Il manifesto del recensore incappucciato, il coraggio (di Visintin) di non metterci la faccia

Il manifesto del recensore incappucciato Con Valerio M. Visintin, il critico di Milano del Corriere della SeraPuntarella Rossa ha una lunga consuetudine. Ha ospitato alcuni suoi articoli, non di rado al vetriolo (qui ce n’è uno sull’intoccabile Gino Sorbillo) e condiviso le sue battaglie. In passato Visintin se l’è date di santa ragione con alcuni big del settore. Ha tirato randellate contro la Casta degli attovagliati, la vecchia generazione dei critici omaggiati e riveriti, talvolta prezzolati, comunque avvolti in un viluppo di relazioni pericolose con chef, proprietari e gestori di ristoranti, uffici stampa, sommelier e operatori del settore. Tutti insieme appassionatamente, in un volemose bene che fa male al lettore, vittima del gioco delle affettuosità reciproche. Ora insieme a Valerio M. Visintin, abbiamo scritto e dato alle stampe il “Manifesto del recensore incappucciato“, inserito nella neonata Guida dei Ristoranti di Roma di Puntarella Rossa (Newton Compton), uscita in libreria il 27 novembre. Martedì, Visintin si presenterà in pubblico al Bea Cafè di Roma, come di consueto bardato in un pesante cappottone di pelle e occultato da occhiali e cappello, per discutere del ruolo della critica e del Manifesto. Insieme a lui ci saranno il giornalista del Corriere della Sera Luca Zanini e Tito Vagni, collaboratore delle Guide dell’Espresso. Tra un bicchiere di vino e una degustazioni di formaggi (ai quali Visintin dovrà momentaneamente rinunciare, causa passamontagna), Visintin risponderà alle domande, che si immaginano agguerrite, dei colleghi e del pubblico.

Noi, come contributo preliminare alla discussione, pubblichiamo qui il Manifesto del recensore incappucciato, con le dieci regole per un buon giornalismo gastronomico, firmato da Valerio M. Visintin e Puntarella Rossa.

Il Manifesto del recensore incappucciato

“Siamo critici gastronomici.
Gente che recensisce ristoranti.
Ma che gente siamo?
Uomini e donne dalle fauci avide e smisurate.
Un popolo di epuloni che gozzovigliano serviti e riveriti come principini.
Filibustieri senza peli nello stomaco, che pagano il conto con le lodi che infioreranno il successivo articolo.
Cicisbei dediti allo scrocco.
Reginette del selfie con lo chef di grido.
Scienziati delle pubbliche relazioni.
Funamboli del tornaconto personale.
Siamo tutto questo e pure di peggio.
E non ci consola la certezza che abbia domicilio, nel mucchio, anche una minoranza laboriosa di gente perbene.
Causa principale di tale scempio etico è l’immaturità della categoria.
Sporadica e marginale sino a qualche anno fa; gonfiata senza misura, oggi, da un improvviso eccesso di attenzioni.
Ma noi ci ribelliamo.
E alla faccia di chi prosegue sulla cattiva strada, stiliamo un documento programmatico del critico gastronomico incappucciato.

1) Il critico gastronomico visiterà i ristoranti senza annunciarsi. E senza rivelare mai la propria identità.  Perché non c’è altro modo  di fugare il sospetto d’aver ricevuto un trattamento di favore e perché, d’altra parte, bisogna poter valutare il ristorante senza vincoli (più o meno consapevoli) di riconoscenza o di amicizia. Il cappuccio sarà virtuale, naturalmente, ma servirà a proteggerlo dalla tentazione della benevolenza amicale o della gratitudine per le inevitabili cortesie nel conto finale.

2) Il critico gastronomico dovrà avere un’unica avvertenza stampata nella mente come un mantra: dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. D’accordo, sarà una versione soggettiva, parziale nella forma e nel tempo. Ma sarà sincera, schietta, libera da condizionamenti, debiti morali o economici. Altrimenti, è carta straccia.

3) Il critico gastronomico scriverà a beneficio esclusivo dei lettori. E di nessun’altra categoria umana. Rispetterà chef, proprietari, lavoratori del settore, critici, addetti al marketing e sponsor, ma considererà il lettore/cliente il primo e imprescindibile destinatario del suo lavoro.

4) Il critico gastronomico non avrà timore di sottolineare manchevolezze nella dinamica di un ristorante. Né di produrre giudizi severi, ove fosse necessario. Considererà deprecabile la tendenza a rimuovere le critiche negative alle recensioni. Molti dicono: “Noi scriviamo solo dei ristoranti che meritano”. Il critico gastronomico considererà un dovere segnalare i locali degni ma anche avvertire i lettori dei rischi nei quali può incorrere incappando nel ristorante sbagliato.

5) Il critico gastronomico non accetterà regalie, omaggi, cene gratis e ogni altra forma di benevolenza chiaramente atta a produrre un giudizio edulcorato, se non proprio favorevole. Sarà sua cura evitare che si producano situazioni imbarazzanti, per lui, per i ristoratori e, come effetto finale, per i lettori.

6) Il critico gastronomico non passeggerà a braccetto con i cuochi d’alto (o basso) bordo. Eviterà peana e poemi in lode dell’ultima star televisiva, occasionalmente ai fornelli. Valuterà senza pregiudizi il prodotto finale senza farsi influenzare dalle mode. Non accetterà comparsate a pagamento e collaborazioni retribuite dai destinatari delle sue critiche.

7) Il critico gastronomico valuterà l’esperienza di una cena al ristorante nel suo complesso. Non considerando come criterio unico e decisivo il grado di cottura di un uovo, l’uso e l’abuso di concetti come chilometro zero e biologico, troppo spesso strumenti di marketing. Guarderà dietro le etichette e darà una valutazione olistica, complessiva, di una cena al ristorante, raccontando il cibo, l’ambiente, il servizio, i clienti e il personale.

8) Il critico gastronomico rifuggirà come la peste dall’abuso di termini come “tipico” e “tradizionale”. Perché sa che il parmigiano viene prodotto in parte con latte straniero, la porchetta di Ariccia è spesso fatta con maiali spagnoli e la nostra amata pasta con grano canadese. Il critico considererà sommamente necessario chiarire al lettore la provenienza dei prodotti e dei piatti, senza indulgere in retoriche patriottiche o antimoderniste e senza cedere alla tentazione del sapere nostalgico. Compito del critico è quella di smascherare i trucchi del marketing e di fornire al cliente gli strumenti necessari di conoscenza.

9) Il critico gastronomico incappucciato sa che l’essersi incappucciato è condizione necessaria ma non sufficiente per essere un buon critico. Occorreranno studio e dedizione, conoscenza e passione, disponibilità a imparare e onestà intellettuale.

10) Il critico gastronomico sa che dovrà svolgere il suo lavoro seriamente, ma senza prendersi troppo sul serio. Perché chiunque è fallibile e l’esperienza è soggettiva e, entro certi limiti, arbitraria. Saprà dunque ricredersi, se necessario, e correggersi. E saprà dare il giusto peso al suo lavoro, sperando di avere contribuito, con la passione e con l’onestà intellettuale, a creare le condizioni perché il lettore sia sazio e soddisfatto.

E voi che ne pensate? Il dibattito è aperto.

Guida ai ristoranti di Roma di Puntarella Rossa copertina Newton Compton

Martedì 2 dicembre alle 21 al Bea Cafè. Presentazione del “Manifesto del recensore incappucciato”, contenuto nella Guida. Partecipano Valerio M. Visintin, Luca Zanini e Tito Vagni