Jean Ginglinger, sedici generazioni di vino in Alsazia: “Basta con le etichette”

Jean Ginglinger intervista vini alsaziani

Jean Ginglinger, sedici generazioni di vino in Alsazia: “Basta con le etichette”. E’ uno dei produttori più noti nel mondo del vino “naturale” in Alsazia, attivo dal 1610. Terra di grandi bianchi – su tutti il Riesling e il Gewurtztraminer – e di grandi bollicine, su tutte il Crémant d’Alsace.

Jean Ginglinger l'intervista a Puntarella

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Jean Ginglinger ha 55 anni e fa parte della sedicesima generazione del vino. Ci riceve in una stanza rustica e accogliente della sua sede di Pfaffenheim, minuscola cittadina che è una foresta di vigneti. Ha 55 anni, è biondo, un viso allungato con una bocca sottile e un profilo francese.

Jean Ginglinger intervista quarzi e calcare

E’ in maglietta bianca e pantaloni con toppe militari. Estrae da uno scaffale alcune pietre, mostra i calcari e i quarzi, che contraddistinguono il suo territorio. C’è una targa con una “Profession de foi“, professione di fede: “Di Ogm non se ne vedranno mai nella mia terra, meno ancora nei miei bicchieri”.

Jean Ginglinger intervista professione di fede

Dirige l’azienda dagli anni ’90 e ha convertito tutta la sua produzione prima in biologico, poi in biodinamico e naturale, da quando un medico ha attribuito il peggioramento della salute di sua moglie ai prodotti chimici utilizzati nei loro vigneti.  Ha ottenuto tutte le certificazioni, Ecocert nel 1999 e Demeter nel 2001, ma poi è uscito: “Non mi piacciono le etichette. Sono uscito da tutto, la gente non beve i miei vini a caso. Se vuol sapere come sono fatti, chiede. Non mi piace chi compra il vino solo perché c’è un’etichetta. E’ solo marketing”. 

Jean Ginglinger, dietro una gentilezza sorridente, nasconde un carattere di ferro, poco incline ai compromessi. “Ora poi ci sono grandi aziende vinicole  chesi sono convertite per interesse, comprando grandi quantità di terreno ed enormi trattori, che devastano la terra e impediscono ogni porosità del suolo”. I raccolti nella sua azienda sono fatti rigorosamente a mano, con l’unico aiuto di Boris, il suo cavallo.

Jean Ginglinger intervista la degustazione

Suo zio, Gerard Schueller, è un famoso produttore della zona, dal quale ha imparato molto. Grazie a lui, e con la complicità di altri grandi, come il dirimpettaio Pierre Frick, Ginglinger ha convertito tutto al naturale, eliminando del tutto l’uso di solforosa. Qualche denominazione è rimasta, ma è il momento di uscire anche da quelle. Ci fa assaggiare un Riesling 2021, vibrante e imbizzarrito come Boris: “Questo Riesling non lo posso etichettare così. Meglio. La commissione d’assaggio me l’ha rifiutato perché hanno detto che sa di écurie e di souris“. Di stalla e di topo. “Ti rendi conto? I miei vini di stalla e di topo? Sai quanto mi hanno dato di voto? Zero. Incredibile. Ora ho fatto ricorso perché li ho già venduti come riesling in Giappone e negli Stati Uniti e quindi mi serve che ci sia scritto in etichetta. Ma dal prossimo anno, esco anche dalla denominazione e non se ne parla più”.

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Jean Ginglinger changala

Il suo vino più venduto è il Pinot noir: “Perché? Evidentemente perché piace molto”, sorride. Il Pinot noir è l’unico vitigno rosso dell’Alsazia, ma poi anche questa unicità va relativizzata: “Sai quante varianti di pinot noir esistono? Duecento“. I suoi rossi sono rustici, con pochi tannini, vin de soif, come si dice, cioè vini che vanno giù facile, non da degustazione, non da far roteare il bicchiere cercando chissà quale percettore olfattivo, ma semplicemente da bere. Ora, in realtà, non è l’unico rosso: “Ho piantato alcune vigne di Sangiovese – racconta – Me le hanno date i miei amici laziali di Le Coste. In cambio gli ho dato delle barbatelle di pinot”.

Un terzo delle vigne sarebbe Grand Cru, ma non aggiungendo zolfo, non ottiene la certificazione. A Jean va bene così. Anzi, a Jean-François. “Tutti in famiglia ci chiamiamo Jean“. In che senso? “Si aggiunge un altro nome, come Jean-Baptiste e si va avanti. Mio figlio si chiama Arthur-Jean. Lavora con me e a 22 anni ha già una sua produzione, Le Paradis d’Arthur“.

Jean Ginglinger intervista vini alsaziani

Ci fa assaggiare tutti i suoi vini, fatti con i vitigni alsaziani: Sylvaner, Pinot Bianco, Riesling, Pinot Grigio, Moscato d’Alsazia, Gewurztraminer, Auxerrois Blanc e Pinot Nero. Particolarmente impressionante il suo Gewurtraminer macerato. Noi spesso scartiamo i gewurtz, perché li consideriamo vini troppo dolci, e di solito lo sono. Ma la macerazione lo trasforma completamente: il suo gewurtz è ricco, avvolgente, morbido, opulento. Da bere rigorosamente non freddo. Non proprio “caldo”, come ci consiglia il guru dei biodinamici, l’integralista Nicolas Joly, ma certo a temperatura ben al di sopra dei 4-6 gradi. Non avrà etichette, né quella bio europea, né quella biodinamica demeter, non sarà in nessuna Aoc e denominazione, non piacerà a qualche commissione di degustazione, ma è una bomba. Questo è un vino che si presenta da solo, come Jean Ginglinger, non ha bisogno di biglietti da visita né di timbri o di carte bollate.

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