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In fondo al mar non ci sono solo i granchi canterini del celebre cartone Disney “La Sirenetta”: c’è chi gioca a hockey, c’è chi si sposa e c’è anche chi ci invecchia il vino. L’ultima stranezza per (ricchi) amanti del nettare di Bacco viene dalla Francia, dove una delle case di vini più importanti di Bordeaux, la Chateau Larrivet Haut-Brion, ha deciso di consegnare i suoi prodotti di punta al gelido abbraccio dell’oceano. I francesi non sono nuovi al fascino per il binomio vino-mare: già nel 2010 a Reims erano arrivate 168 bottiglie di Champagne, naufragate nell’Ottocento e riemerse dal Mar Baltico; il vino in questione sarebbe sopravvissuto al naufragio di un carico che pare fosse destinato alla corte russa dello Zar Pietro il Grande da parte di Luigi XVI.
Sull’onda lunga di questo ritrovamento il direttore dell’azienda francese, Bruno Lemoine, seduto a cena con i suoi amici Joel Dupuch, allevatore di ostriche, e il bottaio Pierre-Guillaume Chiberry, ha un’illuminazione: mettere insieme talenti e conoscenze dei commensali per sfondare l’ultima frontiera dell’invecchiamento del vino, ossia il mare. Lemoine ci ha messo il vino, Dupuch il fondo sull’oceano Atlantico e il terzo due botti da 56 litri. Una botte è stata calata in fondo agli abissi e una, identica, è stata lasciata al Castello. Arrivato il momento di imbottigliare e degustare, il vino – debitamente rinominato “Neptune” – è stato estratto dalle acque del golfo di Arcachon e per il verdetto è stato chiamato in causa uno dei big della degustazione francese, Michel Rolland: il suo voto è stato tutto a favore del vino invecchiato sul fondo del mare, che parrebbe caratterizzato da grande complessità aromatica.
Questa bizzarria enologica vanta dei precursori: A Plentzia, in Spagna, lungo la costa dei Paesi Baschi, si trova un laboratorio sottomarino che studia l’invecchiamento del vino tra onde e flutti. Si chiama Lseb (Laboratorio submarino envejecimiento bebidas) e si serve di particolari moduli per contenere le bottiglie, adagiati sul fondale e attrezzati con sensori e videocamere per trasmettere in tempo reale in superficie i dati registrati, il tutto fatto nell’assoluto rispetto dell’ambiente. Anche nel Belpaese non siamo rimasti immuni da tutto questo: il leader dei cosiddetti “Under Sea Wines” è la Bisson, azienda agricola di Chiavari che produce, fra le varie etichette, lo spumante “Abissi” con le bottiglie invecchiare nelle profondità del mare davanti al Monte di Portofino. I vantaggi di queste singolari pratiche di conservazione starebbero nel fatto che nelle acque profonde ci sono temperature basse e costanti, c’è poca luce, e l’alta pressione faciliterebbe il perlage fine degli spumanti. C’è da chiedersi se tutto il dispendio di forze e denari impiegati in questo dato momento storico possa avere un senso.
di Zelia Pastore