Little Lamb Milano. Il nome del locale rimanda a una delle specialità della casa, la carne di agnello. E identifica una catena di ristoranti diffusa in tutto il mondo: dalla natia Cina a New York, da Dubai a Londra. Non poteva mancare Milano, in Paolo Sarpi, la main street della Chinatown meneghina, dove sperimentare un modo decisamente particolare di stare intorno a un tavolo.
Che si chiami hot pot, fonduta mongola o, per i più snob, fondue chinoise, il fulcro di tutto è una grande pentola colma di brodo, posta in mezzo ai commensali su una piastra rovente, in cui immergere pezzetti di cibo. La scelta è tra qualcosa come 120 ingredienti diversi, 10 tipi di brodo e una dozzina di salse e condimenti.
Little Lamb apre le sue porte e subito ci si immerge in un ambiente saturo di vapori fragranti. Ma, incredibilmente, non si resta impregnati del tipico “odore di ristorante cinese”. In genere, imputabile ai fritti, che qui mancano.
Il personale più che sollecito si informa subito se il cliente è avvezzo o meno alla formula del ristorante e i ragazzi in sala sono più che disponibili ad aiutare con le ordinazioni la clientela italiana (in netta minoranza rispetto a quella asiatica).
Queste si segnano su una sorta di tovaglietta-menu che riporta tutte le variabili di cui sopra (in foto tutti i prezzi). Ve lo diciamo subito, decidere non è facile tra basi delle fondute (ovvero i brodi), vitello, manzo, maiale, pollo, agnello, pesci e frutti di mare, verdure, funghi, tofu, polpettine, spaghetti, ravioli. Tutti serviti crudi, pronti da immergere a piacere nell’hot pot. Solo alcune le portate cotte, come il riso bianco di accompagnamento, la pelle di maiale fritta, le pietanze al bbq.
Il consiglio? Per la prima volta, buttarsi sui misti. A cominciare dai brodi, di cui si può fare un bis, grazie a un divisorio che fa diventare l’hot pot molto yin e yang, e persino un tris, mescolando gusti e sapori. Non sbaglierete accostando un brodo piccante (peperoncino rosso o peperoncino verde, top per intensità) e uno “dolce”, come il Bejing di verdure e funghi, arricchito da bacche di goji, gamberetti secchi, castagne d’acqua.
Sempre tra i misti, il piatto little lamb mescola diverse parti dell’agnello (spalla, pancia, coscia).
Il cestino di funghi offre orecchioni, shiitake, enoki, champignon, cardoncelli e shimeji, il misto pesce spazia dalle seppioline agli akagai (cuori di mare).
Le carni (nella foto, il biancostato di manzo) sono servite affettate sottilissime, cuociono in un minuto (letteralmente) tanto che vale la pena reggerle con le bacchette invece di lasciarle nuotare nel brodo – dove perderle è un attimo!
Tra le verdure (tutte a pezzi), le più tenere sono pronte in 3-5 minuti, così come i ravioli, i funghi, i noodles più sottili, pesci & co. Un po’ di tempo in più (6-7 minuti) è richiesto da ingredienti consistenti come le fette di radice di loto, la trippa o gli spaghetti più spessi, come quelli di patate viola.
In ogni caso, non abbiate remore nel chiedere ai camerieri delucidazioni su cibi e tempi di cottura. I ragazzi in sala potrebbero addirittura suggerirvi un poco di moderazione: presi dalla gola, è facile ordinare troppo e sembra che da Little Lamb siano piuttosto attenti a scoraggiare gli sprechi.
Altro consiglio: rendono meglio gli ingredienti più poveri, come il foiolo di vitello o la pancetta di maiale, rispetto a quelli più “fighetti”, come il filetto di manzo o i gamberi che, tuffati in brodo solo pochi istanti, restano fin troppo delicati.
Così come sono da preferire i noodles più ruvidi, gli spaghetti cinesi di frumento o i soba, rispetto alle “scivolose” versioni di soia o di patate. Che comunque si possono arricchire con le guarnizioni e le salse di cui servirsi al banco all’ingresso. Qui si spazia tra coriandolo e cipollotto, salsa di ostriche e hoisin, semplice soia, battuto d’aglio, dip piccanti in cui intingere i diversi ingredienti, dopo cotti.
Insomma, nel complesso tanta varietà e una qualità più che discreta, facilmente verificabile visto che tutto arriva in tavola fresco, con colori vivaci e senza sentori fastidiosi.
A lasciarci perplessi solo i piatti al bbq. Noi abbiamo provato le alette di pollo, gli spiedini di agnello, a bocconcini piccoli tipo arrosticini, e quelli mongoli, sempre agnello ma spalla e coscia a pezzi più grossi: nelle intenzioni, da consumare direttamente ma serviti freddi e spolverizzati di paprica eccessivamente sabbiosa. Tanto che abbiamo preferito comunque passarli velocemente in pentola, per scaldarli e ripulirli dalla “polverina” di troppo.
C’è di buono che, cottura dopo cottura, i brodi diventano via via più saporiti per l’aggiunta di questo e di quello, ottimi da sorseggiare e perfetti per concludere il pasto.
Questo avverrà giocoforza entro le 23, quando il locale chiude (in cucina lo stop è alle 22.30): tenetene conto quando prenotate (consigliato) anche perché la formula conviviale intorno all’hot pot, tra un assaggio e l’altro, richiede il suo tempo e dura – piacevolmente – anche un paio d’ore.
Il momento del conto non allarma: bevendo birra cinese, con circa 30 euro si esce già più che soddisfatti, intorno ai 40 decisamente satolli.
Little Lamb, via Paolo Sarpi 8, tel +39 3272981339