di Bernardeschi. Che sono diventati mammolette, fragili, insicuri. Che hanno perso, pare, 0,90 centimetri di pene (in media, c’è a chi è andata peggio, ma non lo sappiamo). Due cose non sono cambiate, purtroppo: la violenza dell’uomo sulle donne. E il menu al ristorante blind, ovvero senza prezzi per l’ex “gentil sesso”, come fosse una sorta di “escort” gastronomica? Roba da non credere. Voi direte, ma va’, non è possibile, nel 2017? E io vi dirò: ma sì, purtroppo è possibile. Nel 2017 Basta andare, chessò, da Rosario Albos Club, a Fregene. O in ristorantoni, stellati o meno. E si presenta una bella coppia di donne, che si fa, blind per tutti? Per fortuna uomini intelligenti (Alessandro Pipero, nella foto sopra alle prese con due cosciotti) e  donne chef giovani come Alba Estevez Ruiz di Marzapane non ci pensano neanche a differenziare le carte. Ma forse si può fare di più. Servirebbe una rivolta delle chef donna: blind menu solo per uomini e non se ne parla più (e poi, naturalmente, il conto lo pagano le donne).

L’Ephémère (ma non troppo)

Ostriche e champagne, dice lo slogan. Del resto, son francesi, sia pure trapiantati nella romanità. E così ci proviamo, che noi si abbocca alle esche gourmet, siam qui apposta. E alla fine, sì, tutto buono, locale meno scaciato di altri, la ragazza sorridente e di classe, gli altri francesi voulevons savoir. Avevamo deciso di metter da parte le prevenzioni politiche, che si sa, qui siamo delle parti della destra lepenista e oltre. Mica chiediamo le opinioni politiche ai ristoratori, né le vogliamo sapere. A patto che non vengano esibite. E mentre ci gustiamo una tartare di ottimo livello, ecco palesarsi dalla cucina un giovanotto italico, con maglietta che ostenta simboli runici e scritte maschie e sin troppo vigorose. La tartare un po’ ci va di traverso. Contribuisce al blocco intestinale anche il Saint Emilion rosso: ghiacciato e al modico prezzo di 34 euro. Voi direte, potevate sceglierne un altro. Noi diremo: no, non potevamo, era l’unico in lista.

Bonelli al forno a legna (e poco altro)

La pizza romana non esiste, ebbe a dire qualche tempo fa un pizzaiolo napoletano con la cazzimma, Enzo Coccia. Purtroppo, invece, esiste eccome (sia pure nata da poco, come la carbonara, nel dopoguerra). La si può trovare, in tutta la sua drammatica mancanza di spessore, in diversi locali della Capitale. L’ultimo nel quale l’abbiamo assaggiata è la nuova pizzeria filiata dalla ben nota e stimata Osteria Bonelli. Anche in questo caso, e forse anche di più, si tratta di una sfoglia ultrasottile con un velo impalpabile di pomodoro e di mozzarella. Qui l’alveolatura è quasi invisibile e, più che scrocchiarella, come dovrebbe essere la pizza romana, è gommarella. E va ben, non tutte le pizze vengono con il buco, figuriamoci i locali. Per ora questa pizzeria è spartana al limite del punitivo e manca di quell’anima popolare e genuina che ci fa amare la Bonelli da tanti anni. Ma aspettiamo e diamole tempo: un posto deve vivere, sporcarsi di unto, ripulirsi, riempirsi di folla vociante, subire gli strali del mondo, godere della gioia dei commensali, del vino che scorre. Solo allora sapremo davvero, se ha la stoffa (e l’alveolatura) per sopravvivere.

Ristoranti all’aperto (che strazio)

Non vedo l’ora che tornino il gelo e le intemperie e che il generale Inverno si abbatta sulla Capitale. Così nessuno potrà più pronunciare l’orrida frase: ma un posto all’aperto no? No, cribbio, un posto all’aperto no. Perché? Perché di solito sono stati messi in piedi in un avemaria, giusto in tempo per scucire soldi facili a gente che si griglia il cervello sotto la canicola e, ormai rincitrullita, si ingurgita le peggio cose. Stop alla calura, al sole, all’afa. Stop anche al ponentino. Voglio un locale invernale, magari sotterraneo, una cantina, fresca ma senza aria condizionata, magari con un camino crepitante. Un bel posto inchiavardato da solide mura, che mi facciano dimenticare il cielo terso, i dehors bollenti con i ratti che passeggiano, i gas di scarico e le infradito delle turiste (per non parlare di quelli dei turisti).

bravin

Litro (segnare in agenda)

Nella corsa a raccontare le novità, ci si dimentica talvolta delle certezze. E allora eccomi da Litro, che per la verità una novità ce l’ha ed è Marco Bravin, uno chef giovane e simpatico (trovarne, di chef simpatici, è un miracolo, sopra è ritratto con un amico un po’ invadente). Bravin si è insediato da qualche mese, dopo l’esperienza al Caffè Propaganda. Ci mette passione e allegria e anche un piatto semplice come il pollo con i peperoni diventa un piatto di gran qualità, bello da vedere e buono da mangiare, con la carne disossata e la crema di peperoni. Se poi lo innaffi (metaforicamente, non mi buttate il vino nel pollo) con una bella bottiglia di vino naturale consigliata da Alessio, allora siamo al top.

pipero