I migliori vini dell’Etna, che fa boom (e piace a Farinetti e Gaja)

etna e vigne

I migliori vini dell’Etna, che fa boom (e piace a Farinetti e Gaja). 

Dieci anni fa era una novità assoluta, con tanto di articoli che magnificavano un territorio allora pressoché sconosciuto, ma in fermento, con il professor Attilio Scienza che prediceva un futuro radioso. Oggi l’Etna è una realtà affermata, e in crescita tumultuosa, soprattutto per numero di produttori. Con i suoi vitigni autoctoni – il Carricante e il Catarratto per l’Etna bianco Doc e il Nerello Mascalese (con o senza Nerello Cappuccio) per l’Etna rosso Doc – è stato definito il vino più sexy d’Italia. Che sia sexy per i produttori lo si capisce anche bazzicando “Le Contrade dell’Etna”, la bella manifestazione organizzata da Crew con la mediapartnership del giornale online Cronache di Gusto (diretto da Fabrizio Carrera), che ogni anno riunisce un numero importante di produttori, grazie all’idea dello scomparso Andrea Franchetti.

contrade dell'etna manifestazione

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Quest’anno Contrade dell’Etna si è aperto con un interessante contributo di un docente universitario, Sebastiano Torcivia, dell’Università di Palermo, che ha creato una prima mappa delle aziende dell’Etna. Prima? Già, perché finora pare non ci abbia pensato nessuno. E anche adesso, va detto che la ricerca non è stata finanziata dal consorzio o dai produttori, ma commissionata da Crew. Che ci sia qualcosa che non va è evidente a occhio nudo. Torcivia ha mappato 209 aziende sull’Etna (fino a una decina di anni fa erano meno della metà) mentre al Consorzio, che dovrebbe avere un quadro globale, gliene mancano all’appello alcune decine. Del resto il Consorzio, presieduto da Francesco Cambria di Cottanera, non sembra particolarmente attivo. Sarà perché, come dice Torcivia, i produttori dell’Etna, e non solo loro, sono soprattutto dei «solisti». Nel senso che lavorano in proprio, individualmente: raccattano qualche importatore straniero e sono contenti così. Non capiscono il senso di fare squadra, di lavorare per affermare il marchio Etna in Italia e nel mondo. E così ognuno va per conto suo, Assovini fa Sicilia in primeur, Cronache di gusto e Crew fanno Contrade dell’Etna, molti non partecipano all’una e o all’altra e se ne stanno nel loro orticello/vigna.

contrade dell'etna beck

Detto questo, dallo studio del professore (ancora tutto da perfezionare) si deduce che ci sono solo 35 aziende che superano le 50 mila bottiglie prodotte all’anno. Tra loro, le più grandi sono Tornatore (350 mila), Nicosia (320 mila, ma questo dato, dice lo stesso Torcivia, è ampiamente sottovalutato), Antichi Vini e Cottanera (300 mila a testa). Nella fascia media, tra 11 mila e 50 mila bottiglie, si collocano 65 aziende. E quelle che producono meno di 10 mila bottiglie all’anno sono ben 109. Un territorio, insomma, molto parcellizzato, con aziende familiari piccole e piccolissime. Alle quali si stanno aggiungendo, sentito l’odore dei soldi, molti produttori storici di altre parti della Sicilia (ben 16 negli ultimi anni, Baglio di Pianetta, Planeta, Donnafugata, Madaudo etc). Più nomi di spicco, come Angelo Gaja (che con Graci produce ora Iddu e Idda), e Oscar Farinetti (Tenuta Carranco con Tornatore). Piccolo è bello? Fino a un certo punto, dice Farinetti. E  Heinz Beck – che ha il St. George Restaurant by Heinz Beck a Taormina e una moglie palermitana e che ha partecipato all’evento – rafforza il concetto: “Bisogna fare gruppo, come dimostra Contrade dell’Etna”.

etna franchetti v

Ma quanto vale il vino dell’Etna? Nessuno ha pensato di fare una valutazione vera, tranne il professor Torcivia. Che ci prova e stima in 133 milioni di euro il valore complessivo generato a prezzi di enoteca dei vini dell’Etna. L’anno scorso sono state prodotte 5,8 milioni di bottiglie, in aumento del 28 per cento  rispetto al 2021. Un ettaro di vigneto vale da 125.000 a 150.000 euro. Quanto può crescere ancora l’Etna? Molto, anche se Farinetti  avverte che bisogna mettere un limite alla produzione, per non imitare il pessimo esempio delle Langhe, piene di vigne anche sulle case ormai.

Non che i vini dell’Etna vendano poi una cifra enorme rispetto a quelli siciliani: siamo fermi all’un per cento, anche se poi dei 24 Tre bicchieri del Gambero Rosso 2023, ben 14, più della metà, sono di questa zona. E dunque? Dunque l’Etna è un vino di qualità, che merita una crescita non solo quantitativa ma qualitativa e di valore complessivo.

federico graziani etna

Ma cosa bere nell’Etna? Cronache di gusto pubblica un’interessante Guida ai vini dell’Etna (giunta alla settima edizione). Noi, nel nostro piccolo, ve ne segnaliamo alcuni. Con una premessa. Il territorio dell’Etna ha quattro versanti. Quello nord è il più vocato per i rossi. Ci sono ben 133 contrade, piccoli territori che corrispondono un po’ ai grand cru della Borgogna. Il territorio vulcanico, con grandi escursioni termiche e un clima ventilato e più temperato rispetto al resto della Sicilia (ma con il calore del sole siciliano), si presta a vini di ottima freschezza. I bianchi sono minerali e sapidi, i rossi eleganti, verticali, con un tannino non troppo invadente. Viene in mente la Valtellina, oltre alla Borgogna, non solo per l’eleganza del vino, ma anche per i muretti e l’agricoltura eroica.

Quanto alle bottiglie e ai produttori, segnaliamo il Passobianco di Franchetti, il Mareneve di Federico Graziani (un blend di vari vitigni), il Pietra Marina di Benanti (il cavaliere è scomparso a febbraio, bisognerà vedere se ci sarà continuità). Tra i naturali, Bruno Ferrara Sardo, Ayunta ed Etnella. Nelle splendide masterclass dell’infaticabile Federico, abbiamo apprezzato le “labbra rosse” 2020 di Tenute Bosco (al comando le giovani sorelle Ponzini), il Contrada Rampante 2019 di Pietradolce. Ottimi anche Baglio di Pianetto, Graci, Pennisi e Marco De Bartoli, appena arrivato sul vulcano (etichetta Dbe), con uno splendido rosato carico, macerato due settimane. Inutile ricordare altri grandi (Frank Cornelisson, Girolamo Russo, Tenuta delle terre nere…).

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