Lo chef La Mantia molla la Casta

Bel tipo Filippo La Mantia. Un italiano vero. Quello speciale prototipo di italiano che si arricchisce grazie al ragù e alla politica. Del tutto legittimamente, per carità. Che diventa lo chef prezzemolino, oltre che caponatino, e sulla terrazza di via Veneto, ospita feste e compleanni di partiti e politici piccoli e grandi. Lusingandoli, presenziando, sorridendo, godendo dei privilegi. Tanto che alla festa dei suoi 50 anni riceve la gradita visita di Renato Brunetta e Isabella Rauti. E alle sue nozze accoglie Bobo Craxi e Fausto Bertinotti. Quell'italiano – altro che Arlecchino, servitore di due padroni – che, all'inaugurazione di un suo locale, disse ai cronisti, tronfio e gongolante: “Mi hanno inviato messaggi il Presidente del Senato, Schifani, e il ministro Alfano, impegnati in quei giorni con la visita di Gheddafi. Ma li aspetto”. Ieri alle agenzie, il redento Lamantia faceva il neogrillino indignato con la Casta: "Un mio piatto per la Regione Sicilia? In questo momento sono i politici che devono cucinare per noi siciliani. Li abbiamo serviti tutti e per troppo tempo". Ecco, caro La Mantia, l'hai detta giusta: li abbiamo serviti tutti e per troppo tempo.