Cibo e politica, il patto della carbonara della minoranza pd e la cena ai Parioli della nuova Rai

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Cibo e politica Si usa spesso dire che, come giochi sul campo di pallone (aggressivo, timido, scorretto, sulla difensiva, estroso), così sei nella vita. E da tempo immemorabile c’è il detto “sei quello che mangi“. Che si potrebbe estendere in “sei dove mangi“. Le cronache politiche di questi giorni, dal “patto della carbonara” della sinistra Pd alla cena ai Parioli della nuova Rai, ci danno molti spunti per una riflessione in merito. Ben consapevoli che si tratta di un giochino estivo, della stessa attendibilità degli oroscopi di quel mattacchione di Rob Brezny, proviamo a cucinare un pezzo in materia, senza fare una frittata (ah, a proposito, la frittata sarebbe un ottimo piatto per un politico che voglia proporsi come onesto e vicino al popolo…).

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Cominciando dal nuovo “patto della carbonara“, come lo hanno ribattezzato i quotidiani. Lo hanno siglato 28 senatori della minoranza Pd, che tentano di resistere all’alieno Renzi. Le cronache dei renziani li descrivono come degli irriducibili “sinistri”. Renzi li sbeffeggia chiamandoli spesso “amici gufi” e mandandogli un morandiano “abbraccio”, a ogni provvedimento varato. Loro, da bravi carbonari, hanno scelto di siglare il loro patto in una trattoria di qualità, centrale, ma non alla moda, che va a pennello alla personalità di un D’Attorre o di un Gotor: Renato e Luisa, immarcescibile ristorante a due passi da largo di Torre Argentina, che dispensa in un clima riservato piatti tradizionali, senza i cedimenti pittoreschi delle trattorie più retrive.

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Altro orientamento, altro ristorante. La neo presidente della Rai, Monica Maggioni, incoronata dal nuovo Nazareno Berlusconi-Renzi, è stata beccata a cena con Antonio Campo dall’Orto, il direttore generale, odiatissimo dalle truppe sinistro-grilline e in sospetto di voler smantellare la Rai. E dove potevano finire i due? Ai Parioli, quartiere borghese e di destra per eccellenza. Li ha colti in flagrante il Fatto Quotidiano: erano attovagliati ai Piani, un ristorante costoso ed elegante che dispensa, non regalandoli, mosciame di tonno e ostriche, cannolicchi giganti e astici alla catalana

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Un po’ di memoria storica ci aiuta a ricostruire qualche altro passaggio gastro-politico. Ricordate il patto delle sardine? Fu quello con cui D’Alema (poi diventato produttore di vino) e Buttiglione convinsero Bossi a dare l’appoggio esterno al governo Dini. Le sardine, narrano le fantacronache, erano l’unica cosa rimasta nel frigorifero del Senatùr. Niente di meglio per celebrare la (presunta) frugalità padana contro la Roma del magna magna. A testimonianza della valenza simbolica, e quindi spesso fallace, del connubio cibo-politica, si scoprì poi che la Lega era ampiamente dentro il magna magna.

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E come non ricordare il patto della pajata? Quando Bossi fu convocato davanti al Parlamento da Alemanno e Polverini (sindaco e governatore) per fare la pace dopo che il Senatùr ne aveva detta una delle sue contro i romani. La pajata, piatto popolare, ai limiti della volgarità (come diceva il Marchese del Grillo la pajata è, letteralmente, “merda”) era perfetta per rappresentare la vicinanza con la “ggente” della destra sociale (anche qui, Mafia Capitale e company hanno dimostrato l’inesattezza della metafora). L’orribile foto di Bossi imboccato portava invece a delle involontarie, e dolorose, riflessioni  sulla caducità umana e sulla fragilità del potere.

Ce ne sarebbe da scrivere per altri dieci post: dal patto della crostata al risotto ai funghi di D’Alema con lo chef dei vip Vissani, dall’olio della masseria di Di Pietro alla birra di Bersani, dalla bufala di Mastella alla mortadella di Prodi, dai prodotti fighetti di Eataly apprezzati da Renzi alle diete vegane e fruttariane dei grillini (ma anche al tartufo bianco da indigestione di Grillo), fino alla pizza di Obama e alla cucina light e trendy di Michelle.

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Attigendo al passato, ecco un Fidel Castro che addenta un semplice e poco rivoluzionario hot dog.

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Qualche anno dopo, John Kerry imita Fidel, ma con meno classe e con un panino esteticamente imbarazzante.

Per chiudere, niente di meglio che ricordare il grande Francesco Nuti, con il suo giochino tratto da Caruso Paskowsky. Qui si era in pieno pentapartito: a voi, se avete voglia, l’aggiornamento all’era renziana e grillina.

“La mortadella è buonissima… La mortadella è comunista, il salame socialista, il prosciutto democristiano, la coppa liberale, le salciccie repubblicane, il prosciutto cotto è fascista…”