Vino e design, l’abbinamento migliore / DesWine

DesWine – Prima Puntata

Vino e design, l’abbinamento migliore

Oggi parliamo di abbinamenti. Ma non del solito pairing, di contaminazioni, anzi di compenetrazioni. Tra due mondi. Il mondo del vino, mia passione e lavoro, e il mondo del design. Ok, non si mangia la poltrona Sacco di Zanotta – anche se può vagamente somigliare a un arancino – e nemmeno la lampada Arco di Castiglioni che risulterebbe davvero indigesta – un vero peso sullo stomaco – e pure con lo spremiagrumi di Philippe Starck in realtà non è consigliabile fare una spremuta.

Quindi cosa abbiniamo? Due mondi che sono fatti di risonanze e che, nella loro accezione più umana e viscerale, hanno un fine comune: entrambi sono portatori di benessere. Come un pezzo di design appassiona, accoglie, stimola conversazioni, così fa un calice di vino, seducendo e raccontando storie. Le caratteristiche di convivialità, accoglienza e ritualità del mondo del vino, la sua capacità di produrre piacere, lo rendono speculare al mondo del design. Sono entrambi specchi in grado di riflettere emozioni e sensibilità. Spesso l’uno entra nell’altro, facce diverse di arte e cultura. Un calice in un salotto accogliente arredato con gusto, su una terrazza pronta a ricevere conversazioni, su un tavolo da pranzo forgiato con gli elementi della natura. E anche il design entra nel vino. Calici strabilianti, cantine progettate da archistar, oggetti e ambienti concepiti per godere al meglio dei suoi profumi e dei suoi sapori. Ma è insieme che hanno il potere maggiore perché moltiplicano il piacere, raccontano la felicità di un momento, la sensazione di benessere, l’atmosfera indimenticabile. E sono entrambi legati, indissolubilmente, dalla lingua dell’emozione.

Così nasce DesWine, un format nuovo che vuole mescolare due mondi, in maniera spensierata e poco seria perché, è ovvio, non sarà certo una tonalità di blu – che sia Cina, estoril o Klein – a salvare il mondo, e nemmeno un bicchiere di vino. Ed ecco dunque un mélange di parole in libertà, di vino e design, due mondi che risuonano insieme, che si rincorrono e si amplificano, sfuggono e flirtano, donando bellezza alla nostra vita quotidiana.

Per brindare a DesWine, ho scelto una bollicina italica e seducente, il Franciacorta Bagnadore Riserva rosé 2011 di Barone Pizzini. Chi scrive non ha mai amato il colore rosa, ma nel vino fa eccezione. E poi questo è l’anno di Barbie e, tra le nuove tendenze colore per l’arredamento secondo a AD, fa capolino anche il Rose pink, il rosa pallido, che si dice peraltro perfetto con i toni della terra. E il rosa oggi va di moda anche nel vino, nonostante fino a qualche tempo fa fosse invece il colore meno amato. Ma sulla impervia strada dei vini rosati torneremo più in là. Oggi ci concentriamo su una bollicina rosé, che fa storia a sé.

L’azienda Barone Pizzini è una storica azienda della Franciacorta, la prima nel 1998 a diventare biologica, portata avanti dal bravissimo Silvano Brescianini, oggi anche Presidente del Consorzio Franciacorta. Il Bagnadore è la punta di diamante di Barone Pizzini, il metodo classico dosaggio zero prodotto solo nelle annate eccezionali.

Oggi si aggiunge alla sua etichetta più blasonata anche il fratello in rosa. Prima annata in assoluto, il Bagnadore Rosé (90 euro in enoteca) è prodotto in 6.621 bottiglie – e così a naso direi che dopo i nostri assaggi sono già molte meno. Sarà presente solo nelle annate eccezionali tanto che la prossima ritenuta degna sarà la 2020, prevista in uscita dunque soltanto nel 2032. Quindi affrettiamoci ad assaggiare il 2011: 128 mesi sui lieviti, pinot nero in purezza e una bollicina di grande finezza.

Colore, ovviamente, rosa pallido con sfumature arancio. Al naso è un’esplosione di ribes, fragoline e lamponi, mentre l’assaggio ha grande verve con sentori di melograno e spezie che accompagnano un finale lungo e saporito. Mi sembra assolutamente un ottimo inizio.

Leggi la seconda puntata di DesWine.