Vino della casa a Roma ed etichette speciali, bere bene (senza farsi avvelenare)

Vino della casa a Roma e vino del locale, bere bene (senza farsi avvelenare) Un tempo entravi in trattoria e ti sorbivi, con fiducia e passione, un bel bianco o rosso della cassa, senza troppe etichette, senza troppi distinguo, senza troppe domande, fidandoti ciecamente di chi te lo offriva. Ma, si sa, non ci sono più le osterie di una volta e neanche il vino della casa di una volta. Ora, quando c’è, è quasi sempre una ciofeca, fatta non si sa come, pagata due lire (due centesimi) dal ristoratore, con un ricarico enorme rispetto al costo. Eppure qualcosa si muove anche in questo settore e finalmente qualcuno ha trovato la quadra: mettere in carta un vino della casa, a prezzi convenienti, offrendo però prodotti ben identificati, di buona se non ottima qualità. E non solo: c’è chi decide di far etichettare un vino speciale, creato apposta dal produttore proprio in esclusiva per il locale, da bere alla mescita e in bottiglia. E allora vediamo qualche esempio, a Roma (sperando che altri seguano l’esempio).

Da Cesare al Casaletto

Sfuso Cesare al Casaletto Distesa

Conoscendo un po’ l’oste Leonardo, si poteva essere certi che, se avesse deciso di dotarsi di un vino della casa, e l’ha fatto, avrebbe fatto una scelta oculata e controcorrente. E infatti, se non vuoi assaggiare una delle molte ottime bottiglie della carta di Cesare, ti puoi rivolgere al vino della casa. Che è uno “Sfuso“, si chiama proprio così, prodotto dal noto produttore di vino naturale marchighiano Corrado Dottori, La Distesa. Una damigiana di verdicchio da 5 litri, come un tempo (ma più buona di un tempo). Attenzione: è un vino naturale e dal punto di vista gustativo e visivo potrebbe discostarsi dai canoni abituali (se siete abituati a quelli).

Fafiuché

perfafiuché vino della casa fafiuché parusso

Uno straordinario wine bar, con offerta di vini piemontesi (ma non solo), che da qualche giorno ha deciso di dotarsi di un vino che non si può definire della casa, perché ha una logica diversa: si punta non su un vino a basso costo e largo consumo, ma su un vino identitario, che racconti al meglio cos’è Fafiuché, grazie anche a un grande produttore, Parusso. Si tratta del PerFafiuché, un bianco, un Gewurtztraminer del 2016, così descritto dai mister Fafiuché Gianmarco e Andrea: “Equilibrio e buon senso, seta e profumi ma con compostezza. Annata 2016, non per quelli che il bianco lo devono per forza bere giovanissimo ed eccessivo. Lo scopo è anche quello di dimostrare, con il nostro amico grande vignaiolo, che un vino di gran moda può anche andare contro le mode e avere una sua personalità”. Al calice fa 6,5 euro, mentre se si vuole portare via la bottiglia fa 20 euro.
(nella foto, Maria, Andrea e Gianmarco)

Luciano

Il ristorante di Monosilio, che ha perso per strada la pizzeria, e che resta famoso soprattutto per la carbonara propone un vino della casa con prodotti locali, nelle dimensioni di un quartino (4 euro), mezzo (7 euro), un litro (12), tre litri (30). Unico limite, non trascurabile, è che, come si usava una volta, non si sa di che si tratta: si spiega solo che sono “accuratamente selezionati tra piccoli produttori“.

Avvolgibile e Tavernaccia

Il format del locale di Adriano Baldassarre, un po’ stucchevole invero, prevede la riproposizione paro paro della trattoria di una volta, com’era o come ce la ricordiamo. Basta dare un’occhiata alla carta delle bibite di Avvolgibile: crodino, Peroni, caffè Lavazza, gassosa. E c’è anche il vino della casa, naturalmente. In questo caso si dice cos’è: uno sfuso Casale Certosa bianco e rosso. Si va, occhieggiando al passato, dal chirichetto (un quarto) a 3 euro alla fojetta (mezzo litro) 5 euro fino al tubbo (un litro), 8 euro. La stessa scelta fatta da una trattoria di gran qualità, la Tavernaccia a Portuense, che ha però anche un’ottima carta di vini artigianali.